venerdì 29 agosto 2014

IL DIO DEL PALLONE

"Panem et circenses" era il grido delle plebi romane quando chiedevano agli imperatori la loro razione di pane e di divertimento. Un divertimento violento, che esigeva anche sacrifici umani. Per questo motivo la Chiesa primitiva imponeva ai propri fedeli di non partecipare ai giochi del circo.
C'è stato un lungo processo di trasformazione del divertimento perché si arrivasse, nell'epoca moderna, alla pratica del gioco del calcio. Due episodi tragici hanno segnato la storia moderna di questo sport nel Novecento: quello del capitano inglese che si avventura nelle trincee tedesche calciando un pallone, colpito a morte da un colpo di cannone; quello della partita vinta dai prigionieri ucraini centro i nazisti e poi fucilati da questi ultimi per rappresaglia dopo la sconfitta.
Il gioco del calcio è praticato in tutte le latitudini e in tutte le periferie del terzo mondo, perché esprime gioia e destrezza, spontaneità e prevenzione. Per questo motivo il calcio diventa per i paesi più poveri una ricchezza da esportare, come succede per i più ricchi con la Coca Cola, gli hamburger di McDonald, le scarpe della Nike. Quasi tutti i club europei si contendono i giocatori di Brasile, Argentina, Cile, Colombia, Uruguay, come gli emigranti di una volta. Nel frattempo l'organizzazione internazionale del pallone, la Fifa, non dimentica di fare affari d'oro con i paesi emergenti, come il Brasile, sperperando soldi pubblici. E invece di realizzare abitazioni per i poveri costruisce residence per i turisti. Blatter e soci hanno messo in piedi la grande festa del pallone nel 2022 in Qatar, dove i giocatori dovranno competere a 40 gradi all'ombra. Il mercato ha i suoi diritti e gli sceicchi pagano profumatamente. Tornando al Brasile, il calcio non è per la popolazione uno sport, ma una danza come la samba, una cosa leggiadramente seria. Sarebbe perciò un obbligo riservare i pesti d'onore agli ultimi, agli scarti della società. Permetterebbe di guardare al futuro con occhi di speranza, invece di proiettarsi sul dio denaro.
Achille Rossi

(
da l'altrapagina luglio-agosto 2014)