giovedì 2 maggio 2019

Il "Vangelo" per eccellenza

"La fede nella sopravvivenza di Gesù è stata una conquista faticosa anche per i discepoli. La risurrezione non è tuttavia una "notizia" qualsiasi, bensì il "Vangelo" per eccellenza. "Se Cristo non fosse risorto - si preoccuperà di far osservare Paolo - sarebbe stata vanificata la fede", poiché la salvezza non avrebbe varcato i confini della storia (cfr. 1Cor 15,14).
Gli autori neotestamentari, nonostante tutto, danno l'impressione di addurre delle prime prove storiche alla risurrezione, ma non fanno altro che esplicare, rendere cioè più evidente il discorso di fede. Paolo è il primo ad affermare che Gesù "dopo la morte è stato visto" (ophthé) da molti testimoni e per ultimo da lui (cfr. 1Cor 15,5-8). Ma è appunto questo richiamo alla sua "esperienza" che aiuta a capire il senso da dare alle "apparizioni" a Cefa, "ai dodici e ai cinquecento fratelli" (Ibidem). Sulla via di Damasco egli è stato abbagliato da una "luce" che supponeva venuta dal cielo e "ode una voce" che identifica con quella di Gesù, ma di fatto non ha visto nessuno, tantomeno colui che gli parlava (At 9,35). Verosimilmente il verbo "vedere", che ritorna varie volte nel testo della 1Cor 15,5-8, come nelle esperienze profetiche, non significa "vedere fisicamente" con gli occhi del corpo, ma della fede. Anche Mosè (Es 3,4), Isaia 6,1, Ezechiele (1,4) "vedono" Jahvè e odono le sue parole, nel senso che "avvertono" qualcosa di singolare come passare nella loro coscienza, "percepiscono" qualcosa nel loro intimo e lo interpretano con una "comunicazione" divina."

Ortensio Da Spinetoli, Gesù di Nazareth, Ed. La Meridiana, pag. 230.