Ieri papa Francesco ha lavato i piedi a dodici detenuti, donne e uomini, italiani e stranieri.
La lavanda dei piedi, inserita nella solenne liturgia del Giovedì Santo, mi ha sempre provocato un'allergia, un prurito teologico profondo. Vedevo un "sommo pontefice" fare un teatrino, uno spettacolo ritualizzato. Si trattava del gesto di un potente, estraneo alle vicende dei poveri e dei tribolati della terra, con nessun rapporto reale con la sua vita di ogni giorno a palazzo.
I gesti e i riti devono essere coerenti con la vita se non vogliono diventare urtanti messe in scena.
Ecco ciò che mi preme sottolineare: quando a compiere questo rito della lavanda dei piedi erano Ratzinger e Woytila, avvertivo una indignazione per questa teatralità senza coerenza con la vita.
In papa Francesco, la cui esistenza quotidiana è servizio e il cui ministero è schierato dalla parte dei deboli e degli emarginati, la stessa lavanda dei piedi mi è parsa un segno che parla perché in esso si ritrova la coerenza tra la persona , il ministero e il gesto.
Dunque i segni, i simboli e i riti hanno un significato che muta rispetto a chi li compie.
Franco Barbero