Vita di
Sara
Quel
che dicono i midrashim e non dice la Bibbia
Il
racconto di Genesi a proposito di Sara moglie di Abramo, è conciso e
poco coinvolgente; pur essendo la più importante matriarca di
Israele, Sara è solo una donna all'ombra del grande patriarca. Che
cosa si dice di lei?
È
donna dal bel volto: Abramo se ne accorge entrando in Egitto e,
temendo per la propria vita, le chiede di nascondersi in una cassa e,
se scoperta, di fingersi sua sorella (12, 13). Dovrà fare la
stessa finzione con Abimelec, re dei Filistei (20, 2). In
entrambe le situazioni Dio la salva. Sara è sterile (11, 30)
e, volendo assicurare una discendenza ad Abramo, gli dà in moglie la
propria schiava; poi, resasi conto del cambiamento offensivo di Agar
nei suoi confronti, la fa cacciare nel deserto anche se già incinta
di Ismaele (16, 1-6). Quando alle querce di Mambre l'angelo le
comunica che diventerà madre malgrado i suoi novantanni, ride
incredula di tanta gioia e poi ha paura di Dio per aver riso (18,
10-15). Partorisce
Isacco e gioisce della sua maternità (21, 2). Fa di nuovo
cacciare Agar con il figlio tredicenne per difendere i diritti
ereditari di Isacco (21, 9 sgg). Muore a 127 anni a Ebron e
Abramo viene a fare il lamento per lei (23, 1-2). Solo tre
volte il racconto biblico fa cenno ai sentimenti di Sara: è
rancorosa e ostile nei confronti di Agar, ride tra speranza e
incredulità per la promessa gravidanza, ride di felicità per la
nascita del figlio.
Molto
di più ci raccontano di lei i maestri ebrei autori dei midrashim, in
numerosi testi dei secoli successivi al V sec. a.C., in cui si situa
l'ultima redazione di Genesi. Le leggende midrashiche non sono in
contraddizione con il testo biblico, ma lo ampliano e lo
approfondiscono; sono vere e proprie omelie o racconti fantastici o
entrambi, in un andirivieni continuo tra il teologico e il popolare,
tipico della sapienza ebraica. Mi riferirò solo a quelle del secondo
volume de Le leggende degli ebrei di Louis Ginzberg (Adelphi,
1997), compresi i midrashim citati nelle note.
A
differenza di quella biblica, questa Sara, raccontata nei
comportamenti, nei gesti, nelle parole pronunciate anche rivolgendosi
direttamente a Dio, diventa un invito a meditare su di lei come donna
del suo tempo, sposa prediletta di Abramo e poi madre di Isacco, e
sul rapporto personale e di scambio che Sara intesse con Dio.
Il
primo aspetto che caratterizza i racconti in cui Sara è
protagonista, è quello della sua bellezza. Nella Bibbia invece dopo
il versetto sul «bel volto» di Sara non se ne parla più.
Siamo
al confine dell'Egitto dove la coppia ha intenzione di entrare:
«Durante il viaggio Abramo si rese conto, per la prima volta in vita
sua, di quanto era bella Sara: sua moglie era infatti così pudica
che egli non aveva ancora avuto modo di rimirarla. Fu invece guadando
un ruscello che Abramo vide riflessa nell'acqua la sua bellezza,
radiosa come il sole. Le disse perciò : “Gli Egizi sono gente
molto lasciva: ti chiuderò dentro una cassa così non dovrò subire
offese per causa tua.”» Dopo un estenuante patteggiamento per non
aprire la cassa, «vedendolo disposto a pagare qualunque prezzo, i
gabellieri si insospettirono e pretesero che aprisse la cassa per
verificarne il contenuto. Allora l'Egitto intero si illuminò della
bellezza di Sara: al suo confronto tutte le altre donne, anche le più
seducenti, parevano bertucce. Sara era persino più bella di Eva.»
Poi Sara viene portata al palazzo del faraone che, affascinato dalla
bellezza della donna e credendola sorella di Abramo come lei stessa
confermerà, la vuole per sé a qualsiasi prezzo. Allora Sara si
rivolge direttamente a Dio: «Signore, tu hai imposto ad Abramo mio
marito di abbandonare il paese natio, la terra dei suoi padri, per
venire a Canaan, promettendogli prosperità se avesse ottemperato ai
Tuoi comandi. E noi abbiamo ubbidito: abbiamo lasciato la nostra
patria e i nostri affetti per recarci in una terra straniera fra
gente sconosciuta. Poi siamo riparati qui per non morire di fame, e
ora ci capita questa terribile disgrazia. Signore, aiutami, salvami
dalle mani del nemico, dammi modo di confidare nella Tua bontà!»
