mercoledì 15 agosto 2018

COMMENTO AL TESTO EVANGELICO DI DOMENICA 19 AGOSTO

UN CAMMINO CONTRO CORRENTE
Giovanni 6, 51 – 58
51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Un percorso storico
Dietro questo testo ridondante, ripetitivo e solenne abbiamo scorso l’avvicinarsi e lo svolgersi, non a caso, di una rottura interna alla comunità giovannea. La polemica dell’autore-redattore, come ho evidenziato nei commenti delle settimane scorse, è chiaramente rivolta a dimostrare che il pane di Gesù è superiore al pane dei “padri vostri”.
Il legame con la tradizione ebraica è messo sotto questione e sembra che Giovanni legga Gesù come il compimento-superamento dell’ebraismo. È su questo falso storico, mai pensato ed espresso da Gesù di Nazaret, che in seguito avverrà la rottura e la separazione.
Per lunghi decenni, anche dopo la redazione del Vangelo di Giovanni, parecchie comunità vissero questo travaglio che trovò definitiva e sciagurata decisione nel 325 a Nicea. Da allora ebraismo e cristianismo divennero anche ufficialmente due strade diverse, due religioni in conflitto. Così Gesù diventò Dio e ci vollero secoli a ritrovare le vie del dialogo.
Questo testo giovanneo è già interno a quel processo di iconizzazione che nei secoli successivi solleverà Maria di Nazareth dalla povera galilea per insediarla tra le costellazioni celesti come madre di Dio, in sostituzione della detronizzata di Diana degli efesini.

Un testo simbolico
Aldilà del contesto polemico, questo brano veicola un messaggio prezioso. Esso viene spesso letto ancora oggi, anche nella festa del Corpus Domini, come se fosse scontato che esso parli espressamente dell’Eucaristia. Anche se l’ultima redazione del Vangelo lascia intravedere alle spalle una comunità che celebra la cena del Signore, il senso primario di questa pagina è ben più profondo. 
Occhio alle traduzioni! Il versetto 57 recita testualmente: “come il Padre che è il Vivente, ha inviato me e io vivo mediante il Padre, così colui che mangia me vivrà anche egli mediante me”.
Mangiare Gesù, nel linguaggio simbolico di Giovanni non è un fatto di masticazione, ma di accoglienza di Gesù nella nostra vita. Significa diventare consapevoli che Dio ci nutre mediante la testimonianza e il messaggio di Gesù.
Egli è per noi il pane, il nutrimento, la manna del nostro cammino. 
L’esegeta cattolico Lèon-Dufour scrive: “queste parole vengono spesso utilizzate per affermare il realismo della presenza eucaristica. Per l’evangelista non si tratta affatto della realtà fisica ‘carne e sangue’, ma del figlio dell’uomo che bisogna ‘mangiare’ cioè accogliere nella fede, come viene detto nel versetto 57. Invece di insistere su carne e sangue, come se ciò contribuisse a valorizzare la ‘presenza reale’, bisognerebbe entrare più profondamente nella simbolica giovannea del nutrimento. La ‘presenza reale’ è essenzialmente l’incontro reale del credente con il suo Signore” (Giovanni, Ed Paoline, pag. 249).
Ben altra cosa dal dogma cattolico della presenza reale.

Una proposta tutta controcorrente
E qui la pagina diventa proposta e sfida. Infatti posso leggere le scritture, partecipare ai sacramenti, essere un assiduo frequentatore della chiesa e, in realtà, non aver mai accolto in me il messaggio di Gesù.
Il rischio esiste per ognuno di noi. Se il messaggio e la pratica di vita di Gesù non dimorano in noi, possiamo confondere la fede con il ritualismo. Il problema della vita cristiana è proprio qui: accogliere dentro di noi, come cibo che ci fa vivere e credere, la proposta del nazareno. La chiesa diventa un ente estraneo al Vangelo se non si mette al servizio del messaggio biblico. Essa troppe volte vive di se stessa anziché del Vangelo.
Il compito della comunità cristiana sta proprio in questo darci reciprocamente testimonianza della strada di Gesù. Senza stancarci di dire apertamente con la vita e con le parole il nostro grazie a Dio che ci ha donato nell’uomo Gesù il pane che nutre le nostre esistenze.
E oggi, nutrirci di Gesù, della sua testimonianza di vita e del suo messaggio, comporta la proposta di un cammino controcorrente, nella gioia del senso e della speranza.
Le proposte che sollecitano le nostre esistenze quotidiane vanno in ben altra direzione. Solo se riponiamo nel nostro cuore il messaggio di Gesù, non cediamo al fascino dei tanti idoli e non cadiamo nell’indifferenza.
Vita eterna, nel Vangelo, significa prima di tutto una vita vera, che cerca un senso, che si fonda su realtà ed orizzonti che non tramontano: quelli di Gesù.