lunedì 19 febbraio 2018

"Israele prepara la grande espulsione"

Di che cosa stiamo parlando
Dal primo febbraio il governo israeliano ha iniziato a consegnare dei fogli di espulsione ai primi fra i quarantamila migranti illegali che vorrebbe far partire dal Paese. Sono quasi tutti migranti  eritrei e sudanesi, che riceverebbero 3.500 dollari per spostarsi in Ruanda o Uganda.
Ieri migliaia di migranti hanno manifestato a Tel Aviv contro le espulsioni: "Preferiamo rimanere in Israele, anche in prigione". Secondo un sondaggio il 66 per cento degli israeliani è favorevole alle espulsioni ordinate dal governo.  

«Non me ne andrò mai via da Israele, non darò mai il mio accordo a farmi trasferire in Africa: preferisco vivere in carcere qui, tutta la vita » . Abda Ishmael è un eritreo di 28 anni: nel 2011 era riuscito a sfuggire al tiranno del suo paese, è arrivato in Israele. Da qualche giorno il governo di Gerusalemme ha deciso di passare alla "fase 1" di una procedura di espulsione di alcune migliaia di migranti illegali (potrebbero essere fino a 40 mila): il premier Bibi Netanyahu è riuscito a trovare un accordo con 2 governi africani, Ruanda e Uganda, perché accolgano rifugiati che non hanno nessuna intenzione di tornare nei loro paesi, come gli eritrei che verrebbero incarcerati a vita dal loro regime.
«Ma noi non ce ne andremo, vivremo tutta la vita in prigione qui, ma non partiremo mai per un paese africano che non è il nostro», dicono con Abda i suoi compagni nel centro di transito del Negev. Il campo verrà chiuso il primo aprile: chi deciderà di partire riceverà 3.500 dollari e il biglietto di viaggio, gli altri dovrebbero finire in carcere, o comunque in campi di detenzione.
Ieri alcune migliaia di migranti illegali hanno protestato davanti all'ambasciata del Ruanda, a Tel Aviv. È solo l'ultimo sit-in dopo proteste che da giorni si stanno inseguendo in tutta Israele, e che iniziano ad avere un impatto sull'opinione pubblica del paese.
Un sondaggio dice che il 60% degli israeliani si sente minacciato da questi migranti, preferisce che vengano espulsi dal paese. Ma nell'altro 40 per cento del paese ci sono molti che ricordano una cosa molto semplice e molto vera: «Noi israeliani, noi ebrei siamo un popolo di migranti, questo paese, è vivo grazie all'immigrazione, non possiamo trattare così questi uomini», dice Reuven Abergil, un vecchio leader della sinistra "extraparlamentare" degli Anni Settanta.
All'inizio di febbraio sono stati consegnati i primi fogli di via ai migranti senza famiglia: dovrebbero essere i primi a partire, oppure a essere trasferiti in un centro di detenzione che a questo punto però dovrebbe contenerne alcune migliaia.
Il primo ministro Netanyahu parla di loro come "gli infiltrati": forse perché buona parte dei migranti sudanesi ed eritrei sono entrati in Israele passando dal deserto egiziano, lungo il confine del Sinai. Adesso nel deserto è stato costruito un muro elettronico, gli arrivi di fatto si sono interrotti e il paese di prepara alla grande espulsione.
Netanyahu nel frattempo si prepara alla fase finale di una battaglia pericolosissima per la sua sopravvivenza politica: da mesi è nel mirino della polizia in 3 inchieste per sospetta corruzione, il "caso 1000", " caso 2000" e " caso 3000". Ieri sera c'è stata una riunione di coordinamento finale degli investigatori dell'Unità anti-corruzione con il capo della polizia: si preparano a fare le loro richieste al procuratore generale. Per il leader di Israele la questione migranti potrebbe passare in secondo piano.
Vincenzo Nigro

(la Repubblica 8 febbraio)