Nella Bibbia ci sono frequenti dialoghi fra Abramo e Dio mentre non
ci sono preghiere di Sara. Qui lei non solo parla con Dio con la
confidenza che potrebbe avere Abramo, ma la sua richiesta di aiuto,
giustificata con l'obbedienza al comando divino, ha quasi il sapore
di un ricatto. Non per nulla Dio agisce subito in risposta. Infatti
nella notte successiva, nel palazzo del faraone, un angelo la
rassicura e poi, quando le richieste del faraone si fanno più
pressanti, anche attraverso doni di grande valore tra i quali la
figlia Agar come schiava, l'angelo interviene di nuovo. «Quella
notte, quando il sovrano fece per accostarsi a Sara, apparve un
angelo armato di scudiscio, che non appena egli sfiorò il piede
dell'amata per sfilarle la calzatura, gli assestò un colpo sulla
mano. La stessa cosa accadde quando il faraone tentò di sfiorarle la
veste. Prima di ogni colpo, l'angelo chiedeva a Sara il permesso di
sferrarlo, e se lei gli ordinava di lasciare al faraone un attimo di
respiro ubbidiva e rimaneva in attesa.» Questa situazione, che si
protrae per tutta la notte, fa pensare a una collaborazione paritaria
tra Sara e Dio nelle vesti del suo angelo, perché la bellezza di
Sara rimanga incorrotta.
La
bellezza di Sara non si sciupa con l'età. Quando, a novantanni, la
sterile Sara diventa fertile, un midrash racconta che Dio stesso le
fabbrica l'ovaia mancante. L'annuncio della prossima gravidanza le
viene dato da un angelo, che resta incantato a guardarla. «La
bellezza di Sara era talmente radiosa che l'angelo ne rimase
folgorato e fu indotto ad alzare lo sguardo verso di lei. Così
facendo, udì la donna che rideva fra sé e sé.» Dopo la maternità
Sara continua ad essere giovane e bella fino alla morte. «Tutta la
casa piombò nel lutto, un lutto profondo e solenne; Abramo non
pregava più e passava il suo tempo a piangere per la perdita della
moglie: e ne aveva ben donde, perché nonostante l'età Sara aveva
mantenuto tutta la bellezza di gioventù e l'innocenza
dell'infanzia.» Lo splendore e la permanenza nel tempo di una
bellezza così incorruttibile e la cura con cui Dio la difende dagli
attacchi del tempo e degli uomini manifestano attraverso questa
figura di donna la Presenza del divino nel mondo.
I
midrashim si diffondono sulla vocazione materna di Sara. Ancor prima
di diventare madre, lei non si chiude nella solitudine e
nell'amarezza della sterilità, condizione di sofferenza e di
umiliazione per le donne del suo tempo, ma si dà agli altri.
Raccontano infatti che ovunque Abramo arrivasse, dopo aver piantato
una tenda per Sara e una per sé, subito si accingeva all'opera di
condurre le genti alla fede nell'unico Dio, e Sara collaborava con
lui convertendo le donne.
Nel
palazzo del faraone e poi in quello di Abimelec Sara accetta senza
esitare di fingersi sorella di Abramo, pur consapevole dei rischi che
corre. Prende su di sé la paura e l'inquietudine di lui con una
dedizione che mette l'altro prima di sé. E non è questa l'essenza
dello spirito materno?
Poi
Isacco nasce, celebrato dal riso di gioia della madre, novantenne
ringiovanita da Dio. Una leggenda collega a questa maternità la
prodigiosa giovinezza di Sara: lei, morta a 127 anni, visse solo 37
anni, cioè dalla nascita di Isacco in poi, perché gli anni
trascorsi nella sterilità non possono essere considerati vita. La
maternità di Sara apre un fiume di benedizioni per chi le sta
intorno: «La nascita di Isacco non fu un lieto evento soltanto per
la casa di suo padre: oltre che di Sara, infatti, Dio si ricordò
allora di tutte le donne sterili, facendo felice il mondo intero. E
non solo queste divennero feconde, ma i ciechi acquistarono la vista
e gli zoppi l'andatura normale, i muti parlarono e i matti tornarono
savi. Un miracolo ancor più grande, poi, contraddistinse quel
giorno: il sole brillò di una luce quale non si era più vista dalla
caduta dell'uomo, e che ritornerà soltanto nel mondo a venire.»
