sabato 5 aprile 2014

La rivoluzione dei papà

Sono i Pa3 «padri autonomi di terza generazione», a cui piace cantare ninne nanne, rifare letti, essere coinvolti anche a livello biologico...

Babbi in festa, con pannolini e scalda biberon in una mano e le gustose zeppole o frittelle o bignè di San Giuseppe nell’altra! Babbi che ce la mettono proprio tutta per chiudere definitivamente con lo stereotipo che li ha visti come uomini impacciati e goffi (che non fanno vibrare nelle loro corde dell’anima la cura dei figli) relegandoli al ruolo - finché il bambino sia piccolo - di far stare bene la mamma! La metamorfosi che oggi appare e incontrovertibile e trasversale. Altro che padri padroni di antica memoria che consideravano degradante o futile l’accudimento dei propri bebè: David Cameron ha chiesto il congedo di paternità, alcune celebrità come Phil Collins o Brad Pitt hanno scalato le marce del lavoro per crescere i figli, così, al pari di tanti tanti giovani, magari meno belli ricchi e famosi, che si ritrovano serenamente alle prese con tappetini multisensoriali, termometri a distanza, vestitini bio, strilli alla macaco, cacche modello Pollock eccetera …
Sono quelli che Gianni Biondillo e Severino Colombo (Manuale di sopravvivenza del padre contemporaneo, ed. Guanda, pagine 252, euro 15), in pagine a dir poco esilaranti, hanno definito i Pa3, «padri autonomi di terza generazione», ovvero padri al cubo. E diciamo pure che fra i babbi o papà odierni, scartati gli spartani, i trendy o i marpioni, i Pa3 sono quelli che esprimono fieri la convinzione che la loro vita ruoti attorno a quella del proprio rampollo. Loro provano gusto, davvero, a cantare le ninne nanne la sera, e pur litigando spesso con la lavatrice o con le geometrie imperfette del rifare un letto, e pur faticando, arrancando, fra mestieri di casa, supermercati e pediatri, sono orgogliosi del loro nuovo ruolo, duro, ma essenziale. Dopo essersi lasciati alle spalle il modello «tradizionale» di padre, ma anche quello in trasformazione, i Pa3 vivono la fase creativa della post-trasformazione: pronti a mettere in discussione comportamenti scelte e aspettative consolidate sull’argomento paternità all’interno della funzione dell’«essere genitori». Ma sia chiaro che il loro intento non è certo quello di sostituirsi alle mamme né tanto meno essere definiti «mammi». Essere scambiati con i mammi finisce, infatti, per non garantire un’identità autonoma. Significa, piuttosto, mutuarla dalle madri, diventandone solamente una versione maschile. In qualche maniera - è l’opinione espressa anche da Chiara Saraceno - le tante declinazioni, buffe curiose dissacranti, esplose con manualetti, film eccetera, attorno alla figura del mammo hanno trasmesso, un messaggio poco chiaro sui ruoli di genere, minando la credibilità dell’uomo-accudente, come se questi non fosse uomo, quindi non un padre «davvero», ma solo un uomo poco uomo, e alla fine persino poco virile!
E dunque, mentre i nuovi-padri si scambiano opinioni, approfondiscono le questioni nei loro daddy blogger o cinguettano su Twitter, così da creare un gruppo di scambio e di reciproco sostegno, i dati ISTAT registrano il cambiamento in atto: l’85,4% degli uomini italiani è convinto che educazione e cura dei figli siano equamente distribuiti, e l’87% delle donne è convinto che i padri siano più collaborativi e partecipi dei padri di ieri.
Ma non solo. I babbi, ormai è cosa certa, sono coinvolti nella crescita del bambino anche a livello biologico. Alcune indagini di brain imaging, permettendo di osservare i cambiamenti a livello cerebrale, hanno mostrato come, in risposta allo stimolo del pianto del proprio bambino, anche il cervello del babbo riorganizza, riplasma - proprio come il cervello di una donna - le proprie aree cognitive, per il nuovo ruolo «curativo» che è chiamato a svolgere. Senza considerare come cullare il proprio cucciolo provochi nei padri una discesa del testosterone e una produzione maggiore di ossitocina e prolattina: ormoni questi che agiscono sul centro emotivo del cervello (amigdala). Un cambiamento ormonale significativo, certo meno intenso, ma simile a quello che accade nella madre.
E se «questa è la paternità, bellezza», bisogna convenire che fra ironie e picaresche avventure, quella dei padri è una rivoluzione silenziosa che sta cambiando il volto nonché i ruoli sociali delle famiglie occidentali, del rapporto fra genitori e figli e tra uomini - molti di loro padri separati, quando non gay - e donne.
Manuela Trinci

(L’Unità 17 marzo)