domenica 15 aprile 2018

UN AIUTO PER RICORDARE

Corso Biblico. Torino, 06.04.2018.
II libro di Samuele.
(Appunti presi durante la conferenza di don Franco Barbero).

Sorvoliamo sulle vicende di Assalonne, uno dei figli di Davide, il quale venne dapprima bandito da Davide per aver fatto assassinare il fratello Amnon, perché aveva sedotto la sorellastra Tamar; dopo due anni di esilio venne riammesso a corte, ma tramò contro il padre per impadronirsi del regno, fino a creare un esercito di seguaci che si scontrò con la parte rimasta fedele a Davide; giungiamo così al capitolo 19, in cui si narra che Davide è sconvolto dalla notizia della morte di Assalonne e piange su di lui. Si ripetono le storie di divisioni e di tradimenti, ma la figura di Davide qui si staglia come esempio di benevolenza: egli ha continuato ad amare Assalonne nonostante la sua ribellione e riesce a ricomporre la frattura interna tra i sostenitori del figlio traditore e quelli che gli sono rimasti fedeli. In uno sfondo di contese tra villaggi e tribù e di un'aspra lotta per accaparrarsi il potere del re emerge il cuore grande di Davide che sa perdonare e pacifica il popolo così gravemente diviso (19, 16 e sgg.).
Al capitolo 20 leggiamo di una ennesima rivolta e di dinamiche di vendetta spietata, dove spicca ancora una volta il buon senso di una donna (20, 16 e sgg.) che evita una carneficina con il sacrificio di un'unica persona, il capo della rivolta.
Nel capitolo successivo si narra un ulteriore episodio di vendetta nel conflitto tra Davide e i Gabaoniti e di ulteriori battaglie contro i Filistei. Ma la novità è che il re “era stanco” (21, 15), non ne può più di ribellioni e conflitti e sente la fine avvicinarsi.
Ogni patriarca che muore termina la sua vicenda terrena con un inno di ringraziamento al Signore e Davide non si sottrae a questa usanza con il canto contenuto nel capitolo 22. Il tono è celebrativo e tutte le contraddizioni che la precedente narrazione ha evidenziato sono superate nella fiducia che il Signore è potente e non abbandona. Da notare l'anacronistico accenno al tempio del v. 7 (il tempio non era ancora stato costruito al tempo di Davide), i toni apocalittici dei vv. 8 e seguenti che contengono espressioni riprese dal libro dell'Apocalisse e, infine, affermazioni che appaiono presuntuose come quella sulla giustizia e innocenza del re al v. 21.
Ma non finisce qui: il capitolo 23 narra di una serie di imprese cruente di “prodi di Davide” e soprattutto il capitolo 24 parla di un censimento del popolo, che è l'espressione di volontà imperiale: volendo misurare la potenza del regno in termini numerici, Israele si pone in concorrenza con gli imperi terreni; il proposito del re viene adempiuto anche se già si insinua il dubbio (24, 3) che quel che conta non sia il numero, ma la fedeltà del popolo. Ma ancora una volta verifichiamo l'oscillazione tra la tentazione celebrativa e la consapevolezza profetica: Davide si accorge di aver sbagliato, si pente (24, 10) e vuole espiare il suo peccato con la costruzione di un altare. Da notare che la contraddizione viene fatta addirittura risalire a Dio che dapprima incita Davide a fare il censimento (24, 1) poi propone l'espiazione (24,12) ed infine perdona (24,25). Un finale misero per l'epopea di Davide.
La storia di Davide finisce però solamente all'inizio del primo libro dei re, che narra della sua vecchiaia (cap. 1, 1-3, ancora un esempio di come venivano strumentalizzate le donne nel palazzo reale) e poi ancora di una congiura, quella di Adonia, sventata dal profeta Natan e da Betsabea ed infine dell'ultima celebrazione di Davide, quella dell'incoronamento a re di Salomone, figlio di Betsabea. La vicenda di Davide si conclude in modo positivo : “Salomone sedette sul trono di Davide, suo padre, e il suo regno si consolidò molto” (I Re, 2, 12).
In conclusione si può osservare che anche sulla sua figura si alternano luci ed ombre e l'epica della monarchia di Israele si riduce ad un susseguirsi di contraddizioni e di intrighi: anche in Israele il potere si macchia degli stessi difetti delle altre monarchie e non si sottrae al virus della corruzione; il monito che il Signore ha dato al re di leggere le parole della legge “tutti i giorni della sua vita, per imparare a temere il Signore” (Deuteronomio, 17, 19) non è stato rispettato neanche dal migliore dei re. Il testo scritto alla fine del periodo esilico rispecchia una situazione di stanchezza e di incertezza che è espressa in modo forte dal profeta Ezechiele: la domanda che sorge è: ci sarà un futuro per Israele? Dio non si sarà stancato delle ribellioni del popolo? Ezechiele esprime in tempo di esilio questi dubbi nel famoso episodio delle ossa secche, ma alla fine rilancerà, contro l'indifferenza di molti, la promessa che il vento di Dio soffi ancora e le rianimi; pochi torneranno dall'esilio, molti rimarranno a Babilonia a curare i loro affari, ma alla minoranza che tornerà ad Israele spetterà il compito di ricostruire una storia nuova.
Nonostante tutte le debolezze e gli errori in cui cade anche Davide non si spegne la speranza che l'esercizio del potere non sia irrimediabilmente legato alla corruzione, ma sussista la possibilità dell' esercizio di un potere come servizio. Vi sono alcuni esempi nella storia e bisogna adoperarsi perchè questi esempi si espandano. Questa esortazione vale non solo per Israele, ma per tutti i popoli ed in tutti i tempi ed ovviamente anche per i cristiani, perché non c'è un popolo eletto, ma ciascun popolo ha una chiamata e deve assumersi la propria responsabilità.
Guido Allice