lunedì 1 febbraio 2016

UNA RICERCA AFFASCINANTE

Vita di Sara
Quel che dicono i midrashim e non dice la Bibbia

Il racconto di Genesi a proposito di Sara moglie di Abramo, è conciso e poco coinvolgente; pur essendo la più importante matriarca di Israele, Sara è solo una donna all'ombra del grande patriarca. Che cosa si dice di lei?
È donna dal bel volto: Abramo se ne accorge entrando in Egitto e, temendo per la propria vita, le chiede di nascondersi in una cassa e, se scoperta, di fingersi sua sorella (12, 13). Dovrà fare la stessa finzione con Abimelec, re dei Filistei (20, 2). In entrambe le situazioni Dio la salva. Sara è sterile (11, 30) e, volendo assicurare una discendenza ad Abramo, gli dà in moglie la propria schiava; poi, resasi conto del cambiamento offensivo di Agar nei suoi confronti, la fa cacciare nel deserto anche se già incinta di Ismaele (16, 1-6). Quando alle querce di Mambre l'angelo le comunica che diventerà madre malgrado i suoi novantanni, ride incredula di tanta gioia e poi ha paura di Dio per aver riso (18, 10-15). Partorisce Isacco e gioisce della sua maternità (21, 2). Fa di nuovo cacciare Agar con il figlio tredicenne per difendere i diritti ereditari di Isacco (21, 9 sgg). Muore a 127 anni a Ebron e Abramo viene a fare il lamento per lei (23, 1-2). Solo tre volte il racconto biblico fa cenno ai sentimenti di Sara: è rancorosa e ostile nei confronti di Agar, ride tra speranza e incredulità per la promessa gravidanza, ride di felicità per la nascita del figlio.
Molto di più ci raccontano di lei i maestri ebrei autori dei midrashim, in numerosi testi dei secoli successivi al V sec. a.C., in cui si situa l'ultima redazione di Genesi. Le leggende midrashiche non sono in contraddizione con il testo biblico, ma lo ampliano e lo approfondiscono; sono vere e proprie omelie o racconti fantastici o entrambi, in un andirivieni continuo tra il teologico e il popolare, tipico della sapienza ebraica. Mi riferirò solo a quelle del secondo volume de Le leggende degli ebrei di Louis Ginzberg (Adelphi, 1997), compresi i midrashim citati nelle note.
A differenza di quella biblica, questa Sara, raccontata nei comportamenti, nei gesti, nelle parole pronunciate anche rivolgendosi direttamente a Dio, diventa un invito a meditare su di lei come donna del suo tempo, sposa prediletta di Abramo e poi madre di Isacco, e sul rapporto personale e di scambio che Sara intesse con Dio.
Il primo aspetto che caratterizza i racconti in cui Sara è protagonista, è quello della sua bellezza. Nella Bibbia invece dopo il versetto sul «bel volto» di Sara non se ne parla più.
Siamo al confine dell'Egitto dove la coppia ha intenzione di entrare: «Durante il viaggio Abramo si rese conto, per la prima volta in vita sua, di quanto era bella Sara: sua moglie era infatti così pudica che egli non aveva ancora avuto modo di rimirarla. Fu invece guadando un ruscello che Abramo vide riflessa nell'acqua la sua bellezza, radiosa come il sole. Le disse perciò : “Gli Egizi sono gente molto lasciva: ti chiuderò dentro una cassa così non dovrò subire offese per causa tua.”» Dopo un estenuante patteggiamento per non aprire la cassa, «vedendolo disposto a pagare qualunque prezzo, i gabellieri si insospettirono e pretesero che aprisse la cassa per verificarne il contenuto. Allora l'Egitto intero si illuminò della bellezza di Sara: al suo confronto tutte le altre donne, anche le più seducenti, parevano bertucce. Sara era persino più bella di Eva.» Poi Sara viene portata al palazzo del faraone che, affascinato dalla bellezza della donna e credendola sorella di Abramo come lei stessa confermerà, la vuole per sé a qualsiasi prezzo. Allora Sara si rivolge direttamente a Dio: «Signore, tu hai imposto ad Abramo mio marito di abbandonare il paese natio, la terra dei suoi padri, per venire a Canaan, promettendogli prosperità se avesse ottemperato ai Tuoi comandi. E noi abbiamo ubbidito: abbiamo lasciato la nostra patria e i nostri affetti per recarci in una terra straniera fra gente sconosciuta. Poi siamo riparati qui per non morire di fame, e ora ci capita questa terribile disgrazia. Signore, aiutami, salvami dalle mani del nemico, dammi modo di confidare nella Tua bontà!» Nella Bibbia ci sono frequenti dialoghi fra Abramo e Dio mentre non ci sono preghiere di Sara. Qui lei non solo parla con Dio con la confidenza che potrebbe avere Abramo, ma la sua richiesta di aiuto, giustificata con l'obbedienza al comando divino, ha quasi il sapore di un ricatto. Non per nulla Dio agisce subito in risposta. Infatti nella notte successiva, nel palazzo del faraone, un angelo la rassicura e poi, quando le richieste del faraone si fanno più pressanti, anche attraverso doni di grande valore tra i quali la figlia Agar come schiava, l'angelo interviene di nuovo. «Quella notte, quando il sovrano fece per accostarsi a Sara, apparve un angelo armato di scudiscio, che non appena egli sfiorò il piede dell'amata per sfilarle la calzatura, gli assestò un colpo sulla mano. La stessa cosa accadde quando il faraone tentò di sfiorarle la veste. Prima di ogni colpo, l'angelo chiedeva a Sara il permesso di sferrarlo, e se lei gli ordinava di lasciare al faraone un attimo di respiro ubbidiva e rimaneva in attesa.» Questa situazione, che si protrae per tutta la notte, fa pensare a una collaborazione paritaria tra Sara e Dio nelle vesti del suo angelo, perché la bellezza di Sara rimanga incorrotta.
La bellezza di Sara non si sciupa con l'età. Quando, a novantanni, la sterile Sara diventa fertile, un midrash racconta che Dio stesso le fabbrica l'ovaia mancante. L'annuncio della prossima gravidanza le viene dato da un angelo, che resta incantato a guardarla. «La bellezza di Sara era talmente radiosa che l'angelo ne rimase folgorato e fu indotto ad alzare lo sguardo verso di lei. Così facendo, udì la donna che rideva fra sé e sé.» Dopo la maternità Sara continua ad essere giovane e bella fino alla morte. «Tutta la casa piombò nel lutto, un lutto profondo e solenne; Abramo non pregava più e passava il suo tempo a piangere per la perdita della moglie: e ne aveva ben donde, perché nonostante l'età Sara aveva mantenuto tutta la bellezza di gioventù e l'innocenza dell'infanzia.» Lo splendore e la permanenza nel tempo di una bellezza così incorruttibile e la cura con cui Dio la difende dagli attacchi del tempo e degli uomini manifestano attraverso questa figura di donna la Presenza del divino nel mondo.

