lunedì 6 aprile 2015

PREDICAZIONE DURANTE L'EUCARESTIA DELLA VEGLIA PASQUALE

IL TEMPO






Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.

C’è un tempo per nascere e un tempo per morire,
un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante.
Un tempo per uccidere e un tempo per guarire,
un tempo per demolire e un tempo per costruire.
Un tempo per piangere e un tempo per ridere,
un tempo per gemere e un tempo per ballare.
Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli,
un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.

Un tempo per cercare e un tempo per perdere,
un tempo per serbare e un tempo per buttar via.
Un tempo per stracciare e un tempo per cucire,
un tempo per tacere e un tempo per parlare.
Un tempo per amare e un tempo per odiare,
un tempo per la guerra e un tempo per la pace.

Che vantaggio ha chi si dà da fare con fatica?(Qohelet 3,1-9)




Il libro di Qohelet presenta le riflessioni di un sapiente sulle contraddizioni della vita e lo fa applicando una particolare metodologia, quella di partire sempre dalla realtà quotidiana.

E questo non perchè la realtà di tutti i giorni sia più interessante, ma perché è quella che conosciamo meglio.

E allora, qual'è la chiave di lettura del quotidiano per Qohelet?

Cos'è, secondo lui, che ci permette veramente di conoscere?

Conoscere significa entrare in relazione con le persone e con la natura e occorre incontrarle per conoscerle.

Qohelet ci dice, a questo proposito, che i sapienti non sono coloro che sanno e fanno tante cose, ma coloro che vivono le cose che fanno.

Egli ci invita ad incontrare e a vivere profondamente quello che facciamo. Con questa premessa diventa più semplice capire quale messaggio ci vuole trasmettere quando nei versetti 1-8 ci parla del tempo.

Intanto ci vuole indicare tutte le azioni e tutti i sentimenti che viviamo durante la vita e ci invita ad accettare tutti i momenti, sia quelli della gioia sia quelli della sofferenza, sia quelli che costruiamo sia quelli che dobbiamo subire e che non possiamo evitare. Egli ha una concezione del tempo diversa dalla nostra.

Infatti il tempo, per la nostra cultura, si svolge con un movimento lineare : c'è prima un passato, poi un presente e infine un futuro.

Nonostante ci siano questi tre momenti, noi siamo soprattutto proiettati verso uno di questi: il futuro.

Infatti la maggior parte dei nostri pensieri è spesa e impegnata a programmare: fra un ora, stassera, domani, fra una settimana, fra un anno.... Invece Qohelet rivolge particolare attenzione al tempo presente; per lui ogni momento della vita è importante e quindi da vivere fino in fondo.

Anche Gesù era su questa lunghezza d'onda.

Infatti rimproverava i discepoli e chi lo ascoltava dicendo: "Voi sapete leggere se piove, se fa freddo o se ci sarà il sole, ma non sapete leggere il presente".

Ascoltando l'insegnamento di Qohelet e di Gesù, sarebbe per noi opportuno riscoprire il vero valore del tempo. Noi pensiamo di possederlo e di controllarlo perché abbiamo degli strumenti per misurarlo, ma in realtà ci facciamo dominare da esso.

Anche sul piano della relazione questo si traduce in legami frettolosi e perciò fragili, dove spesso la quantità supplisce alla scarsa qualità.

Per stabilire rapporti umani occorre dare tempo al tempo e darsi questo tempo reciprocamente; spesso occorre anche fermarsi per guardare l'altro/a negli occhi e per essere guardati, per ascoltare ed essere ascoltati. E' neccessario condividere un tratto di strada percorrendolo lentamente.

Noi purtroppo spesso tendiamo a riempire il nostro tempo e i nostri spazi di cose, perché ci illudiamo che esse ci rendano più sicuri nell'affrontare il futuro. Secondo Qohelet questo non è un atteggiamento etico: queste sono vanità, come inseguire il vento.

Rischiamo, così facendo, di affannarci a cercare lontano le piccole gioie che ci sono vicine. L'atteggiamento etico è invece quello di chi vuole imparare ad incontrare e a godere ogni momento della relazione, anche quando l'altro può farci cambiare programma.

Sarebbe bello pensare che anche noi, come succede tra i popoli andini, al termine di una giornata, rientrando in casa, ci sentissimo rivolgere questa domanda: "Chi hai incontrato oggi?" invece di "Che cosa hai fatto oggi?".

Perché l'incontro è importante? Perchè ci fa uscire da noi stessi. Il confronto e il dialogo ci aiutano a conoscere i nostri limiti, quelli degli altri e delle cose. La necessità e il limite ci rendono amici perché consapevoli di aver bisogno della compagnia e della sapienza delle altre persone.

Contrariamente alla mentalità diffusa, che considera l'importanza del tempo in rapporto alla sua efficienza, la qualità del tempo è invece legata soprattutto alla dimensione relazionale, allo "star bene" insieme e fra gli altri.

La riflessione sui versetti di Qohelet ha rafforzato nel mio cuore il desiderio di stare sempre più attenta alle piccole cose di ogni giorno e a non trascurare ciò che di vivo, di bello, di buono e di vero c'è in ogni persona che incontro.

Ada Dovio