venerdì 3 aprile 2015

IO, ARABA E ATEA, MINACCIATA DAI SALAFITI....


Ultima notizia dalla mia parte del mondo. Esistono arabi che, apparentemente, sarebbero più pericolosi dei criminali dello Stato Islamico. Più pervertiti. Più temuti. Più «mortali». Indovinate chi sono?
Beh, gli atei!
La storia va cosi: dopo essere stata invitata dalla ministra della Cultura del Bahrein a dare una lettura di poesia il 6 aprile prossimo nella capitale Manama, alcuni gruppi islamisti hanno lanciato una campagna denigratoria contro la mia visita, sotto il titolo «Nel Bahrain non sono benvenuti gli atei». Cosi forte è stato l’impatto della detta campagna — con uno Sceicco (Jalal al-Sharki) che mi ha persino minacciata di morte, nella sua khutba (sermone del venerdì, ndr)  se io andassi — che il primo ministro, Khalifa bin Salman Al Khalifa, ha rilasciato un ordine impedendomi l’entrata nel Paese, nonostante le proteste di tanti cittadini bahreiniti illuminati.

Vi chiederete probabilmente: cosa c’entra una lettura di poesia con le scelte personali di un’intellettuale, che per di più — permettetemi di precisarlo — non è interessata a «predicare» l’ateismo, ma che semplicemente esercita, esprimendo le sue vere convinzioni, uno dei suoi diritti umani fondamentali, così come lo fanno i credenti?! Me lo chiedo anch’io. Mi faccio pure altre domande, tipo: «Ma tutti quei bravi devoti, sono cosi poco fiduciosi nella solidità della loro fede, al punto di temere un confronto con una persona che vede le cose diversamente?». La risposta è, purtroppo, un «sì» irrevocabile. Perché in società dove la regola numero uno di sopravvivenza, per la maggioranza (non generalizziamo), è il mantenimento dell’ignoranza, l’ipocrisia e l’auto-inganno, è normale essere terrorizzati dalle voci diverse, dissenzienti, fuori dal gregge, e provare a silenziarle o pretendere assurdamente che non esistano.
Ovviamente, oltre ad essere pubblicamente atea e laica, sono anche «accusata» di tante altre cose: sono donna («Come osa, quella femminuccia, contraddirci?»); lotto per l’uguaglianza tra uomini e donne («Allerta al diavolo!»); difendo la libertà sessuale nel mondo arabo («Scandalo! Noi le nostre donne le vogliamo vergini e “pure”. Il sesso è solo per il nostro piacere, e i loro corpi ci appartengono»); infine, combatto malattie che sono ormai modi di vita qui, come la discriminazione, l’oppressione, l’omofobia… Insomma, si capisce perché sono una persona non grata per gli estremisti.
Comunque, devo dire che questo incidente mi ha rattristata e consolata allo stesso tempo. Mi ha rattristata, perché ha fornito una nuova prova sullo stato degenerato che prevale ora nel mondo arabo, e sulle vere conseguenze di una primavera abortita: un utero malato, contaminato di oscurantismo religioso, può solo partorire un nato morto. Mi ha, dall’altra parte, consolata, perché ha fornito una nuova prova sul potere della parola e delle idee in un periodo dove ascoltiamo solo il rumore di teste decapitate che cadono a terra. È stato inoltre un’occasione straordinaria per scoprire tante altre voci arabe discordanti, che mi hanno contattata e sostenuta. Un altro mondo è possibile per noi. Basta crederci e lavorarci.

In conclusione, caro Islam, il tuo vero nemico non è l’ateo, ma tutti quelli che stanno uccidendo e commettendo orrori nel tuo nome. Il tuo vero nemico non è l’uguaglianza tra uomini e donne, ma ogni musulmano che sposa una bambina, o gli impone il niqab, o l’infibulazione. Il tuo vero nemico non è la libertà, ma l’oppressione dei diritti umani. Il tuo vero nemico non sta fuori di te: corre nel tuo stesso sangue. Caro Islam, il tuo assassino ha tanti nomi: si chiama Stato Islamico. Al Qaeda. Boko Haram. Talebani… Occorre che ti salvi prima da loro. Poi, se vuoi, parleremo di ateismo.