I midrashim si diffondono sulla vocazione materna di Sara. Ancor prima di diventare madre, lei non si chiude nella solitudine e nell'amarezza della sterilità, condizione di sofferenza e di umiliazione per le donne del suo tempo, ma si dà agli altri. Raccontano infatti che ovunque Abramo arrivasse, dopo aver piantato una tenda per Sara e una per sé, subito si accingeva all'opera di condurre le genti alla fede nell'unico Dio, e Sara collaborava con lui convertendo le donne.
Nel palazzo del faraone e poi in quello di Abimelec Sara accetta senza esitare di fingersi sorella di Abramo, pur consapevole dei rischi che corre. Prende su di sé la paura e l'inquietudine di lui con una dedizione che mette l'altro prima di sé. E non è questa l'essenza dello spirito materno?
Poi Isacco nasce, celebrato dal riso di gioia della madre, novantenne ringiovanita da Dio. Una leggenda collega a questa maternità la prodigiosa giovinezza di Sara: lei, morta a 127 anni, visse solo 37 anni, cioè dalla nascita di Isacco in poi, perché gli anni trascorsi nella sterilità non possono essere considerati vita. La maternità di Sara apre un fiume di benedizioni per chi le sta intorno: «La nascita di Isacco non fu un lieto evento soltanto per la casa di suo padre: oltre che di Sara, infatti, Dio si ricordò allora di tutte le donne sterili, facendo felice il mondo intero. E non solo queste divennero feconde, ma i ciechi acquistarono la vista e gli zoppi l'andatura normale, i muti parlarono e i matti tornarono savi. Un miracolo ancor più grande, poi, contraddistinse quel giorno: il sole brillò di una luce quale non si era più vista dalla caduta dell'uomo, e che ritornerà soltanto nel mondo a venire.» Perfino il latte di Sara è speciale. Alla festa della circoncisione di Isacco, Abramo «non invitò soltanto gli uomini ma anche le mogli e i bambini, in modo che si avverasse il prodigio elargito da Dio: Sara ebbe latte abbastanza da nutrire, e saziare, tutti gli infanti. I bambini porti al seno della devota Sara da madri ispirate soltanto da santi pensieri sarebbero divenuti, da adulti, proseliti della vera fede. […] Tutti i proseliti e i pagani timorati di Dio sono in effetti discendenti di quei neonati.»
Nell'episodio della seconda cacciata di Agar, questa volta con il primogenito di Abramo Ismaele, i midrashim accentuano realisticamente i lati d'ombra nei comportamenti della madre di Isacco. Quasi per scusarla descrivono improbabili malefatte di Ismaele, che ha solo tredici anni, e che nella Bibbia «scherzava con Isacco» e niente di più. Sara, per difendere i diritti ereditari di suo figlio, non solo si comporta in modo deciso e prepotente ma eccede in inutili crudeltà: vuole che Agar venga ripudiata e mandata via con una brocca legata ai fianchi come segno di schiavitù; getta inoltre il malocchio su Ismaele che si ammalerà di febbre nel deserto. Un midrash racconta che Sara era gelosa di Ismaele perché Abramo era deliziato dalla musica e dalla danza del figlio. Dio prende decisamente le parti di Sara, ricordando ad Abramo che è lei la compagna della sua vita e che la sua vera stirpe è soltanto quella di Isacco. Le ragioni di Dio sono quelle del Dio di Israele; quelle di Sara, così inutilmente persecutorie, sono comprensibili nel contesto della famiglia patriarcale e poligamica di quei tempi, dove i dissidi anche violenti tra spose legittime e concubine erano frequenti.
