UN
CAMMINO CONTRO CORRENTE
Giovanni 6, 51 – 58
51Io
sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane
vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita
del mondo».
52Allora
i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può
costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù
disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la
carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in
voi la vita. 54Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo
risusciterò nell'ultimo giorno. 55Perché
la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in
lui. 57Come
il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così
anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo
è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i
padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Un
percorso storico
Dietro
questo testo ridondante, ripetitivo e solenne abbiamo scorso
l’avvicinarsi e lo svolgersi, non a caso, di una rottura interna
alla comunità giovannea. La polemica dell’autore-redattore, come
ho evidenziato nei commenti delle settimane scorse, è chiaramente
rivolta a dimostrare che il pane di Gesù è superiore al pane dei
“padri vostri”.
Il legame
con la tradizione ebraica è messo sotto questione e sembra che
Giovanni legga Gesù come il compimento-superamento dell’ebraismo.
È su questo falso storico, mai pensato ed espresso da Gesù di
Nazaret, che in seguito avverrà la rottura e la separazione.
Per lunghi
decenni, anche dopo la redazione del Vangelo di Giovanni, parecchie
comunità vissero questo travaglio che trovò definitiva e sciagurata
decisione nel 325 a Nicea. Da allora ebraismo e cristianismo
divennero anche ufficialmente due strade diverse, due religioni in
conflitto. Così Gesù diventò Dio e ci vollero secoli a ritrovare
le vie del dialogo.
Questo testo
giovanneo è già interno a quel processo di iconizzazione che nei
secoli successivi solleverà Maria di Nazareth dalla povera galilea
per insediarla tra le costellazioni celesti come madre di Dio, in
sostituzione della detronizzata di Diana degli efesini.
Un testo
simbolico
Aldilà del
contesto polemico, questo brano veicola un messaggio prezioso. Esso
viene spesso letto ancora oggi, anche nella festa del Corpus Domini,
come se fosse scontato che esso parli espressamente dell’Eucaristia.
Anche se l’ultima redazione del Vangelo lascia intravedere alle
spalle una comunità che celebra la cena del Signore, il senso
primario di questa pagina è ben più profondo.
Occhio alle
traduzioni! Il versetto 57 recita testualmente: “come il Padre che
è il Vivente, ha inviato me e io vivo mediante il Padre, così colui
che mangia me vivrà anche egli mediante me”.
Mangiare
Gesù, nel linguaggio simbolico di Giovanni non è un fatto di
masticazione, ma di accoglienza di Gesù nella nostra vita. Significa
diventare consapevoli che Dio ci nutre mediante la testimonianza e il
messaggio di Gesù.
Egli è per
noi il pane, il nutrimento, la manna del nostro cammino.
L’esegeta
cattolico Lèon-Dufour scrive: “queste parole vengono spesso
utilizzate per affermare il realismo della presenza eucaristica. Per
l’evangelista non si tratta affatto della realtà fisica ‘carne e
sangue’, ma del figlio dell’uomo che bisogna ‘mangiare’ cioè
accogliere nella fede, come viene detto nel versetto 57. Invece di
insistere su carne e sangue, come se ciò contribuisse a valorizzare
la ‘presenza reale’, bisognerebbe entrare più profondamente
nella simbolica giovannea del nutrimento. La ‘presenza reale’ è
essenzialmente l’incontro reale del credente con il suo Signore”
(Giovanni, Ed Paoline, pag. 249).
Ben altra
cosa dal dogma cattolico della presenza reale.
Una
proposta tutta controcorrente
E qui la
pagina diventa proposta e sfida. Infatti posso leggere le scritture,
partecipare ai sacramenti, essere un assiduo frequentatore della
chiesa e, in realtà, non aver mai accolto in me il messaggio di
Gesù.
Il rischio
esiste per ognuno di noi. Se il messaggio e la pratica di vita di
Gesù non dimorano in noi, possiamo confondere la fede con il
ritualismo. Il problema della vita cristiana è proprio qui:
accogliere dentro di noi, come cibo che ci fa vivere e credere, la
proposta del nazareno. La chiesa diventa un ente estraneo al Vangelo
se non si mette al servizio del messaggio biblico. Essa troppe volte
vive di se stessa anziché del Vangelo.
Il compito
della comunità cristiana sta proprio in questo darci reciprocamente
testimonianza della strada di Gesù. Senza stancarci di dire
apertamente con la vita e con le parole il nostro grazie a Dio che ci
ha donato nell’uomo Gesù il pane che nutre le nostre esistenze.
E oggi,
nutrirci di Gesù, della sua testimonianza di vita e del suo
messaggio, comporta la proposta di un cammino controcorrente, nella
gioia del senso e della speranza.
Le proposte
che sollecitano le nostre esistenze quotidiane vanno in ben altra
direzione. Solo se riponiamo nel nostro cuore il messaggio di Gesù,
non cediamo al fascino dei tanti idoli e non cadiamo
nell’indifferenza.
Vita eterna,
nel Vangelo, significa prima di tutto una vita vera, che cerca un
senso, che si fonda su realtà ed orizzonti che non tramontano:
quelli di Gesù.