L’amore
nonostante tutto. Le prospettive pastorali cattoliche per le famiglie
irregolari
Estratto
dal testo della teologa Martina Kreidler-Kos* contenuto nel saggio
cattolico “Mit
dem Segen der Kirche? Gleichgeschlechtliche Partnerschaft im Fokus
der Pastoral”
(Con
la benedizione della Chiesa? Le unioni omosessuali nell’ottica
della pastorale),
a cura di Stephan Loos – Michael Reitemeyer – Georg Trettin,
editore Herder (Germania), 2019, pp.29-44, liberamente tradotto da
Antonio De Caro
La
visione tradizionale dell’eterosessualità come “normale” viene
smentita dall’esperienza reale, in cui assolutamente normale è, se
mai, “il caos dell’amore”.
Anche l’omosessualità appartiene a questa molteplicità, che
riguarda direttamente il popolo di Dio. “In
base alle riflessioni sinodali non sussiste uno stereotipo della
famiglia ideale, bensì un interpellante mosaico formato da tante
realtà diverse, piene di gioie, drammi e sogni” (AL
57).
Riconoscere
il valore di queste relazioni, dare una dignità alla cura, alla
dedizione, alla comprensione reciproca nelle diverse forme del vivere
insieme: questo è adesso il compito della chiesa cattolica.
Le
famiglie non esistono per soddisfare la Chiesa; è bensì la Chiesa
che esiste a favore delle famiglie.
Molti
temono che questa prospettiva, inaugurata da Amoris Laetitia, sia una
“innovazione”, come se il nuovo fosse un nemico in sé, o un
nemico di Dio, che invece (come afferma papa Francesco) “è
giovane” e capace di fare nuove tutte le cose. La tradizione è una
realtà vivente, e solo una visione limitata può immaginarsi il
tesoro della fede come immobile: poiché la stessa Parola di Dio è
una realtà dinamica ed evolutiva. Non si può, di conseguenza,
preservare la dottrina senza ammetterne lo sviluppo.
Nelle
diocesi, si nota che il tema delle relazioni omosessuali può essere
sminuito – come il problema di una minoranza irrilevante – oppure
suscitare seria attenzione, poiché appartiene all’esperienza
reale, e talvolta dolorosa, di molte famiglie. Molti si aspettano che
nella chiesa cattolica l’amore omosessuale non venga più
condannato ed emarginato. Per molti questa è la speranza in una
liberazione. Ma ciò richiede, in una prospettiva più ampia, che la
Chiesa Cattolica sia disponibile a rivedere la sua dottrina sulla
sessualità e a darne una visione positiva e costruttiva.
A
tale scopo, un primo passo da fare sarebbe quello di abolire il
linguaggio dell’emarginazione e del giudizio: ad esempio, quello
che divide le famiglie fra regolari e irregolari, ordinate o
disordinate. Il rispetto parte dal linguaggio, si manifesta chiamando
le persone come loro vogliono essere chiamate, insegna J. Martin.
Bisogna,
piuttosto, riconoscere che esistono molte possibili situazioni di
famiglia, e che esse sanno mobilitare grandi risorse spirituali, da
cui anche la Chiesa Cattolica potrebbe imparare.
Ad
esempio, le famiglie considerate non tradizionali reggono a volte una
notevole pressione che proviene proprio dall’istituzione il cui
compito sarebbe quello di proteggere l’amore ed invece lo ostacola;
e rispondono a questa pressione resistendo alla avversità e
manifestando un amore eroico, poiché amano “nonostante
tutto” (AL 118). Come può la
Chiesa Cattolica pensare ed agire in senso contrario? Disprezzare
l’amore è l’unica vera perversione morale.
Un
altro valore che spesso si manifesta nelle famiglie così dette
“irregolari” è la fedeltà, come la solidarietà dei genitori
per i propri figli omosessuali, che è un riflesso della fedeltà di
Dio verso noi esseri umani. La chiesa cattolica dovrebbe amare con la
fedeltà incondizionata di una madre, chiamata a rendere percepibile
la misericordia di Dio (AL 49). Oltre all’amore e alla fedeltà, le
persone che si amano al di fuori del modello tradizionale di famiglia
insegnano anche la pazienza, quella con cui attendono di essere
riconosciute ed apprezzate. Questo è anche un segno della loro fede.
La
svolta inaugurata da Amoris Laetitia comporta anche che molte persone
omosessuali ricordino e raccontino la storia delle loro ferite e
della loro sofferenza. Questa storia deve essere presa in seria
considerazione. Guardare all’amore e alla famiglia in una nuova
prospettiva significa anche consolare la memoria delle persone ferite
dagli atteggiamenti duri e spietati della Chiesa Cattolica. Significa
che la Chiesa Cattolica è chiamata a chiedere perdono.
Tutte
le relazioni vanno costruite con gioia e responsabilità, poiché
tutte offrono l’opportunità di scoprire l’azione dello Spirito
Santo. Coloro che vogliono vivere in una relazione duratura,
esclusiva e responsabile, sperano che il loro amore possa essere
accolto e benedetto in modo chiaro.
Esiste
anche una vocazione all’amore omosessuale: molte coppie omosessuali
intendono orientare la loro vita verso la fedeltà, la cura
reciproca, la responsabilità e l’impegno per la vita. È quindi
assurdo che la Chiesa Cattolica sia capace di benedire oggetti e
persone, ma non l’amore, come se questo fosse un delitto.
Molti
fedeli, anche non omosessuali, soffrono per questa negazione e questa
contraddizione: “il sentire dei
fedeli ha una propria dignità teologica in quanto locus theologicus.
Questo sensus fidelium ha ben chiaro che lo scopo della liturgia non
è quello di emettere giudizi morali. Benedire è un gesto di
consolazione, non una dichiarazione morale. Benedire vuol dire non
approvare, ma augurare il bene con fiducia” (p.
40).
*
Martina KREIDLER-KOS, nata nel 1967, laureata in teologia cattolica
nel 1999 con un lavoro su Chiara d’Assisi, professore incaricato di
filosofia e teologia nella scuola superiore di Münster (Germania),
dal 2006 referente diocesana per la pastorale per le donne nella
diocesi di Osnabrück e dal 2013 collaboratrice della pastorale
matrimoniale e familiare; ha al suo attivo numerose
pubblicazioni,
alcune tradotte anche in italiano. E’ sposata e ha quattro figli.