martedì 7 aprile 2015

IL PORTOGALLO ALLE URNE

Pochi a Lisbona si erano illusi l'estate scorsa, con la fine del programma europeo di salvataggio, che la partenza della troika fosse definitiva. Impossibile: dopo aver evitato il default con un aiuto finanziario da 78 miliardi di euro, gli inflessibili "uomini in nero" continuano a tenere il fiato sul collo del malato portoghese. «Squilibri eccessivi», è l'ultimo verdetto dei funzionari di Bruxelles, Francoforte e Washington, allarmati persino dall'ardire di un premier come il conservatore Pedro Passos Coelho - finora considerato una sorta di alunno modello - che dopo tre anni di pesantissima austerità ha deciso di aumentare il salario minimo di 20 euro, portandolo a 505 euro mensili. Quasi niente.
Ma per l'Fmi è comunque troppo, perché sebbene Lisbona si sia finalmente lasciata alle spalle uno dei più neri periodi di recessione della sua storia (nel 2014 il Pil è infatti cresciuto dello 0,9%), il debito pubblico e schizzato a livelli "italiani" (130%) e il tasso di disoccupazione è al l3,4.
Ora, non è che Passos Coelho si sia all'improvviso convertito alle politiche keynesiane: il 2015 è un anno elettorale, e tutti i sondaggi lo danno al momento nettamente sfavorito nei confronti del leader socialista Antonio Costa, carismatico sindaco di Lisbona. Prima dell'autunno, perciò, il premier deve giocarsi tutte le carte per convincere i cittadini che solo lui può essere l'uomo della ripresa. Compito arduo, in un paese che esce dal resgate - il salvataggio - con una situazione sociale allarmante, il 20% della popolazione che vive sotto al livello di povertà, con la metà dei disoccupati che non percepiscono nessun aiuto e parecchi pensionati che non ricevono più di 300 euro al mese. In Portogallo sarà un lungo anno.

(Il Venerdì 28 marzo)