lunedì 14 maggio 2018

LA PELLE COLOR CIOCCOLATO

Il mondo era ancora giovane, allora, appena creato. E gli uomini non lo abitavano ancora. Ogni giorno Magbabaya, il dio della vita, guardava giù sulla terra dalla sua casa nel cielo. "Oh, come la terra appare solitaria!", esclamava il dio. "Così grande e così deserta!". Un giorno il dio della vita ebbe un'idea luminosa: "Debbo creare della gente che viva sulla terra". Il dio Magbabaya partì dalla sua casa nel cielo e scese sulla terra. Qui giunto prese un pugno di argilla e lo mescolò con dell'acqua. Con quella creta modellò degli esseri umani. Poi li espose al sole perché si seccassero. Il dio tornò a casa sua e trascorse tutta la giornata cacciando nelle foreste del cielo. A sera, rientrando con la cacciagione, il dio Magbabaya si ricordò ad un tratto degli uomini lasciati ad asciugare al sole. Ritornò quindi sulla terra il più presto che poté. Ma scoprì che i pezzi di terra erano rimasti troppo a lungo al sole ed erano diventati neri come il carbone. Il dio della vita scosse la testa: "Debbo provare un'altra volta", si disse, "ma questa volta starò più attento e non li lascerò troppo a lungo al sole". Il mattino seguente Magbabaya si mise di nuovo al lavoro e modellò altre statue di uomini e donne. Poi li mise al sole. Questa volta però fece attenzione perché non vi rimanessero troppo a lungo. Ma anche questa volta il dio della vita non fu troppo soddisfatto della sua opera: infatti le statuine non erano abbastanza cotte ed erano rimaste piuttosto pallide. "Domani", si disse il dio, "modellerò altre statue, e starò attento che arrivino al giusto punto di cottura prima di toglierle dal sole". Il giorno seguente ancora una volta il dio mescolò terra e acqua, lavorò la mota e ne trasse esseri umani. Poi con molta cautela li espose al sole. Di tanto in tanto Magbabaya girava un poco le statue in modo che prendessero in ogni punto un leggero color bronzo. Quando gli sembrò che il sole si stesse facendo troppo ardente, il dio Magbabaya coprì le statue con delle foglie e le mise all'ombra. La brezza le andava asciugando lentamente. Quando il lavoro fu terminato, il dio guardò la sua opera e se ne compiacque. Le statue avevano preso un bel colore bronzeo-aureo, e apparivano bellissime. "Sono perfette!", esclamò con orgoglio il dio. Alla fine Magbabaya raccolse tutte le statue modellate dalle sue mani, soffiò in loro la vita e le sparse nelle varie regioni della terra. Ecco perché oggi nel mondo ci sono bianchi, neri e bruni. E fra tutti i popoli della terra i Filippini sono orgogliosi nel mostrare la loro pelle color del bronzo.

(ETTORE FASOLINI, Il gigante della foresta e altre favole del sud est asiatico, Edizioni E.M.I.)