venerdì 15 settembre 2017

“Non bastano i social per i giovani. I preti devono tornare in strada”

​È un Canavese sempre più «scristianizzato» per usare l'espressione di monsignor Edoardo Cerrato, vescovo di Ivrea quello che le 141 parrocchie disseminate sul territorio si trovano ad affrontare. «Sono sempre di più le famiglie che neppure battezzano i loro figli e stanno scomparendo i giovani dalle nostre chiese, un allarme sociale che non dobbiamo sottovalutare». Sceglie il giorno della lettera pastorale per il 2017-2018, monsignor Cerrato, al suo quinto anno alla guida della Diocesi eporediese, per raccontare il territorio canavesano, i sacrifici e le difficoltà dei parroci, pochi e anziani, un ricambio generazionale che non c'è, la necessità di recuperare i vecchi valori ridando a chiesa, scuola e famiglia il ruolo guida di un tempo.
Monsignore, iniziamo dai giovani, perché non frequentano più la Chiesa?
«E' uno degli aspetti più drammatici ed è legato ad una cultura della scristianizzazione che ha portato molte famiglie ad avere una religione fai da te. Abbiamo una minoranza di giovani presenti nella Comunità cristiana, ma la maggioranza è costituita da coloro che si sono allontanati dopo la Cresima, da quelli che si sono fermati alla prima Comunione e da quelli, e sono in netto aumento, che non hanno neppure iniziato il cammino perché neppure battezzati».
Come si recupera questo divario?
«Lamentarsi di questa situazione è sterile, bisogna agire. Bisogna andare a cercarli dove sono e per questo invito i parroci ad uscire dai propri schemi preconfezionati adeguandosi ai loro tempi e ai loro ritmi. Puntiamo sull'associazionismo, ripensiamo lo spazio che i giovani hanno lasciato».
Servirebbe una chiesa più social, più aperta al linguaggio giovanile?
«I social vanno bene, ma non sono l'unico strumento. Fermiamoci per strada a parlare con i ragazzi, cerchiamo di interagire di più con loro. E' a questo sforzo che siamo chiamati, come pastori, per il 2018. Oggi i ragazzi non hanno più punti di riferimento nel mondo della scuola, nella famiglia e la responsabilità di questo è di tutta la Comunità. Stiamo vivendo un cambiamento epocale».
Cambiamo argomento: qual è la salute della Diocesi di Ivrea?
«Nei miei 5 anni in Canavese, non c'è parrocchia che non abbia visitato, la mia missione, quella che porto ancora con me, è parlare con le persone; ho visitato paesi, sono entrato nei negozi, nelle case di cura, ho parlato con gli infermi e ho trovato una grande fede cristiana».
I parroci, però, sono sempre meno. Come affronterà questo problema?
«Dimentichiamoci della presenza del prete in ogni parrocchia, altri tempi. Quando mi insediai qui incontrai monsignor Bettazzi e gli feci notare quanti pochi parroci avevamo. Lui sgranò gli occhi: "Quando c'ero io erano 300" mi disse, ma era 50 anni fa. A breve, per fortuna ordinerò 5 diaconi e un sacerdote».
Giampiero Maggio

(La Stampa 6 settembre)