domenica 25 settembre 2016

Un’imposta di solidarietà, il fumo è un danno sociale

Come medico appoggio in pieno l'idea di una tassa di scopo su ogni sigaretta fumata. In primo luogo perché contribuisce alla responsabilizzazione del fumatore e alla sua presa di coscienza del danno che crea non solo a se stesso, ma anche alla comunità in cui è inserito, che si deve far carico del suo elevatissimo rischio di malattia e disabilità. E questa coscienza è in linea con la concezione moderna del welfare, che vede il passaggio da un Welfare State - dove lo Stato si occupa in tutto e per tutto della salute e il benessere dei cittadini in un regime di totale garantismo - a una Welfare Community, in cui ogni componente della comunità sociale partecipa, ognuno per ciò che può fare, alla tutela della salute collettiva. È un passaggio storico obbligato, spinto in primis dalla scarsità delle risorse per la sanità in tutto il mondo, ma anche dalla mentalità partecipativa creata dal web e dal nuovo modo di vivere la società "globale". Cosa può fare allora un forte fumatore che non riesce o non vuole smettere, per ridurre il danno sociale? Dare un contributo economico per favorire chi ne ha più bisogno, per la disgraziata e ingiusta vicenda degli altissimi costi dei farmaci anticancro. È una forma importante di solidarietà e questo è il secondo motivo per cui sono d'accordo con la tassa di scopo. Certo, questa buona azione di civiltà non ci esime dall'obiettivo primario che è far smettere di fumare. Ripetiamolo: a causa del fumo muoiono prematuramente quasi 100 persone al giorno in Italia solo per tumore del polmone. Senza contare le vittime di altri tumori e malattie cardiovascolari. Il nostro primo dovere morale è convincere questi cittadini a proteggere le loro vite con una campagna antifumo profonda e capillare, che dalla scuola, attraverso la famiglia, arrivi a tutti gli ambiti sociali. Nel frattempo, ben vengano altre misure di sensibilizzazione.
Umberto Veronesi

(la Repubblica 15 settembre)