domenica 25 settembre 2016

Stangata alla Menarini, maxi-condanna per la truffa dei farmaci

FIRENZE. Il Tribunale di Firenze ha ordinato la confisca di oltre 1 miliardo di euro in denaro e titoli dai conti esteri della famiglia Aleotti, proprietaria della più grande azienda farmaceutica italiana, la Menarini, al termine di un processo per riciclaggio da frode fiscale e corruzione. La presidente e il vicepresidente della società sono stati condannati: la prima, Lucia Aleotti, 50 anni, figlia maggiore dell'ex patron Alberto, morto due anni fa, a 10 anni e 6 mesi per riciclaggio e corruzione del senatore ex Pdl Cesare Cursi, già presidente della Commissione Industrie e Commercio del Senato, per attività lobbistiche. La posizione del senatore, anch'egli indagato, era stata archiviata perché il Senato aveva negato l'uso delle intercettazioni. Il secondo, Giovanni Aleotti, 44anni, a 7anni e 6 mesi per riciclaggio da frode fiscale. Il loro avvocato ha annunciato ricorso in appello. Assolta la vedova dell'ex patron Massimiliana Landini - la seconda donna più ricca d'Italia nel 2016 secondo Forbes, con un patrimonio di 10,1 miliardi - e tre dirigenti dell'azienda. I giudici hanno invece ritenuto non sufficientemente provato il reato di truffa addebitato dai pm al defunto patron dell'azienda Alberto Aleotti, che all'epoca di Mani Pulite patteggiò tre anni per corruzione nell'inchiesta "Farmatruffa". Per questo non verranno risarcite le parti civili: il ministero della Salute, sei Regioni e cento Asl. Risarcimento di 100 mila euro invece per la presidenza del Consiglio dei ministri.
Secondo la pubblica accusa, la Menarini sarebbe diventata un colosso farmaceutico perpetrando per quasi 30 anni - dal 1984 al 2010 - una colossale frode ai danni del sistema sanitario nazionale. Usando società estere fittizie per l'acquisto dei principi attivi dei farmaci, ne avrebbe aumentato il prezzo finale grazie a una serie di false fatturazioni. Lo Stato, rimborsando medicinali con prezzi gonfiati, ci avrebbe rimesso 860 milioni di euro. La famiglia Aleotti ci avrebbe guadagnato oltre mezzo miliardo: soldi riciclati all'estero insieme con altri proventi illeciti accumulati grazie a corruzione e frodi fiscali, per un totale di circa 1.2 miliardi di euro, anche dai figli dell'ex patron condannati ieri per reati commessi dal 1993 al 2010.
All'origine dell'inchiesta Menarini c'era un conto segreto in Liechtenstein di 476 milioni di euro
di cui erano titolari presso la Banca Lgt del Principato del Liechtenstein il patriarca Alberto Aleotti, morto il 7 maggio 2014, sua moglie e i figli. Quel conto, secondo solo a quello del Granduca del Liechtenstein, era venuto alla luce nel 2008 quando un ex funzionario della Lgt aveva venduto ai servizi segreti tedeschi per 5 milioni di euro la lista di 3.929 conti riservati di fondazioni e di 5.828 persone fisiche. Nel corso delle indagini dei carabinieri del Nas sono state anche documentate «serrate attività di pressione» della famiglia Aleotti «su esponenti politici, negli anni 2008-2009», per contrastare l'operato di alcune Regioni che «avevano adottato delibere a favore di farmaci generici». Pressioni, anche attraverso lettere, sull'ex premier Berlusconi, l'ex ministro Scajola ma anche a interventi» sull'allora assessore toscano alla salute, oggi presidente della Regione, Enrico Rossi, su Gianni Letta e vari ex sottosegretari. Nell'indagine è spuntata anche, col ruolo di "mediatrice" svolto per Aleotti, la signora  Maria Girani Angiolillo defunta regina dei salotti romani.
Massimo Mugnaini

(la Repubblica 10 settembre)