giovedì 21 febbraio 2019

UN GESU' SEMPRE DA SCOPRIRE

Le riflessioni che qui propongo vogliono esprimere prima di tutto l'amore crescente che lega la mia vita alla persona e al messaggio di Gesù di Nazareth. 
Nello stesso tempo, con queste righe, desidero accennare al "processo" che il mio cammino di fede, sulla scorta di tanti studi affrontati negli ultimi cinquant'anni, ha compiuto rispetto alla comprensione di Gesù e dell'opera che Dio ha realizzato in lui. Anche un teologo tutt'altro che rivoluzionario come N.T. Wright scrive che "se vuole essere autenticamente Chiesa, ogni generazione deve misurarsi da capo con le sue radici bibliche" (Gesù di Nazareth, Claudiana., Torino 2003, pag. 24). Lo stesso autore riconosce che quando, dopo vent'anni di seri studi su Gesù storico, pronuncia credi cristiani "ora intende qualcosa di molto diverso con essi  ( ivi pag. 116). 
La parte vitale del compito cristologico contemporaneo consiste "nell'imparare a parlare autenticamente del Gesù terreno e del suo senso di vocazione; dobbiamo imparare a parlare biblicamente alla luce di questo Gesù, dell'identità dell'unico vero Dio" (pag. 115). 
Oggi mi sembra urgente "imparare altri linguaggi" e fare uscire Gesù dalla nebulosa di una dogmatica diventata astratta. 
Mentre la tradizione parla molte lingue e le teologie esprimono una  straordinaria pluralità di accenti, il potere ecclesiastico ha espresso nel Catechismo della Chiesa cattolica una riduzione di Gesù alle dogmatizzazioni  che si sono affermate da Nicea  a Calcedonia. Ma esse "frappongono un ulteriore cortina, sempre più spessa, tra Gesù e le successive generazioni dei credenti. Esse sono il grande permanente ostacolo all'incontro con il Gesù della storia" (Ortensio da Spinetoli). Così ci troviamo non solo davanti al "naufragio della ortoprassi" ( Josè M. Diez Alegria) ma anche imprigionati nell'assolutismo dogmatico. Secondo certi guardiani del sacro e custodi dell'ortodossia la chiesa da comunità interpretante deve diventare comunità obbediente. 

Franco Barbero