"Immaginiamo di trovarci chiusi a chiave in una stanza senza porte né finestre. Per quanto graziosa possa essere la stanza, ben presto avvertiremo un senso di noia che diventa panico da claustrofobia. Non c'è uscita.
Inevitabilmente, dopo un momento, incominceremo a progettare dei tentativi di uscita. Si comincerà a ispezionare le pareti, a cercare qualche arnese che permetta di aprirsi una strada verso la libertà.
Ora supponete di trovarvi invece in un castello con un'infinità di eleganti sale che vi riservano infinite, piacevoli sorprese ed inattese esperienze.
Quando siete stanchi di una sala, passate in quella accanto. E così indefinitamente. Sarete così presi da non accorgervi che il castello, proprio come l'altra stanza, non ha né porte né finestre. Anche qui siete prigionieri, ma diventerete vecchi senza accorgervi della vostra condizione e con l'idea di essere liberi.
Per conseguenza non cercherete mai una via d'uscita e la vostra immaginazione sarà sempre prigioniera dell'attesa di quel che la sala successiva tiene in serbo per voi".
(Rubem Alves, Il figlio del domani, Queriniana, 1974, pag 36)