sabato 3 dicembre 2016

Il martello e la roccia

«Non è forse la mia parola come fuoco
- detto del Signore -
e come un martello
che frantuma la roccia?» (Geremia 23, 29)

Nella scuola di rabbi Ishmael questo versetto veniva interpretato nel modo seguente: «Che cosa succede quando il martello picchia contro la roccia? Sprizzano scintille! Ogni singola scintilla è il risultato dell'urto del martello contro la roccia; ma nessuna scintilla è l'unico risultato. Così anche un unico versetto della Scrittura può trasmettere molti diversi insegnamenti» (Jacob Petuchowski, Come i nostri maestri spiegano la Scrittura, Morcelliana, Brescia 1984, Secondo TB Sanhedrin 34a).
Chi legge queste pagine ricordi le parole del Salmo: «Una parola ha detto Dio, due ne ho udite» (62, 12). L'ebraismo, come civiltà del commento, comunica a noi cristiani questa tensione vitale tra Parola e parole, tanto per legittimare la pluralità delle interpretazioni scritturali quanto per evidenziarci che la rivelazione di Dio è più grande di qualunque singola interpretazione. Secondo la tradizione rabbinica ci sono settanta diverse possibilità di interpretare la Scrittura. Perciò i nostri tentativi, i nostri sforzi di penetrare la Parola di Dio raggiungono soltanto frammenti di verità: «Sicuramente non sarà mai esistito uno studioso della Torah che abbia padroneggiato tutte e settanta queste possibilità. Se di queste settanta se ne conoscano magari soltanto dieci, allora bisogna essere disposti ad ammettere che forse le altre sessanta sono familiari ad altri uomini, noti o ignoti...» (Op. cit. p. 136). Ogni possibilità di letture «categoriche» viene stroncata come presuntuosa e blasfema.
Leggere con fede la Scrittura è quindi un atto sommamente creativo: «I sensi multipli sono persone multiple. Si manifesta così tutta l'importanza del rapporto della rivelazione con l'esegesi, con la libertà di questa esegesi; si manifesta la partecipazione, di chi ascolta, alla Parola che si fa sentire, ma anche la possibilità per la Parola di attraversare le epoche» (La révélation dans la tradition juive, in AA. VV., La Révélation, Bruxelles 1977).
Tutto questo vale anche per i racconti di miracolo, ovviamente. Così davvero la Parola di Dio non è più sopra i cieli, ma «è vicinissima» (Deuteronomio 30, 14) e ci invita a costruire racconti. Se i vecchi rabbini facevano della teologia aggadicamente, cioè raccontando e annunziando, come in fondo aveva già fatto la Bibbia, perché non potremo farlo anche noi? Questo quaderno vorrebbe aiutarci a ritrovare la voglia di raccontare la Bibbia ai nostri ragazzi; anzi, di raccontare le meraviglie di Dio con racconti antichi e sempre nuovi.
(da Lazzaro, vieni fuori - Pinerolo 1986)