Corso biblico. Torino
del 1 marzo 2019.
Le parabole evangeliche
(Appunti presi durante
la conferenza di don Franco Barbero).
In Matteo 13, 44-46 si
trovano le brevi parabole del tesoro nascosto e del mercante di
perle, animate da una serie di verbi di attività (trovare, andare,
vendere, comprare). Il Weber evidenzia come il protagonista della
prima parabola sia lo stesso tesoro, che è nascosto, ed il suo
ritrovamento è un incontro che cambia la vita. Per comperare la
perla preziosa il mercante vende tutti i suoi averi; in entrambi i
casi si tratta di una svolta radicale: era probabilmente un messaggio
ad una comunità che considerava sublime il messaggio di Gesù, ma
non aveva cambiato la vita. Il Mello sottolinea la positività di
questi insegnamenti: la scelta di vita che essi propongono non sono
solo rinuncia, ma sono una fortuna straordinaria, che procura gioia.
L' elemento della gioia, qui evidenziato al v. 44, è particolarmente
presente nel Vangelo di Luca ed è per lo più assente nella
predicazione nelle chiese oggi. Anche queste due parabole trovano un
interessante parallelo nel Vangelo di Tommaso (loghia 76 e 109).
Curtaz evidenzia come il messaggio sia tutto incentrato sulla prassi
e richieda un cambiamento di stile di vita, mentre la dottrina fa
perdere di vista il tesoro della conversione di vita. Nella sua
semplicità le parabole vanno in profondo e interpellano anche noi
oggi: quale è il tesoro che noi oggi possiamo trovare? Non si
possono estrarre modelli, ciascuno deve trovare il proprio percorso
di vita nella
propria situazione personale. La gioia
proviene dall'aver trovato il tesoro, non dall'affidarsi ad un
insegnamento dottrinale. Non c'è gioia se la dottrina rimane
astratta e non si traduce in vita.
Segue la parabola della
rete (Matteo 13, 47-52), che ha una corrispondenza in Tommaso 8. Come
evidenzia il Weber, nella comunità matteana doveva esserci una
pretesa di anticipare il tempo della separazione dei buoni dai
cattivi; ma, come nella parabola della zizzania, non appartiene a noi
separare il bene dal male: questa è prerogativa di Dio. C'è invece
la tentazione di costituire una comunità per eletti, tentazione che
si manifesta nelle tendenze gnostiche, che trovano espressione nel
Vangelo di Tommaso, dove il pescatore trattiene solo il pesce grosso
e butta via tutti i pesci piccoli. Ci si dimentica che l'umanità è
fatta di buoni e di cattivi, o, meglio, che il bene e il male è in
ciascuno di noi. La conclusione è quella straordinaria espressione
del padrone di casa che estrae dal suo tesoro “cose nuove e cose
antiche” (v. 52). Le cose antiche sono le Scritture e la
tradizione, che non vanno buttate a mare, ma non debbono neppure
oscurare le novità, il nuovo insegnamento che viene da Gesù:
bisogna conciliare le due tendenze del tradizionalismo e del
rinnovamento. Sullo sfondo vi è l'immagine apocalittica della
giustizia che verrà instaurata alla fine della storia, quando ci
sarà il reddere actionem.
Infine leggiamo la
parabola della pecora smarrita (Matteo 18, 12-14) che trova una
corrispondenza in Luca 15, 4-7 (che parla di pecora perduta e mette
l'accento (v. 7) sulla gioia del ritrovamento). Il tema riguarda chi
nella comunità si smarrisce o si perde e il messaggio è che costui
non va abbandonato. Come il pastore si prende cura della pecora
smarrita finchè non la ritrova e gioisce per il ritrovamento, così
anche noi dobbiamo avere cura del perduti. Il tema del buon pastore,
riflesso di una economia pastorale, è ricorrente nella Bibbia,
soprattutto nei profeti e nei salmi, dove troviamo anche i cattivi
pastori, così come ci sono anche i falsi profeti. Dobbiamo aver cura
di chi si smarrisce: tutti abbiamo momenti di smarrimento. Nel
Vangelo di Tommaso (loghion 107) la pecora che si smarrisce è la più
bella e al suo ritrovamento il pastore le dice: “Ti amo più delle
altre novantanove”. Ma si tratta di un travisamento di sapore
gnostico del messaggio; in Matteo il pastore ama tutte le sue pecore,
non solo la più bella e non solo quella ritrovata.