- ALZA LA VOCE, GRIDA.....
1 Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. 2 Parlate al cuor di Gerusalemme, e proclamatele che il tempo della sua servitù è compiuto; che il debito della sua iniquità è pagato, ch’ella ha ricevuto dalla mano dell’Eterno il doppio per tutti i suoi peccati. 3 La voce d’uno grida: "Preparate nel deserto la via dell’Eterno, appianate ne’ luoghi aridi una strada per il nostro Dio! 4 Ogni valle sia colmata, ogni monte ed ogni colle siano abbassati; i luoghi erti siano livellati, i luoghi scabri diventino pianura. 5 Allora la gloria dell’Eterno sarà rivelata, e ogni carne, ad un tempo, la vedrà; perché la bocca dell’Eterno l’ha detto". 6 Una voce dice: "Grida!" E si risponde: "Che griderò?" "Grida che ogni carne è come l’erba, e che tutta la sua grazia è come il fiore del campo. 7 L’erba si secca, il fiore appassisce quando il soffio dell’Eterno vi passa sopra; certo, il popolo è come l’erba. 8 L’erba si secca, il fiore appassisce, ma la parola del nostro Dio sussiste in eterno". 9 O tu che rechi la buona novella a Sion, sali sopra un alto monte! O tu che rechi la buona novella a Gerusalemme, alza forte la voce! Alzala, non temere! Di’ alle città di Giuda: "Ecco il vostro Dio!" 10 Ecco, il Signore, l’Eterno, viene con potenza, e col suo braccio Ei domina. Ecco, la sua mercede è con lui, e la sua ricompensa lo precede. 11 Come un pastore, egli pascerà il suo gregge; raccoglierà gli agnelli in braccio, se li torrà in seno, e condurrà pian piano le pecore che allattano. (Isaia 40, 1-11).
Questa settimana, mentre sono a Roma per un convegno, vi propongo una breve riflessione sulla prima lettura.
Essa è tratta dal libro del profeta Isaia. In realtà, i capitoli 40-55 costituiscono una collezione che prende il nome da un ignoto profeta dell'esilio babilonese chiamato Deuteroisaia. Il profeta esorta il popolo a guardare al futuro con fiducia. Sì, la deportazione e l'esilio babilonese hanno soffocato molte speranze, hanno distrutto molti sogni. In molti è crollata la fiducia in Dio.
Il popolo è ben descritto dal profeta con l'immagine dell'erba che è seccata e del fiore che è appassito. Si direbbe che si tratti di gente rassegnata che ha smarrito la memoria del passato e l'orizzonte di un futuro diverso. La "secchezza" del presente è diventata paralizzante. Quando si smarriscono le preziose memorie del passato, tramontano anche i progetti costruttivi per il futuro.
Dio prende l'iniziativa
Nel testo risuona un imperativo, forse diretto al profeta, al popolo, addirittura a Gerusalemme, a Sion come se fossero persone che parlano. La forza di queste righe è straordinaria: gridate tutti, alzate la voce con forza, salite su un alto monte e gridate la buona notizia.
E' vero; c'è tanta desolazione, ma la nostra storia non finisce in un fascio di erba secca o in un mazzo di fiori appassiti.
Il profeta scrittore seleziona delle immagini di rara bellezza e di singolare efficacia. Non leggetele di corsa. Dunque c'è un deserto, ma in esso è possibile aprire un varco se non stiamo con le mani in mano e se siamo consapevoli che Dio apre con noi sentieri nei luoghi più aridi ed intransitabili. Valli, monti e luoghi tortuosi non costituiscono difficoltà insormontabili perché lo Spirito dell'Eterno che soffia, perché la Parola del nostro Dio rimane in eterno.
Il Signore viene, pascolerà il Suo gregge, radunerà gli agnelli con il Suo braccio e li porterà sul Suo seno e guiderà con dolcezza e cura le pecore che hanno i piccoli.
Il profeta cerca le immagini più suadenti e calde per sollecitarci a fare affidamento sulla tenerezza di Dio.
Una presenza da scoprire
Sembra quasi che questo anonimo profeta dell'esilio del VI secolo avanti Cristo parli del nostro oggi.
Anche noi oggi ci sentiamo esuli, cioè privati di un progetto, di una strada, di una forza capace di ridare fiato ad un cammino verso una società più giusta, più solidale.
L'ideologia del progresso e della crescita continua, come canzoni che i padroni del vapore ci hanno cantato per decenni, ora si dimostrano fallaci. L'esistenza quotidiana si fa più precaria per gran parte dell'umanità e così la miseria e la violenza diventano sempre più diffuse.
Diminuiscono i posti di lavoro e si perdono diritti acquisiti. La speranza muore in molti cuori. La povertà e la fame ricompaiono in dimensioni finora impensabili anche nel cuore delle nostre città.
il messaggio del profeta è chiaro ed impegnativo: egli fa appello a Gerusalemme, a Sion cioè alla collettività. Ci richiama al senso del bene comune, al fatto che occorre riprendere i "sogni collettivi", perché la liberazione è un cammino che non si può fare da soli.
Se non si costruisce un'alleanza tra le istituzioni e i bisogni e i diritti della gente, non si esce dal "deserto".
Ma se le istituzioni concentrano, come alcune volte avviene, se intendono il loro lavoro come “dialogo tra palazzi", i più deboli sono sempre più abbandonati.
L'urgenza primaria
Le chiese cristiane e le varie religioni hanno certo molti problemi da affrontare, ma la priorità assoluta oggi non può essere che la difesa degli ultimi e delle ultime
Sì, occorre riprendere la denuncia profetica più audace, cercare a livello comunitario e personale di rompere ogni complicità con le pratiche di emarginazione, dissociarci da questo insulso natale fatto di ipocrisie.
La gioia che il Vangelo promette si può davvero realizzare se ci mettiamo concretamente a praticare le beatitudini.
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