OMOSESSUALITA’
NEL MONDO ANTICO
Nel mondo
antico, specie greco-romano, l’omosessualità era intesa in una
doppia accezione, per cui non era discriminata a priori. Gli antichi
sapevano bene che esisteva ed era diffusa e, forse complice anche
l’assenza di tutto l’apparato filosofico e dottrinale che è
stato creato in seguito, era considerata parte della vita e
funzionale ad alcune esigenze delle persone.
Nella Grecia
antica, ad esempio, era una consuetudine consolidata che gli uomini
aristocratici intrattenessero relazioni omosessuali in alcune fasi
della loro vita. Tali relazioni avevano anche una funzione educativa,
in quanto la coppia era costituita da un individuo adulto ed uno più
giovane che, così, acquisiva insegnamenti fondamentali per la sua
vita. Inoltre, tali unioni erano anche sinonimo di prestigio. Per il
giovane aristocratico, quindi, tale relazione era precedente al
matrimonio e costituiva quasi una sorta di iniziazione alla vita
adulta. Il matrimonio era, però, sempre previsto nella vita di
ognuno, indipendentemente dall’orientamento sessuale, poiché
funzionale alla vita e alla perpetuazione della famiglia e della
società.
Moltissimi
poeti greci hanno dedicato componimenti poetici a giovani uomini, al
punto che è nato un genere letterario apposito, esportato poi anche
nel mondo romano. Il poeta latino Catullo, famoso per aver decantato
in cento e più modi il suo amore per una donna, scriveva anche
componimenti per ragazzi con la stessa naturale disinvoltura e
trasporto.
Nel mondo
greco esisteva, poi, un famoso esercito, il battaglione sacro di
Tebe, costituito da coppie omosessuali (maschili). Nello stesso
esercito spartano, noto per la sua abilità in battaglia,
l’omosessualità era una pratica frequente e accettata,
indipendentemente dal fatto che i guerrieri fossero per lo più
sposati.
Platone,
filosofo ateniese, racconta di come Socrate avesse rapporti con i
suoi discepoli, nell’ambito di quella che era una relazione
educativa profonda tra maestro e allievo. Inoltre, il filosofo
sosteneva addirittura che l’amore omosessuale fosse quello più
vero, perché fondato su una scelta di amore reciproco e duraturo e
non su altri fini, ad esempio la riproduzione.
Le relazioni
eterosessuali, infatti, erano considerate necessarie alla società e
per questo sempre previste per ognuno; l’omosessualità, invece,
rappresentava in qualche modo l’ambito della libera scelta e
dell’amore non utilitaristico. Inoltre, gli uomini condividevano
molto più fra loro le scelte di vita che non con le proprie mogli.
Naturalmente
esisteva anche il rovescio della medaglia: l’omosessualità,
infatti, non era considerata “alla portata” di tutti e, nel caso
in cui fosse praticata da uomini non aristocratici, magari anche in
alternativa al matrimonio, era considerata disdicevole e chi la
praticava era stigmatizzato come effeminato.
In un mondo
di uomini, l’omosessualità femminile era quasi assente. Ma non del
tutto. Infatti, bisogna ricordare la poetessa di Lesbo, Saffo, che,
pur essendo sposata e avendo una figlia, si occupava di educazione
femminile al matrimonio e dedicava i propri componimenti poetici alle
donne, spesso mettendo in rilievo come il matrimonio fosse
un’imposizione crudele e destabilizzante per le fanciulle. La
poetessa era molto conosciuta e stimata nell’antichità, al punto
che era considerata fra i maggiori poeti del mondo antico insieme ad
Omero e molti altri.