martedì 20 gennaio 2015

LA STORIA / IL RAGAZZO ESPULSO SABATO A MILANO

"Io, cacciato da quel convegno perché gli omofobi hanno paura"

PALERMO - Ha ricevuto un migliaio di messaggi, Angelo: «Cittadini e ragazzi come me, che non mi dicono se sono etero oppure omosessuali. Affermano solo di stare dalla mia parte. Ed è questo il mio più grande successo». È diventato in poche ore un eroe dei social, Angelo Antinoro, lo studente universitario di 22 anni che sabato scorso si è preso il microfono al convegno sulla famiglia tradizionale organizzato dalla Regione Lombardia e ha invocato il rispetto per la diversità.
Il suo viaggio parte da lontano, da Palermo, dove il giovane è cresciuto e ha frequentato le scuole sino alla maturità, in una famiglia cattolica: suo padre Antonello è stato tra l'altro assessore regionale ed eurodeputato dell'Udc. Angelo è un ragazzo del Sud che non crede che il pregiudizio abbia una latitudine, e proprio lui che difende tutte le inclinazioni sessuali ci tiene a sottolineare l'amore ricevuto da «una famiglia modello Mulino Bianco». «E io spero — continua — che ce ne siano tante così. Ma il problema è quando si ignora la diversità. Il problema è la paura irrazionale che è alla base dell'omofobia. La stessa paura che sabato ha portato qualcuno a togliermi il microfono. Ecco, quello è stato il gesto più grave, che mi fa male più degli insulti. Perché privare il cittadino del diritto di esprimere un'opinione significa violare la Costituzione».
La sua idea di matrimonio «ricomprende quello fra persone dello stesso sesso. E reputo ipocrita, discriminatorio, da apartheid la proposta di chiamare le nozze omosessuali con un nome diverso». Ignazio La Russa, seduto fra il pubblico, l'ha apostrofato con il termine «culattone»: «Non voglio neppure le sue scuse. I miei, quando ero bambino, mi dicevano: "La parola maledetta resta in bocca a chi l'ha detta". Ma credo — dice Angelo — che un politico dovrebbe mostrare maggior senso di responsabilità». Altri gli hanno urlato «rompiballe » e «violento»: «Essere rompiballe è un motivo d'orgoglio per chi cerca sempre di affrontare le cose. Per il resto, ho alzato la mano per fare una domanda in un luogo pubblico. Solo un modo per dialogare. Io non cerco notorietà, non ho schemi ideologici e dopo la laurea vorrei fare l'avvocato. Restando in Italia. In un Paese dove, magari, non ci siano più atteggiamenti antidemocratici come quello di sabato».

EMANUELE LAURIA
(Repubblica 20 gennaio)