«DIVORZIO GAY. E ORA L'ABORTO. STA CAMBIANDO LA MIA IRLANDA»
L' aborto divide la società irlandese dal 1983, quando fu introdotto l'Ottavo emendamento alla Costituzione che equipara la vita del feto a quella della donna fin dal concepimento. Dobbiamo innanzitutto eliminare questa ingiustizia dalla Costituzione, poi la materia dovrà tornare nelle mani del legislatore». La scrittrice Catherine Dunne è stata una delle prime ad aderire alla campagna degli artisti irlandesi a favore dell'abrogazione di quell'emendamento, insieme a Edna O'Brien, Colm Tóibín, Joseph O'Connor e a centinaia di altri intellettuali.
Tre anni fa, grazie a una campagna estremamente efficace, prevalse il sì nel referendum per il matrimonio tra persone dello stesso sesso» ci spiega l'autrice di metà di niente, da poco in libreria con il romanzo Come cade la luce (Guanda): «Adesso abbiamo bisogno dello stesso impegno per emendare un deficit legislativo sull'aborto che contravviene anche alla carta dei Diritti Umani delle Nazioni Unite».
Il 25 maggio, dopo anni di tentennamenti e rinvii, si terrà un altro referendum indetto dal governo di Dublino, che stavolta chiederà ai cittadini se vogliono mantenere l'Ottavo emendamento oppure consentire al Dáil Éireann, la camera bassa del parlamento, di legiferare permettendo l'aborto entro la dodicesima settimana di gravidanza. L'Irlanda ha ancora una delle leggi più restrittive del mondo, che non consente l'interruzione di gravidanza neanche in caso di stupro o incesto, e prevede pene fino a 14 anni di carcere per le donne colpevoli di aborto illegale. La sensibilità di Catherine Dunne sull'argomento nasce anche da un'esperienza personale. Nel 1991 perse Eoin, il suo secondogenito appena nato, a causa di un distacco della placenta. Riuscì a superare quel trauma solo grazie al potere terapeutico della scrittura e all'aiuto degli amici. «Circa cinquemila donne lasciano l'Irlanda ogni anno per cercare un aborto sicuro e legale lontano da casa, in particolare nel Regno Unito. Ma i cambiamenti di paradigma culturale sono possibili. Una trentina d'anni fa il divorzio era impensabile e fino a poco tempo fa lo stesso concetto di matrimonio gay era incomprensibile. Spero che a breve anche la visione cattolica sull'aborto, finora sostenuta dallo Stato irlandese, possa cambiare». Una prima apertura c'è già stata nel 2013, con una legge che consente l'aborto se la gravidanza mette a rischio la vita della donna, e di recente il premier Leo Varadkar, del partito di centrodestra Fine Gael, ha affermato che non è più possibile continuare a esportare il problema all'estero, dal momento che in Irlanda «l'aborto esiste ma è pericoloso, non regolato e illegale». Secondo i sondaggi più recenti circa il 56 per cento degli elettori risulta a favore dell'abrogazione dell'Ottavo emendamento, ma i principali partiti irlandesi sono ancora fortemente divisi sul tema, mentre i cattolici tradizionalisti sono decisi a difendere l'ultimo argine contro la definitiva secolarizzazione del Paese. «Sono ottimista» conclude Dunne, «ma anche molto cauta, perché l'elettorato delle città è assai distante da quello delle aree rurali».
Riccardo Michelucci
(Il Venerdì 27 aprile)
L' aborto divide la società irlandese dal 1983, quando fu introdotto l'Ottavo emendamento alla Costituzione che equipara la vita del feto a quella della donna fin dal concepimento. Dobbiamo innanzitutto eliminare questa ingiustizia dalla Costituzione, poi la materia dovrà tornare nelle mani del legislatore». La scrittrice Catherine Dunne è stata una delle prime ad aderire alla campagna degli artisti irlandesi a favore dell'abrogazione di quell'emendamento, insieme a Edna O'Brien, Colm Tóibín, Joseph O'Connor e a centinaia di altri intellettuali.
Tre anni fa, grazie a una campagna estremamente efficace, prevalse il sì nel referendum per il matrimonio tra persone dello stesso sesso» ci spiega l'autrice di metà di niente, da poco in libreria con il romanzo Come cade la luce (Guanda): «Adesso abbiamo bisogno dello stesso impegno per emendare un deficit legislativo sull'aborto che contravviene anche alla carta dei Diritti Umani delle Nazioni Unite».
Il 25 maggio, dopo anni di tentennamenti e rinvii, si terrà un altro referendum indetto dal governo di Dublino, che stavolta chiederà ai cittadini se vogliono mantenere l'Ottavo emendamento oppure consentire al Dáil Éireann, la camera bassa del parlamento, di legiferare permettendo l'aborto entro la dodicesima settimana di gravidanza. L'Irlanda ha ancora una delle leggi più restrittive del mondo, che non consente l'interruzione di gravidanza neanche in caso di stupro o incesto, e prevede pene fino a 14 anni di carcere per le donne colpevoli di aborto illegale. La sensibilità di Catherine Dunne sull'argomento nasce anche da un'esperienza personale. Nel 1991 perse Eoin, il suo secondogenito appena nato, a causa di un distacco della placenta. Riuscì a superare quel trauma solo grazie al potere terapeutico della scrittura e all'aiuto degli amici. «Circa cinquemila donne lasciano l'Irlanda ogni anno per cercare un aborto sicuro e legale lontano da casa, in particolare nel Regno Unito. Ma i cambiamenti di paradigma culturale sono possibili. Una trentina d'anni fa il divorzio era impensabile e fino a poco tempo fa lo stesso concetto di matrimonio gay era incomprensibile. Spero che a breve anche la visione cattolica sull'aborto, finora sostenuta dallo Stato irlandese, possa cambiare». Una prima apertura c'è già stata nel 2013, con una legge che consente l'aborto se la gravidanza mette a rischio la vita della donna, e di recente il premier Leo Varadkar, del partito di centrodestra Fine Gael, ha affermato che non è più possibile continuare a esportare il problema all'estero, dal momento che in Irlanda «l'aborto esiste ma è pericoloso, non regolato e illegale». Secondo i sondaggi più recenti circa il 56 per cento degli elettori risulta a favore dell'abrogazione dell'Ottavo emendamento, ma i principali partiti irlandesi sono ancora fortemente divisi sul tema, mentre i cattolici tradizionalisti sono decisi a difendere l'ultimo argine contro la definitiva secolarizzazione del Paese. «Sono ottimista» conclude Dunne, «ma anche molto cauta, perché l'elettorato delle città è assai distante da quello delle aree rurali».
Riccardo Michelucci
(Il Venerdì 27 aprile)