Da questo momento in poi nella Bibbia null'altro si dice di Sara fino alla sua morte, annunciata in un solo versetto. Non così i maestri, che collegano la morte di Sara alla legatura di Isacco sul monte Moria.
Di sconcertante modernità e realismo la pagina che racconta Sara nella notte precedente la partenza del marito e del figlio per il monte Moria. Abramo, che ha già risposto affermativamente alla richiesta divina di sacrificare il figlio, tenta di nascondere a Sara il motivo del loro viaggio: andranno insieme a una scuola della Torah per l'istruzione religiosa di Isacco. «Sara rispose: “Ben detto. Va' pure , mio signore, fa' come desideri. Soltanto, non portarlo troppo lontano da me, non trattenerlo troppo a lungo, perché è come se io e lui fossimo un'anima sola.” […] Sara prese Isacco, suo figlio, e restarono insieme per tutta la notte: lei lo baciava e lo abbracciava, e continuò fino al mattino a ripetergli mille raccomandazioni. Poi disse ad Abramo: “Mio signore, ti prego, abbi cura di tuo figlio, bada a lui: non ne ho altri, né maschi né femmine, all'infuori di Isacco. Non trascurarlo. Se ha fame dagli del pane, se ha sete dagli da bere; non farlo camminare, non lasciarlo bruciare sotto il sole, e che non vada da solo per strada; non negargli ciò che desidera, accontentalo, ti prego.” Dopo aver trascorso la notte a singhiozzare per Isacco, Sara si alzò di buon mattino e scelse una delle vesti più belle e pregiate fra quelle che le aveva donato Abimelec. Con essa abbigliò suo figlio, poi gli mise in testa un turbante che aveva impreziosito con una gemma, e lo rifornì di provviste per il viaggio. Si avviò quindi con loro, li accompagnò fin sulla strada; avrebbe voluto vederli andar via, ma essi le dissero: “Torna alla tenda.” […] Fra le lacrime, Sara strinse suo figlio in un abbraccio e disse: “Chissà se ti rivedrò ancora.”»
Anche nei midrashim che raccontano la morte di Sara domina il sentimento materno. Ne conosco tre e in tutti e tre è Satana ad entrare in azione. Nel primo arriva, travestito da uomo anziano, e rivela a Sara la verità sullo scopo del viaggio verso il monte Moria. Sara è sconvolta, si fa forza e riesce a dire: «Per la vita e per la pace, faccia Abramo tutto ciò che il Signore gli ha prescritto.» Quando Abramo ritorna dal monte Moria, lei lo vede arrivare da solo, pensa che il figlio sia stato sacrificato e «tanto si disperò che l'anima abbandonò il suo corpo.» Sara muore di dolore.
Nel secondo midrash, Satana annuncia a Sara la legatura e l'uccisione di Isacco come fosse già avvenuta. Sara ci crede e in un pianto disperato si rivolge a Dio parlandogli dell'amato figlio: «Figlio mio, Isacco, figlio mio! Perché tu, perché non io al tuo posto?» Prega di sostituirsi a lui, poi però riconosce che il Signore è buono e giusto. Subito dopo Sara muore. Viene il pensiero che nello stesso momento l'angelo fermi la mano di Abramo sul monte Moria. L'autore di questo midrash ha forse immaginato che la preghiera di Sara abbia avuto la forza di cambiare il destino di Isacco.
Nel terzo midrash all'annuncio di Satana Sara sviene. Poi si rialza decisa e parte alla ricerca del marito e del figlio. Satana la raggiunge e smentisce se stesso: Abramo non ha ucciso il figlio, Isacco è vivo. «Nell'udire queste parole Sara fu travolta da una gioia così immensa che la sua anima prese il volo.» È il midrash che preferisco perché nella morte mette il sigillo della gioia su una maternità che è stata, fin dal suo annuncio, ragione di riso gioioso per questa donna.

