Le parole per dirlo
"Un posto dove sentirsi al sicuro"
(P. Mastrocola)
"Un posto dove sentirsi al sicuro"
(P. Mastrocola)
Oggi, dopo parecchio tempo, mi sono regalato una sera libera. È sabato. Sono rimasto a casa a leggere l'ultimo romanzo di P. Mastrocola "Leone". Chiudo il libro e prima di andare a letto lascio calare in me questo racconto. Mi fa pensare. Parla di una giovane mamma con un figlio di sei anni, di nome Leone. Un giorno questa mamma, non credente, scopre che Leone prega. Ne viene sconvolta. Non si dà pace. Soprattutto si vergogna. Ecco, proprio questo mi ha colpito si vergogna di avere un figlio che prega, ha paura che qualcuno si accorga di questo suo grave handicap. Ad un certo punto dice: "Quel peso del figlio che prega non era giusto che lo sentisse solo lei". La preghiera vista come una malattia rara, una cosa d`altri tempi e dunque fuori posto oggi. In questo modo l'autrice ci offre una bella fotografia della fede: una specie di malattia, una cosa fuori dal tempo. Per me credente questo racconto è una splendida occasione per aprire gli occhi. Chi è oggi un credente? Un essere "strano", fuori posto, fuori tempo? La fede è davvero una malattia rara da cui difendersi? Dio è definitivamente tramontato? Queste domande mi inquietano. Dov'è finito il desiderio di infinito? Dov`è finita la "sana inquietudine del cuore"? Dov'è finita la bella notizia del Vangelo? Quel volto affascinante di un Dio "che si fa a pezzi per noi"? Quel volto affascinante di un Dio che ci spalanca il tempo e ci fa sognare? È davvero scomparso tutto questo? Mi torna alla mente M. Recalcati, Psicanalista, non credente, in un suo libro si chiede se sia giusto, come non credente, insegnare ai figli a pregare. E risponde: "Ho deciso, con il consenso di mia moglie, di insegnare ai miei figli che è ancora possibile pregare perché la preghiera preserva il luogo dell'Altro come irriducibile a quello dell'io... La preghiera intende rispettare il mistero di quello che semplicemente esiste". Che bello! Pregare per essere ancora capaci di "fare spazio" a qualcuno, di lasciar emergere il Mistero delle cose. Pregare per continuare a cercare "altro" e non ridurre tutto a ciò che si vede e si tocca. Pregare per rimanere aperti al futuro, aperti alle grandi domande, aperti alle domande che non hanno risposta. Pregare per cercare una Presenza. Pregare per trovare "un posto dove sentirsi al sicuro". L'autrice ci presenta, ad un certo punto, alcune persone che riscoprono la preghiera e le descrive cosi: "Era come se non si aspettassero nulla da quel loro pregare. Pregavano, e in quel pregare stesso trovavano la loro pace... Era bello ritrovarsi dentro quelle parole che non credevano più di possedere, bello farle affiorare da un passato che si chiamava infanzia". Forse dobbiamo ripartire da qui. Ritagliarci momenti gratuiti per fare spazio in noi. Affinché la fretta e le preoccupazioni non ci schiaccino. Momenti per aprire uno squarcio. Ecco, proprio questo è l'inizio della fede.
Derio Olivero, vescovo di Pinerolo
(L'Eco del Chisone 6 febbraio)