Perfino il latte di Sara è speciale. Alla festa della circoncisione
di Isacco, Abramo «non invitò soltanto gli uomini ma anche le mogli
e i bambini, in modo che si avverasse il prodigio elargito da Dio:
Sara ebbe latte abbastanza da nutrire, e saziare, tutti gli infanti.
I bambini porti al seno della devota Sara da madri ispirate soltanto
da santi pensieri sarebbero divenuti, da adulti, proseliti della vera
fede. […] Tutti i proseliti e i pagani timorati di Dio sono in
effetti discendenti di quei neonati.»
Nell'episodio
della seconda cacciata di Agar, questa volta con il primogenito di
Abramo Ismaele, i midrashim accentuano realisticamente i lati d'ombra
nei comportamenti della madre di Isacco. Quasi per scusarla
descrivono improbabili malefatte di Ismaele, che ha solo tredici
anni, e che nella Bibbia «scherzava con Isacco» e niente di più.
Sara, per difendere i diritti ereditari di suo figlio, non solo si
comporta in modo deciso e prepotente ma eccede in inutili crudeltà:
vuole che Agar venga ripudiata e mandata via con una brocca legata ai
fianchi come segno di schiavitù; getta inoltre il malocchio su
Ismaele che si ammalerà di febbre nel deserto. Un midrash racconta
che Sara era gelosa di Ismaele perché Abramo era deliziato dalla
musica e dalla danza del figlio. Dio prende decisamente le parti di
Sara, ricordando ad Abramo che è lei la compagna della sua vita e
che la sua vera stirpe è soltanto quella di Isacco. Le ragioni di
Dio sono quelle del Dio di Israele; quelle di Sara, così inutilmente
persecutorie, sono comprensibili nel contesto della famiglia
patriarcale e poligamica di quei tempi, dove i dissidi anche violenti
tra spose legittime e concubine erano frequenti.
Da
questo momento in poi nella Bibbia null'altro si dice di Sara fino
alla sua morte, annunciata in un solo versetto. Non così i maestri,
che collegano la morte di Sara alla legatura di Isacco sul monte
Moria.
Di
sconcertante modernità e realismo la pagina che racconta Sara nella
notte precedente la partenza del marito e del figlio per il monte
Moria. Abramo, che ha già risposto affermativamente alla richiesta
divina di sacrificare il figlio, tenta di nascondere a Sara il motivo
del loro viaggio: andranno insieme a una scuola della Torah per
l'istruzione religiosa di Isacco. «Sara
rispose: “Ben detto. Va' pure , mio signore, fa' come desideri.
Soltanto, non portarlo troppo lontano da me, non trattenerlo troppo a
lungo, perché è come se io e lui fossimo un'anima sola.” […]
Sara prese Isacco, suo figlio, e restarono insieme per tutta la
notte: lei lo baciava e lo abbracciava, e continuò fino al mattino a
ripetergli mille raccomandazioni. Poi disse ad Abramo: “Mio
signore, ti prego, abbi cura di tuo figlio, bada a lui: non ne ho
altri, né maschi né femmine, all'infuori di Isacco. Non
trascurarlo. Se ha fame dagli del pane, se ha sete dagli da bere; non
farlo camminare, non lasciarlo bruciare sotto il sole, e che non vada
da solo per strada; non negargli ciò che desidera, accontentalo, ti
prego.” Dopo aver trascorso la notte a singhiozzare per Isacco,
Sara si alzò di buon mattino e scelse una delle vesti più belle e
pregiate fra quelle che le aveva donato Abimelec. Con essa abbigliò
suo figlio, poi gli mise in testa un turbante che aveva impreziosito
con una gemma, e lo rifornì di provviste per il viaggio. Si avviò
quindi con loro, li accompagnò fin sulla strada; avrebbe voluto
vederli andar via, ma essi le dissero: “Torna alla tenda.” […]
Fra le lacrime, Sara strinse suo figlio in un abbraccio e disse:
“Chissà se ti rivedrò ancora.”»
