mercoledì 20 marzo 2019

COMMENTO AL VANGELO PER DOMENICA 24 MARZO

Un vignaiolo tenero e responsabilizzante
Luca 13,1-9
1In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. 2Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
6Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. 8Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. 9
Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Il Dio che non esiste

Non c'è un Dio che castiga i cattivi e premia i buoni
Sia pure nel linguaggio del suo tempo, Gesù prende una posizione netta rispetto all’idea che esistesse un rapporto di causalità tra colpa e disgrazia. Anche nella vicenda del cieco nato è evidente questa concezione. “Passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: “Rabbì , chi ha peccato, lui. o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?”. Rispose Gesù: “ Né lui ha peccato né i suoi genitori. Ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio” ( Giovanni 9, 1-).
Anche qui la smentita di Gesù colpisce alla radice questo pregiudizio, che purtroppo è tuttora molto presente. Le “disgrazie” non sono il castigo di Dio conseguente ad una colpa.
Siamo di fronte a due episodi traumatici, dei quali non è facile ricostruire i contorni storici precisi. L’uno sembra la cronaca di una “disgrazia “, un crollo che ha seppellito 18 persone. L’altra vicenda probabilmente si riferisce ad un massacro operato da Pilato. Potrebbe essersi trattato di uno scontro tra un gruppo di galilei legati agli zeloti, in lotta contro l'occupazione romana, conclusasi con la loro morte.
Per Gesù non si tratta di pensare ad un Dio che ha colpito e punito quelle persone perché erano dei peccatori più di altri. Si tratta piuttosto di riflettere dentro i fatti della vita, dentro gli enigmi e le contraddizioni dell’esistenza quotidiana, per cogliere la nostra fragilità di creature e soprattutto per capire che tutti/e, senza eccezione, abbiamo bisogno di convertirci.
Gesù cerca di sradicare l'idea di un Dio che colpisce e manda disgrazie per cui i fatti di cronaca vengono letti come causati da una supposta giustizia di Dio: "Questa concezione è stata così influente che molte persone hanno ritenuto che la loro mancanza di successo o l'esperienza del fallimento fossero una punizione divina. L'osservazione normale che talvolta il malvagio prospera e il giusto soffre avrebbe dovuto mandare all'aria gli antichi dogmi e luoghi comuni" ( Fred B. Craddock).
Possiamo dire che Gesù vuole liberare i suoi interlocutori da una concezione culturale di matrice retributiva. Liquidando l'idea di un Dio punitore, Gesù sollecita a cercare nel territorio delle umane responsabilità le cause di ciò che succede. L'importante è che la nostra vita impari, valorizzi la lezione che i fatti della vita possono diventare appelli per il nostro cambiamento. Faccio degli esempi: Davanti al movimento mondiale dei giovani come non riconoscere un appello alle nostre responsabilità? Di fronte al coraggio dell'equipaggio della nave  che, ribellandosi all'ordine iniquo del governo, ha portato i migranti a Lampedusa in questi giorni, come non riconoscere una chiamata a mettere la solidarietà al primo posto?
Gesù cambia i termini del discorso
Anziché dividerci in buoni e cattivi, diventa essenziale per Gesù il fatto che tutti/e abbiamo la stessa chiamata e la stessa necessità di convertirci: “Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo”, dice il Vangelo per ben due volte. La frase non è una minaccia, ma una sollecitazione ad entrare subito in un cammino di conversione.
Non esiste un Dio che castiga e punisce. Le “ metafore” dell’ira di Dio, del Suo giudizio e del Suo castigo vanno decifrate a partire da un contesto storico remoto e a noi estraneo. Senza questa consapevolezza, la Bibbia ci fornisce spesso l’immaginario di un Dio violento e giustiziere.
Dio può solo amare: non ha altra possibilità. Anche quando sollecita la nostra responsabilità come un “Dio esigente”.

In ogni caso va considerato il fatto che la Bibbia stessa ci dimostra quanto sia difficile parlare di Dio senza deformarlo. Gesù, come educatore verso una fede adulta, cerca di aiutare gli ascoltatori a fare centro sul messaggio, che è la conversione di tutti.

Il vignaiolo paziente: amore che ci dà tempo
Questa volta è il vignaiolo che, nella breve parabola dei versetti 6-9, impersona l’amore di Dio che ci regala un supplemento di tempo e di fiduciosa attesa per la nostra conversione.
C’è, dunque, un Dio che ci dà fiducia, che è disposto a “zappare attorno” al nostro cuore, a “ mettere il concime” della Sua parola invitante per vedere se spunta qualche frutto.
Vorrei dire che Gesù ci parla di un Dio che non si rassegna alla nostra infecondità e durezza di cuore. Ci “ assedia” dolcemente con il Suo amore. "C'è ancora tempo, ma non buttarlo via": la parabola illustra sia la pazienza di Dio sia l'appello alla nostra responsabilità
E’ questo Dio che Gesù andava annunciando là nei sentieri dei villaggi della Galilea. E’ ancora questo Dio che dobbiamo scoprire quando bussa alla porta del nostro cuore. Vuole che il nostro albero porti frutti, che la nostra esistenza abbia un senso, che il deserto fiorisca…..E’ un Dio che scommette sul nostro futuro….e non si dà per vinto.

Grazie, o Dio
Grazie, o Dio che sai aspettarci,
che non ci lanci fulmini e saette,
che rispetti i nostri tempi e le nostre decisioni,
le nostre esitazioni e persino le nostre indecisioni.
Ho un immenso bisogno di credere
a questa Tua amorosa pazienza
per innaffiare ogni giorno l’alberello
della mia vita.
Perché Tu sei più grande del nostro cuore.