martedì 3 marzo 2015

NON SI SOPPORTA LA FELICITA' DEI GAY



 

dal blog di Gioele Dix (Repubblica.it, 3 marzo 2015)

Stamattina leggo dell'aggressione subita da un ragazzo di ventotto anni presidente dell'Arcigay a Taranto. Mezz'ora prima avevo visto su un TG (non ricordo quale) un'intervista a un altro ragazzo omosessuale vittima di un pestaggio in una discoteca di Roma. Il copione è sempre lo stesso: botte feroci a uno solo, in tanti.

E a far male non sono solo calci pugni e bastonate, ma anche sputi, e soprattutto insulti, lo dicono le vittime stesse. Le parole – le "brutte parole" come venivano chiamate un tempo – sono armi capaci di infliggere ferite profonde quanto quelle di un coltello, anche se non sempre altrettanto letali, per fortuna.

"Pedofilo!" urlavano gli aggressori al ragazzo di Taranto, come per certificare l'ignoranza (e la paura) che li spinge a credere che un attivista omosessuale sia automaticamente un pervertito.

Che disastro le parole. Quando ero bambino si bisbigliava di pederasti, di invertiti, qualche volta addirittura di finocchi. Oggi si usano con disinvoltura parolacce ormai sdoganate. Ma il problema resta: non ci sono parole intermedie fra l'asettico omosessuale e l'offensivo frocio. A meno di non considerare gay una soluzione accettabile per tutti.

Peccato che sia un termine sinonimo di allegro, di felice e non sempre si riveli il più adatto al contesto. Per esempio, durante l'intervista a quel TG di cui ho detto, nella grafica sotto l'immagine c'era scritto il nome e cognome dell'intervistato e la didascalia gay ferito. Un grottesco controsenso, e non solo lessicale.

Non ci si può certo illudere di combattere l'omofobia a colpi di vocabolario, però l'assenza di convincenti alternative linguistiche rivela un vuoto di pensiero che non può lasciarci indifferenti.

Ma, prima di chiudere, chiedo in extremis aiuto al computer, che stupido a non averci pensato prima. Evidenzio la parola omosessuale, schiaccio il tasto destro, clicco sui sinonimi. Nessun suggerimento.