Anche
nei midrashim che raccontano la morte di Sara domina il sentimento
materno. Ne conosco tre e in tutti e tre è Satana ad entrare in
azione. Nel primo arriva, travestito da uomo anziano, e rivela a Sara
la verità sullo scopo del viaggio verso il monte Moria. Sara è
sconvolta, si fa forza e riesce a dire: «Per
la vita e per la pace, faccia Abramo tutto ciò che il Signore gli ha
prescritto.» Quando
Abramo ritorna dal monte Moria, lei lo vede arrivare da solo, pensa
che il figlio sia stato sacrificato e «tanto
si disperò che l'anima abbandonò il suo corpo.»
Sara muore di dolore.
Nel
secondo midrash, Satana annuncia a Sara la legatura e l'uccisione di
Isacco come fosse già avvenuta. Sara ci crede e in un pianto
disperato si rivolge a Dio parlandogli dell'amato figlio: «Figlio
mio, Isacco, figlio mio! Perché tu, perché non io al tuo posto?»
Prega di sostituirsi a lui, poi però riconosce che il Signore è
buono e giusto. Subito dopo Sara muore. Viene il pensiero che nello
stesso momento l'angelo fermi la mano di Abramo sul monte Moria.
L'autore di questo midrash ha forse immaginato che la preghiera di
Sara abbia avuto la forza di cambiare il destino di Isacco.
Nel
terzo midrash all'annuncio di Satana Sara sviene. Poi si rialza
decisa e parte alla ricerca del marito e del figlio. Satana la
raggiunge e smentisce se stesso: Abramo non ha ucciso il figlio,
Isacco è vivo. «Nell'udire
queste parole Sara fu travolta da una gioia così immensa che la sua
anima prese il volo.» È
il midrash che preferisco perché nella morte mette il sigillo della
gioia su una maternità che è stata, fin dal suo annuncio, ragione
di riso gioioso per questa donna.
Mi
sono soffermata solo su due aspetti della vicenda di Sara, com'è
raccontata dai maestri ebrei, la sua bellezza e la maternità; ma
altri emergono se si leggono tutti i midrashim riportati nel volume
di Ginzberg. Anche se sterile, Sara è la sposa prediletta di Abramo,
la donna della sua vita, e il loro rapporto è strettissimo e
solidale. La sua morte è una tragedia per Abramo. «La
morte di Sara fu per Abramo un trauma dal quale non si riprese più.
Finché sua moglie era rimasta in vita, egli si era sentito giovane e
forte: scomparsa lei, però, d'improvviso era arrivata la vecchiaia»,
con tutti i segni fisici che l'accompagnano. Sara è una donna giusta
e ha capacità profetiche che il marito non possiede. Non vive chiusa
con le ancelle nella sua tenda, ma è spesso in mezzo alle altre
donne. Porta fertilità alle donne che prima erano sterili come lei.
Con Sara viene in parte superata la visione strettamente
androcentrica di Genesi; nei midrashim infatti il mito fondante di
Israele, quello della coppia capostipite, si apre al femminile.
Un'altra
interessante evoluzione riguarda il rapporto di Sara con Dio e quindi
l'immaginario su Dio che emerge dalla vicenda. In Genesi Dio si
limita ad occuparsi di lei direttamente nell'episodio dell'annuncio
della gravidanza, quando Sara ride e nega di aver riso;
indirettamente quando interviene su Abramo perché scacci Agar con
Ismaele. Non così per i maestri ebrei. Sara prega e Dio risponde.
Dio interviene direttamente a difendere la straordinaria bellezza che
ha donato a Sara e lo fa per mezzo del suo angelo (va ricordato che
nell'ebraismo antico gli angeli sono semplicemente una forma visibile
di Dio in terra). Dio spande benedizioni sul suo popolo attraverso la
miracolosa maternità di Sara. Quando lei gli chiede di sostituirsi a
Isacco, sul monte Moria Dio indica ad Abramo l'ariete da immolare al
posto del figlio. Quando per Sara giunge il tempo di morire, è però
Satana, finora mai comparso nella vita della donna, a intervenire;
quasi che il Dio della vita e della gioia che i maestri ebrei hanno
immaginato per la giusta e bella madre di Isacco si ritraesse dalla
morte della sua creatura. Rispetto alla figura patriarcale,
fortemente maschile, del Dio d'Israele in Genesi, gli autori dei
midrashim fanno già affiorare nel Dio di Sara l'immagine più
materna e di ascolto dei bisogni degli umani che si svilupperà nei
secoli successivi.
Tullia Chiarioni
Torino 21 gennaio 20106