sabato 22 settembre 2018

UN SACRO FANTOCCIO


Paolo VI nel 1971 definì padre Pio ”il rappresentante stampato di nostro Signore Gesù Cristo“. Giovanni Paolo II lo definì ”il san Francesco del secondo millennio“.
Tra ”santi“ collaborano vergognosamente a ”incoronarsi“ santi.
E’ abbastanza indigeribile che abbiano fatto santo uno come papa Woytila, ma ora nella chiesa cattolica un papa si assicura di essere santificato se ”santifica“ uno o due suoi predecessori. Così funziona l’azienda vaticana delle santificazioni.
Un ”santo“ attira gente, ma si possono almeno sollevare due domande? Non sarebbe bene chiudere in vaticano e nelle varie sedi preparatorie ”la fabbrica dei santi“ cioè la congregazione che lavora a pieno tempo per certificare le ”grazie ricevute“ e i ”miracoli “?
Molti ecclesiastici e laici lavorano a questo scopo ed esiste tutta una lunga gradinata prima di arrivare alla proclamazione-santificazione: venerabile servo di Dio, beato, santo. Il tutto si fa con tanto di addetti, scelti e pagati, per ”fabbricare“ il santo… E poi chi è ”santo subito“ e chi arriva dopo 50 o 150 anni… o chi, come spesso avviene ora, viene ”santificato“ in un gruppo come martiri o confessori della fede.
Anche qui tutto funziona a suon di dollari perché la ”causa“ va finanziata.
Ma mi preme ancora di più un’altra domanda: è evangelico dividere il popolo di Dio tra gente comune e specialisti della virtù? Credo che questa operazione (santo/a spesso è chi porta onore all’istituzione o viene da essa recuperato/a dopo la sua morte) è una discriminazione antievangelica. 
Siamo sempre e tutti/e semplici uomini e donne, con i nostri pregi e i nostri difetti. Semmai può essere utile e stimolante per una comunità di fede ricordare i testimoni fedeli, senza mai farne dei santi. Così siamo davanti a Dio, in questa uguaglianza di figli e figlie che contraddice lo statuto di superuomini della virtù. Non camminiamo verso la ”santificazione“, ma verso la nostra conversione.

Franco Barbero