Corso
Biblico. Torino, 06.04.2018.
II
libro di Samuele.
(Appunti
presi durante la conferenza di don Franco Barbero).
Sorvoliamo
sulle vicende di Assalonne, uno dei figli di Davide, il quale venne
dapprima bandito da Davide per aver fatto assassinare il fratello
Amnon, perché aveva sedotto la sorellastra Tamar; dopo due anni di
esilio venne riammesso a corte, ma tramò contro il padre per
impadronirsi del regno, fino a creare un esercito di seguaci che si
scontrò con la parte rimasta fedele a Davide; giungiamo così al
capitolo 19, in cui si narra che Davide è sconvolto dalla notizia
della morte di Assalonne e piange su di lui. Si ripetono le storie di
divisioni e di tradimenti, ma la figura di Davide qui si staglia come
esempio di benevolenza: egli ha continuato ad amare Assalonne
nonostante la sua ribellione e riesce a ricomporre la frattura
interna tra i sostenitori del figlio traditore e quelli che gli sono
rimasti fedeli. In uno sfondo di contese tra villaggi e tribù e di
un'aspra lotta per accaparrarsi il potere del re emerge il cuore
grande di Davide che
sa perdonare e pacifica il popolo così gravemente diviso (19, 16 e
sgg.).
Al
capitolo 20 leggiamo di una ennesima rivolta e di dinamiche di
vendetta spietata, dove spicca ancora una volta il buon senso di una
donna (20, 16 e sgg.) che evita una carneficina con il sacrificio di
un'unica persona, il capo della rivolta.
Nel
capitolo successivo si narra un ulteriore episodio di vendetta nel
conflitto tra Davide e i Gabaoniti e di ulteriori battaglie contro i
Filistei. Ma la novità è che il re “era stanco” (21, 15), non
ne può più di ribellioni e conflitti e sente la fine avvicinarsi.
Ogni
patriarca che muore termina la sua vicenda terrena con un inno di
ringraziamento al Signore e Davide non si sottrae a questa usanza con
il canto contenuto nel capitolo 22. Il tono è celebrativo e tutte le
contraddizioni che la precedente narrazione ha evidenziato sono
superate nella fiducia che il Signore è potente e non abbandona. Da
notare l'anacronistico accenno al tempio del v. 7 (il tempio non era
ancora stato costruito al tempo di Davide), i toni apocalittici dei
vv. 8 e seguenti che contengono espressioni riprese dal libro
dell'Apocalisse e, infine, affermazioni che appaiono presuntuose come
quella sulla giustizia e innocenza del re al v. 21.
Ma
non finisce qui: il capitolo 23 narra di una serie di imprese cruente
di “prodi di Davide” e soprattutto il capitolo 24 parla di un
censimento del popolo, che è l'espressione di volontà imperiale:
volendo misurare la potenza del regno in termini numerici, Israele si
pone in concorrenza con gli imperi terreni; il proposito del re viene
adempiuto anche se già si insinua il dubbio (24, 3) che quel che
conta non sia il numero, ma la fedeltà del popolo. Ma ancora una
volta verifichiamo l'oscillazione tra la tentazione celebrativa e la
consapevolezza profetica: Davide si accorge di aver sbagliato, si
pente (24, 10) e vuole espiare il suo peccato con la costruzione di
un altare. Da notare che la contraddizione viene fatta addirittura
risalire a Dio che dapprima incita Davide a fare il censimento (24,
1) poi propone l'espiazione (24,12) ed infine perdona (24,25). Un
finale misero per l'epopea di Davide.
La
storia di Davide finisce però solamente all'inizio del primo libro
dei re, che narra della sua vecchiaia (cap. 1, 1-3, ancora un esempio
di come venivano strumentalizzate le donne nel palazzo reale) e poi
ancora di una congiura, quella di Adonia, sventata dal profeta Natan
e da Betsabea ed infine dell'ultima celebrazione di Davide, quella
dell'incoronamento a re di Salomone, figlio di Betsabea. La vicenda
di Davide si conclude in modo positivo : “Salomone sedette sul
trono di Davide, suo padre, e il suo regno si consolidò molto” (I
Re, 2, 12).
In
conclusione si può osservare che anche sulla sua figura si
alternano luci ed ombre e l'epica della monarchia di Israele si
riduce ad un susseguirsi di contraddizioni e di intrighi: anche in
Israele il potere si macchia degli stessi difetti delle altre
monarchie e non si sottrae al virus della corruzione; il monito che
il Signore ha dato al re di leggere le parole della legge “tutti i
giorni della sua vita, per imparare a temere il Signore”
(Deuteronomio, 17, 19) non è stato rispettato neanche dal migliore
dei re. Il testo scritto alla fine del periodo esilico rispecchia una
situazione di stanchezza e di incertezza che è espressa in modo
forte dal profeta Ezechiele: la domanda che sorge è: ci sarà un
futuro per Israele? Dio non si sarà stancato delle ribellioni del
popolo? Ezechiele esprime in tempo di esilio questi dubbi nel famoso
episodio delle ossa secche, ma alla fine rilancerà, contro
l'indifferenza di molti, la promessa che il vento di Dio soffi ancora
e le rianimi; pochi torneranno dall'esilio, molti rimarranno a
Babilonia a curare i loro affari, ma alla minoranza che tornerà ad
Israele spetterà il compito di ricostruire una storia nuova.
Nonostante
tutte le debolezze e gli errori in cui cade anche Davide non si
spegne la speranza che l'esercizio del potere non sia
irrimediabilmente legato alla corruzione, ma sussista la possibilità
dell' esercizio di un potere come servizio. Vi sono alcuni esempi
nella storia e bisogna adoperarsi perchè questi esempi si espandano.
Questa esortazione vale non solo per Israele, ma per tutti i popoli
ed in tutti i tempi ed ovviamente anche per i cristiani, perché non
c'è un popolo eletto, ma ciascun popolo ha una chiamata e deve
assumersi la propria responsabilità.
Guido Allice
Guido Allice