Ite missa non est
Andate le messe sono finite
(Beppe Manni Gazzetta di Modena 29 VII 18)
Andate le messe sono finite
(Beppe Manni Gazzetta di Modena 29 VII 18)
A Sassatella una frazione di Frassinoro, un gruppo di giovani ha organizzato la sagra della Madonna paesana con processione. Dopo 50 anni. È un segno del futuro delle piccole parrocchie. Mancano i preti. Le parrocchie della diocesi di Modena sono 243 e 150 i preti in forza disponibili su 210 tra diocesani, religiosi (frati) e stranieri. Ogni parrocchia vorrebbe la messa. Ma non è più possibile. Il documento del vescovo del settembre 2017, propone una riorganizzazione delle zone pastorali sopprimendo e accorpando parrocchie del centro storico e della montagna. Ha suscitato reazioni tra i parrocchiani-cittadini anche non frequentatori. Un conto è accorpare diverse chiese in unità pastorali per coordinare gli interventi religiosi su territori omogenei, altro è cancellare parrocchie o messe domenicali, quando il paese non è ancora abitato.
Nel piccolo paese di montagna sono stati soppressi e "delocalizzati" scuola, poste, carabinieri, farmacia, spesso anche i negozi, che hanno portato ad un ulteriore spopolamento dei centri abitati. La chiesa-parrocchia è l'ultimo presidio, segno di identità sociale-religiosa di una comunità.
La risposta non è la frettolosa apparizione di un prete la domenica o chiedere ai cittadini di spostarsi in auto per andare in un paese vicino. La comunità per sopravvivere necessita di altre risposte. I paesani desiderano mantenere una realtà costruita nei secoli, fatta di parentele, relazioni e impegni comuni. Ne è prova la grandissima partecipazione alle sagre paesane dei pochi residenti rimasti e dei molti "emigrati" in pianura che ritornano in queste occasioni.
Non risponde a queste esigenze nemmeno la buona volontà di un diacono o di un gruppo di signore che presidiano i locali della chiesa e organizzano il catechismo.
Sono forse necessarie altre risposte sia civili e politiche che religiose. Come riabitare la collina creando posti di lavoro nell'agricoltura e nel turismo ecc. E nel contempo inventare una nuova figura di parroco.
Al vescovo deve importare non solo l'adempimento del precetto festivo ma la sopravvivenza e la buona vita della comunità. Anche piccola.
Non ci sono preti. Non è vero che mancano le vocazioni? Non è servita l'immissione di preti importati dall'estero. Li facciamo noi con nuove modalità che non siano quelle tradizionali, come è stato fatto in altri tempi della storia. Uomini e donne celibi o sposati conosciuti e stimati nel paese, preparati teologicamente, potrebbero oggi presiedere l'eucarestia domenicale: curare la catechesi, la visita ai malati e ai vecchi, organizzare gli incontri. Autonomi anche giuridicamente. L'unico riferimento sarà il vescovo e il coordinamento della a zona pastorale. Come è stato fatto in altri tempi della storia. San Paolo nel I secolo, detta i criteri per scegliere il prete di una comunità: "Sia irreprensibile, marito di una sola donna, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia guidare bene la propria famiglia e abbia figli rispettosi…che egli goda buona stima presso quelli che sono fuori della comunità". (Prima lettera a Tito, 1,5-9 )
Ci sono resistenze tra una minoranza di anziani e "tradizionalisti" ma forse anche la paura del clero di perdere un potere che comunque si è molto ridotto. Potranno coesistere le due forme: un clero celibe e un clero sposato. L'immissione di pastori laici porterebbe a un rinnovamento straordinario. "Venite dunque la messa e ri-cominciata".