Il professore
Antonio e la casa in campagna aperta a sei profughi
TREVISO. In una provincia che sembra aver imboccato la strada della chiusura e dei sentimenti più foschi, Antonio Silvio Calò ha scelto un orizzonte pieno di colori. Docente di storia e filosofia al liceo Classico Canova di Treviso, 57 anni, ormai da tre anni vive in casa con sei profughi provenienti da Nigeria e Gambia. Nel Veneto del vento leghista, dove il più delle volte la risposta all'accoglienza sono le barricate, il professore trevigiano ha deciso di mettere a disposizione la sua casa nella campagna di Povegliano. Tutto ha inizio a giugno 2015, quando Calò si presenta in Prefettura e spalanca le porte della sua abitazione. «Per una settimana, se è un'emergenza. Ma se sono persone che vogliono vivere e inserirsi qui, le ospito anche sei mesi, un anno. Ho quattro figli, ma tre sono già grandi e sono fuori casa. Le loro camere sono disponibili», ha ripetuto ai funzionari che lo ascoltavano increduli. Così nel giro di qualche settimana sono arrivati i sei ragazzi africani, tutti trai 20 e i 30 anni. Per poter accudirli ha assunto una donna trevigiana disoccupata, che paga con il contributo governativo. Calò, ancora oggi, vive con la moglie, il minore dei quattro figli e i sei migranti "adottati".
Enrico Ferro
(la Repubblica 9 ottobre)
Antonio e la casa in campagna aperta a sei profughi
TREVISO. In una provincia che sembra aver imboccato la strada della chiusura e dei sentimenti più foschi, Antonio Silvio Calò ha scelto un orizzonte pieno di colori. Docente di storia e filosofia al liceo Classico Canova di Treviso, 57 anni, ormai da tre anni vive in casa con sei profughi provenienti da Nigeria e Gambia. Nel Veneto del vento leghista, dove il più delle volte la risposta all'accoglienza sono le barricate, il professore trevigiano ha deciso di mettere a disposizione la sua casa nella campagna di Povegliano. Tutto ha inizio a giugno 2015, quando Calò si presenta in Prefettura e spalanca le porte della sua abitazione. «Per una settimana, se è un'emergenza. Ma se sono persone che vogliono vivere e inserirsi qui, le ospito anche sei mesi, un anno. Ho quattro figli, ma tre sono già grandi e sono fuori casa. Le loro camere sono disponibili», ha ripetuto ai funzionari che lo ascoltavano increduli. Così nel giro di qualche settimana sono arrivati i sei ragazzi africani, tutti trai 20 e i 30 anni. Per poter accudirli ha assunto una donna trevigiana disoccupata, che paga con il contributo governativo. Calò, ancora oggi, vive con la moglie, il minore dei quattro figli e i sei migranti "adottati".
Enrico Ferro
(la Repubblica 9 ottobre)