domenica 8 dicembre 2019

LA CULTURA DELLA RECIPROCITA'

E' così che a Casalecchio nel tempo sono nate amicizie alleanza e servizi di buon vicinato. Successi perfino insperati. "Perché all'inizio quando cercavamo appartamenti sul libero mercato e non trovavamo nessuno proprietario è disposto ad affittare una famiglia del campo ci eravamo rassegnati" ricorda Masetti. "Ora invece abbiamo tanti casi di famiglie rom che aiutano gli abitanti dell'incombenza di tutti giorni". 
A Casalecchio ti spiegano che la comunità ha trasferito ai gagè la cultura della reciprocità (nei campi ci si aiuta l'un con l'altro: per un bambino da accudire, una commissione) i mediatori sociali e gli educatori hanno fatto il resto, anche per gli aspetti pratici, come le regole condominiali. Non sono mancate le feste, laboratori musicali e di murales per coinvolgere tutti. "Per molto tempo" dice Nurca"una signora gagè ha passato più tempo da me che a casa sua: ci siamo fatte compagnia". Nurca è di origine serba, per 12 anni ha vissuto nel campo insieme al marito e alle due figlie. Da tre abita in una casa popolare del quartiere di San Biagio, dove palazzine di tre piani (qui si trova  247 degli alloggi di edilizia residenziale pubblica del Comune) svettano tre viali alberati, ville, giardini, aree giochi. Di condomini ghetto nemmeno l'ombra, le famiglie sono state trasferite su tutto il territorio per evitare il sovrapporsi di problemi economici e sociali. " So cos'è il razzismo quando abitavamo nel campo tutti ci giudicavano male" spiega. "I gagè passavano in bicicletta e ci chiamavano zingari, ladri. Adesso qui frequento tutti, i Rom come me e gli altri. Anzi: soprattutto gli altri che finalmente hanno capito, avevano la testa piena di stereotipi". 
Casalecchio è una cittadina ricca e con molti orgogli. 
Ha due grandi centri commerciali, molte aziende. E il Cineca, consorzio universitario nazionale che è il centro di super calcolo del paese. 17 km², 216 ha di alberi e prati buona qualità della vita. Nurca dice che quando il Comune la chiamò per comunicarle che la casa era pronta pensò uno scherzo: "era da tanto che aspettavo, Ma adesso che sono qui non mi sento più discriminata." Anche la moglie di Rocco ha atteso anni. Per lei l'integrazione è fatta di piccole cose. "Adesso potrò invitare le compagne di scuola di mia figlia, affinché facciano i compiti insieme" spiega "là non potevo farlo, nessuno era disposto a mandare i suoi ragazzi nel campo, nonostante mia figlia fosse perfettamente integrata nella scuola. Spesso gli adulti sono molto più ostili". Tra via Allende e dove si trova ciò che resta del campo e via Pietro Micca dove si concentra circa il 50% del patrimonio immobiliare del Comune ci sono pochi minuti di auto. Mario (anche lui in una casa popolare) ogni giorno fa una visita al campo per vedere come procedono le cose, verificare a che punto è la dismissione, per non dimenticare i tempi in cui abitava qui. "Mia madre era una sinti, mio padre era un rom ma io non sono né sinti né Rom: sono italiano nato e cresciuto qui. Adesso vivo a San Biagio con moglie e due figli. Problemi di inserimento? Non ce ne sono più".

Natascia Ronchetti
Repubblica Donne 30/11