Mi sono soffermata solo su due aspetti della vicenda di Sara, com'è raccontata dai maestri ebrei, la sua bellezza e la maternità; ma altri emergono se si leggono tutti i midrashim riportati nel volume di Ginzberg. Anche se sterile, Sara è la sposa prediletta di Abramo, la donna della sua vita, e il loro rapporto è strettissimo e solidale. La sua morte è una tragedia per Abramo. «La morte di Sara fu per Abramo un trauma dal quale non si riprese più. Finché sua moglie era rimasta in vita, egli si era sentito giovane e forte: scomparsa lei, però, d'improvviso era arrivata la vecchiaia», con tutti i segni fisici che l'accompagnano. Sara è una donna giusta e ha capacità profetiche che il marito non possiede. Non vive chiusa con le ancelle nella sua tenda, ma è spesso in mezzo alle altre donne. Porta fertilità alle donne che prima erano sterili come lei. Con Sara viene in parte superata la visione strettamente androcentrica di Genesi; nei midrashim infatti il mito fondante di Israele, quello della coppia capostipite, si apre al femminile.
Un'altra interessante evoluzione riguarda il rapporto di Sara con Dio e quindi l'immaginario su Dio che emerge dalla vicenda. In Genesi Dio si limita ad occuparsi di lei direttamente nell'episodio dell'annuncio della gravidanza, quando Sara ride e nega di aver riso; indirettamente quando interviene su Abramo perché scacci Agar con Ismaele. Non così per i maestri ebrei. Sara prega e Dio risponde. Dio interviene direttamente a difendere la straordinaria bellezza che ha donato a Sara e lo fa per mezzo del suo angelo (va ricordato che nell'ebraismo antico gli angeli sono semplicemente una forma visibile di Dio in terra). Dio spande benedizioni sul suo popolo attraverso la miracolosa maternità di Sara. Quando lei gli chiede di sostituirsi a Isacco, sul monte Moria Dio indica ad Abramo l'ariete da immolare al posto del figlio. Quando per Sara giunge il tempo di morire, è però Satana, finora mai comparso nella vita della donna, a intervenire; quasi che il Dio della vita e della gioia che i maestri ebrei hanno immaginato per la giusta e bella madre di Isacco si ritraesse dalla morte della sua creatura. Rispetto alla figura patriarcale, fortemente maschile, del Dio d'Israele in Genesi, gli autori dei midrashim fanno già affiorare nel Dio di Sara l'immagine più materna e di ascolto dei bisogni degli umani che si svilupperà nei secoli successivi.

Tullia Chiarioni                              

Torino 21 gennaio 20106