lunedì 11 marzo 2019

UN AIUTO PER RICORDARE

Corso biblico. Torino del 1 marzo 2019.
Le parabole evangeliche
(Appunti presi durante la conferenza di don Franco Barbero).

In Matteo 13, 44-46 si trovano le brevi parabole del tesoro nascosto e del mercante di perle, animate da una serie di verbi di attività (trovare, andare, vendere, comprare). Il Weber evidenzia come il protagonista della prima parabola sia lo stesso tesoro, che è nascosto, ed il suo ritrovamento è un incontro che cambia la vita. Per comperare la perla preziosa il mercante vende tutti i suoi averi; in entrambi i casi si tratta di una svolta radicale: era probabilmente un messaggio ad una comunità che considerava sublime il messaggio di Gesù, ma non aveva cambiato la vita. Il Mello sottolinea la positività di questi insegnamenti: la scelta di vita che essi propongono non sono solo rinuncia, ma sono una fortuna straordinaria, che procura gioia. L' elemento della gioia, qui evidenziato al v. 44, è particolarmente presente nel Vangelo di Luca ed è per lo più assente nella predicazione nelle chiese oggi. Anche queste due parabole trovano un interessante parallelo nel Vangelo di Tommaso (loghia 76 e 109). Curtaz evidenzia come il messaggio sia tutto incentrato sulla prassi e richieda un cambiamento di stile di vita, mentre la dottrina fa perdere di vista il tesoro della conversione di vita. Nella sua semplicità le parabole vanno in profondo e interpellano anche noi oggi: quale è il tesoro che noi oggi possiamo trovare? Non si possono estrarre modelli, ciascuno deve trovare il proprio percorso di vita nella propria situazione personale. La gioia proviene dall'aver trovato il tesoro, non dall'affidarsi ad un insegnamento dottrinale. Non c'è gioia se la dottrina rimane astratta e non si traduce in vita.
Segue la parabola della rete (Matteo 13, 47-52), che ha una corrispondenza in Tommaso 8. Come evidenzia il Weber, nella comunità matteana doveva esserci una pretesa di anticipare il tempo della separazione dei buoni dai cattivi; ma, come nella parabola della zizzania, non appartiene a noi separare il bene dal male: questa è prerogativa di Dio. C'è invece la tentazione di costituire una comunità per eletti, tentazione che si manifesta nelle tendenze gnostiche, che trovano espressione nel Vangelo di Tommaso, dove il pescatore trattiene solo il pesce grosso e butta via tutti i pesci piccoli. Ci si dimentica che l'umanità è fatta di buoni e di cattivi, o, meglio, che il bene e il male è in ciascuno di noi. La conclusione è quella straordinaria espressione del padrone di casa che estrae dal suo tesoro “cose nuove e cose antiche” (v. 52). Le cose antiche sono le Scritture e la tradizione, che non vanno buttate a mare, ma non debbono neppure oscurare le novità, il nuovo insegnamento che viene da Gesù: bisogna conciliare le due tendenze del tradizionalismo e del rinnovamento. Sullo sfondo vi è l'immagine apocalittica della giustizia che verrà instaurata alla fine della storia, quando ci sarà il reddere actionem.
Infine leggiamo la parabola della pecora smarrita (Matteo 18, 12-14) che trova una corrispondenza in Luca 15, 4-7 (che parla di pecora perduta e mette l'accento (v. 7) sulla gioia del ritrovamento). Il tema riguarda chi nella comunità si smarrisce o si perde e il messaggio è che costui non va abbandonato. Come il pastore si prende cura della pecora smarrita finchè non la ritrova e gioisce per il ritrovamento, così anche noi dobbiamo avere cura del perduti. Il tema del buon pastore, riflesso di una economia pastorale, è ricorrente nella Bibbia, soprattutto nei profeti e nei salmi, dove troviamo anche i cattivi pastori, così come ci sono anche i falsi profeti. Dobbiamo aver cura di chi si smarrisce: tutti abbiamo momenti di smarrimento. Nel Vangelo di Tommaso (loghion 107) la pecora che si smarrisce è la più bella e al suo ritrovamento il pastore le dice: “Ti amo più delle altre novantanove”. Ma si tratta di un travisamento di sapore gnostico del messaggio; in Matteo il pastore ama tutte le sue pecore, non solo la più bella e non solo quella ritrovata.