mercoledì 22 gennaio 2020

DIALOGANDO CON GUIDO ALLICE

Caro don Franco, 
ho letto con interesse (e qualche perplessità) il libro di Stephen J Patterson Il Dio di Gesù, Il Gesù storico e la ricerca di significato, Claudiana, 2005. Ti invio alcune mie riflessioni in merito, mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensi.
Con il termine “cristologia” si intende solitamente la disciplina che studia i titoli che sono stati attribuiti a Gesù dai suoi seguaci dopo la sua morte, fin dai primissimi tempi, come “Messia” ovvero Cristo, o “Figlio di Dio”, “Figlio dell'uomo”, ecc. fino ad essere divino preesistente, seconda persona della Trinità delle definizioni dogmatiche dei concili del IV secolo.
Queste affermazioni vengono per lo più intese come di natura ontologica, riguardanti cioè la natura della persona di Gesù, del suo vero essere, con tendenza a farne un essere divino. Questa è la convinzione condivisa dalla maggioranza dei cristiani e di molti teologi moderni a cominciare da Karl Barth. Stephen Patterson chiama tale posizione “cristologia essenzialista” alla quale contrappone quella che chiama “cristologia esistenzialista”.
La cristologia essenzialista per l'uomo moderno non è più credibile. Oggi non siamo più capaci con le nostre categorie filosofiche di indagare sulla “realtà oggettiva della natura divina di Gesù” (pag. 322). Per gli antichi che scrissero i testi del Nuovo Testamento, scrive Patterson, “l'idea che una persona umana potesse essere essenzialmente divina aveva un senso. Nell'ambito di una visione del mondo in cui gli dei talvolta si accoppiavano con gli umani, la discendenza nata da tale unione, ossia un essere umano divino, era un'ovvia possibilità. Oggi, evidentemente, nessuno ci crede. Tuttavia molti continuano a ritenere che Gesù fosse essenzialmente divino, e accettano questo fatto come articolo di fede, sebbene il quadro mitico in cui quella credenza poteva avere un senso sia da tempo scomparso dalla nostra consapevolezza culturale” (pag. 70).
La cristologia esistenzialista, al contrario, non intende definire quale fosse la vera natura o essenza della persona di Gesù, ma esprime l' esperienza che i primi seguaci di Gesù hanno vissuto sentendo le sue parole e vedendo ciò che lui fece nel corso della sua vita. “Le persone che pretendevano di aver trovato Dio in Gesù lo facevano perché avevano sperimentato in lui qualche cosa che conferiva alla loro vita un significato... che potevano chiamare Dio.“ (pag. 323). . Quando essi chiamavano Gesù “Figlio di Dio” non intendevano attribuirgli un'essenza divina, ma esprimere il fatto che in lui essi erano giunti a conoscere Dio. Quando lo chiamavano Salvatore intendevano trasmettere l'esperienza fatta, sentendo le sue parole e vedendo le cose che faceva, che esiste un Dio che ha una cura e un amore illimitato per le persone che in questo mondo ne hanno avuto di meno, i poveri, gli emarginati, i malati, ecc.. Quando lo chiamavano Signore, kùrios, intendevano porsi al suo servizio in contrapposizione alla soggezione alla signoria mondana del potere imperiale.
In sintesi , le affermazioni cristologiche dei primi seguaci esprimevano la loro convinzione di aver fatto, attraverso la loro condivisione di vita con Gesù, “l'esperienza di Dio” e di aver scoperto nel loro discepolato “il vero senso della loro vita” (pag. 71).
La cristologia esistenzialista rimanda necessariamente alla vita di Gesù: la comprensione di chi è Gesù è strettamente legata a ciò che ha detto e fatto e perciò essenziale è la ricerca del Gesù storico e presupposto necessario di questa ricerca è la convinzione che sia possibile conoscere, almeno nelle linee fondamentali, il messaggio che Gesù ha storicamente trasmesso ai suoi primi seguaci.
Il libro di Patterson è infatti in gran parte una indagine per avvicinarsi quanto più possibile al messaggio del Gesù storico attraverso l'analisi degli scritti nel Nuovo Testamento ed in particolare dei vangeli, che ne danno già interpretazioni diversificate provenienti dalle prime comunità di fede. In estrema sintesi Gesù predicò l'avvento dell'”Impero di Dio” in contrapposizione con l'allora dominante Impero romano, il che significa il rovesciamento dei valori che reggono la società: ad una società piramidale con vertice ristretto, la maggior parte della popolazione al limite della sopravvivenza e un sistema clientelare dove chi non ha nulla da offrire ad un patrono diventa escluso, non conta nulla, si contrappone una società “...dove i mezzi di sostentamento sono offerti liberamente...come l'amore di Dio é offerto a tutte le sue creature” (pag. 104).
Il regno di Dio viene presentato da Gesù attraverso le parabole, la cui analisi costituisce la parte centrale del libro. Il messaggio di Gesù rientra nella tradizione sapienziale, mentre la tradizione apocalittica presente nei vangeli viene attribuita alla comunità posteriore, alimentata soprattutto dalle tragiche vicende della guerra giudaica e della distruzione di Gerusalemme dell'anno 70. La morte di Gesù viene letta come conseguenza della sua predicazione sovversiva dei principi morali che reggevano la società tradizionale mentre non ha valore espiatorio. Questi aspetti sono tipici del movimento americano formatosi negli anni 80 – 90 attorno al “Jesus Seminar” condotto da D.Crossan.
Questo approccio della cristologia esistenziale mi sembra molto interessante. Tuttavia non mi é chiaro se l'interpretazione esistenziale dei titoli attribuiti a Gesù risalga già agli scrittori del Nuovo Testamento o sia una rilettura sulla base delle diverse categorie culturali di oggi. Dal testo sembrerebbe vera la prima ipotesi, anche se l'autore non si sofferma ad analizzare i titoli cristologici in relazione soprattutto al significato con il quale essi venivano usati nell'ebraismo del tempo.
Un altro interrogativo è quanto questa impostazione sia legata al modo di intendere la figura di Gesù da parte di Patterson e degli esegeti aderenti al Jesus Seminar, che rifiutano come non storica la qualificazione di profeta apocalittico, posizione non condivisa da altri esegeti e che mi sembra criticabile per la sua parzialità. 
Guido Allice