mercoledì 22 gennaio 2020

LA MIA RISPOSTA

Caro Guido,
letteralmente seppellito da una montagna di studi, di viaggi, di gruppi e di colloqui, sono stato costretto a posticipare il dialogo con te che, come sempre, trovo stimolante.
Scusa per il ritardo.

  1. Siamo purtroppo prigionieri di una cristologia “essenzialista” che fa di Gesù un essere divino. Questo per le chiese cristiane è il dogma intoccabile che l'ecumenismo ufficiale custodisce, difende e diffonde in pieno accordo con il crescente fondamentalismo. Le ricerche storiche vengono menzionate di passaggio, ma totalmente ignorate nella loro radicalità e nelle domande che pongono al “sistema” cristiano dogmatico. Sembra impossibile, ma tra le ricerche storiche e teologiche più accurate esiste un divario, anzi un abisso, di cui le chiese cristiane nelle loro dichiarazione ufficiali non prendono atto. Viviamo una stagione di fecondissimi studi storici ed esegetici e dentro le chiese cristiane non sento pulsare la passione per lo studio, per la ricerca. Non sento la lode a quel Dio che ci invita ad inoltrarci verso un cambiamento profondo che il nostro tempo attende e dal quale potrebbe ricavare nuovi impulsi.
  2. Riengo di grande rilievo il fatto che Patterson abbia ripetutamente ricordato fin dal titolo “Il Dio di Gesù” che “la ricerca del Gesù storico è stata quindi connessa, fin dall'inizio, con la ricerca di Dio” (pag.43). “Per i cristiani la ricerca del Gesù storico sarà sempre una ricerca di Dio” (pag.69). Per i discerpoli e le discepole , l'incontro con Gesù di Nazareth, con la sua persona totalmente umana, la sua prassi e il suo linguaggio parabolico fu un evento epifanico, cioè rivelativo. Essi videro la presenza operante di Dio anche perché “la visione di Gesù aveva di come potesse essere la comunità umana derivava dalla sua esperienza di Dio” (pag. 290). “Gesù credeva in un Dio che è presente nella vita umana e non è una realtà lontana” (pag.287). “Egli condensò la sua fede in due sole proposizioni: amare Dio e amare il prossimo” (pag.288). “Nonostante tutti i suoi limiti, Gesù trovò in se stesso la potenza dell'amore...una potenza che non veniva da lui, ma da Dio” (pag.289). Così “Gesù potè diventare un'esperienza di Dio” (pag.289), “non una essenza divina o una divinità palpabile”(pag.70).
  3. Si capisce allora quanto sia indifferibile e necessario questo viaggio della ricerca storica.
    Noi abbiamo creato, in particolare dopo il Concilio di Nicea (325), una religione cristocentrica, negando la storicità dell'ebreo di Nazareth, la cui fede era teocentrica. Abbiamo perso e tradito il senso e il contenuto fondamentale: Gesù non è Dio, non si è mai pensato come Dio, ma è per noi la manifestazione, la testimonianza di quel Dio nel quale riponeva la sua fede di credente ebreo. L'Autore compie al riguardo, più e più volte un'affermazione precisa: “Anche per me la ricerca del Gesù storico fa parte della mia ricerca di Dio” (pag.71). A pagina 75 il nostro Autore ricorda che nessuno delle prime generazioni dei discepoli di Gesù pensò di dar origine ad una nuova religione da contrapporre al giudaismo. Il che comporta una chiara affermazione del fatto che il centro della fede non si sposta da Dio a Gesù.
  4. Trovo addirittura meravigliose e fondatissime le pagine dedicate alle parabole. Sono racconti che evocano e fanno venire alla mente un mondo nuovo. Come già Albrecht Ritschl aveva ricordato nel 1883, si tratta di una “comunità” che sovverte la piramide dell'Impero romano e il “regno dei re”, come scriveva Giuseppe Barbaglio nel mio libro “I diritti umani nella chiesa cattolica” (Claudiana 1980). Siamo lontani dalle considerazioni di Meier nel suo volume sulle parabole. Per il nostro Autore le parabole “sono come una bomba” (pag.164), anche se sembrano piccole storie di vita comune. Albert Schweizer descrive i detti e le parabole di Gesù “Come proiettili esplosivi a cui è stato tolta la carica” (pag.164). Quindi le parabole sono tutt'altro che marginali per capire il Gesù storico e il suo annuncio dell'Impero di Dio.
  5. Alla prima lettura l'espressione “Impero di Dio” per tradurre “Regno di Dio” può sorprendere, ma è ben espressivo. Gesù ci dice che Dio rovescia la logica interna del regno romano e dei vari regni. Si tratta di “una comunità senza esclusioni, senza meriti, senza onorificenze”. Impero di Dio significa come sarebbe il mondo se regnasse Dio. “Gesù chiamava i peccatori. Punto. Invitava ad accompagnarlo quelli le cui condizioni collocavano nella categoria dei peccatori, impuri, disonorati...tutte categorie di esclusione. Gesù passava il tempo con peccatori, lebbrosi, handicappati, sordi, ciechi, incapaci di camminare o parlare! Accoglieva prostitute, i gabellieri, ogni sorta di esclusi. E annunciava che per loro c'è un Impero. L'Impero di Dio, in cui i mezzi di sussistenza sono liberi e disponibili, perché la mano di Dio li dà gratuitamente” (pag.103). La vita cambierebbe se entrassimo nell'Impero di Dio: la scelta che tutto il messaggio di Gesù trasmette.
  6. Note e più scontate le pagine sulle apparizioni e sulla resurrezione. Un confronto decisamente più impegnativo avviene sulla valutazione degli studi di John Dominic Crossan e Iesus Seminar. Gesù era apocalittico, escatologico o profetico? E se, anziché leggere Gesù e interpretare Gesù con un codice solo, provassimo a comporre una ricerca che tenga conto di aspetti complementari della storia e del messaggio di Gesù? Credo che mettere tutti i gesti e le parole di Matteo,Marco e Luca completamente fuori dall'ottica apocalittica e soprattutto supporre (più che dimostrare) che esista una fonte Q successiva e contaminata da una concezione apocalittica posteriore e che Matteo 25 non abbia una certa risonanza apocalittica , mi pare poco convincente. La mia opinione è che Gesù fosse un profeta che vedeva il Regno – l'Impero di Dio già in azione nel suo oggi, nel suo messaggio e nelle sue opere, ma fosse anche un animo apocalittico nel senso della imminenza del fare oggi, ma con la consapevolezza di un futuro incerto da affidare totalmente a Dio. Non credo che tutti i riferimenti apocalittici siano da addebitare, anche con qualche pagina evangelica che ne può aver esasperato i toni, ad una “redazione “ dei “cristiani” del dopo '70. Del resto, sottolineando con il Iesus Seminar ( associazione nata negli USA circa 30 anni fa) l'esigenza del qui e ora, non contrapporrei , come si taglia il formaggio, una certa pratica presentista ad una certa attesa apocalittica. In Matteo è difficile negarlo. In ogni caso collocare il regno di Dio qui e ora è una buona notizia per contrastare tutti coloro che disertano il presente e la terra e aspettano solo il paradiso!  Perché mentre la profezia è costruttiva , l'apocalittica (certa apocalittica, non dico l'Apocalisse cosiddetta di Giovanni) è pura evasione dalla realtà. In ogni caso, io sono molto grato agli studi del Iesus Seminar perché il Gesù storico non disertò mai il presente e lavorò all'Impero di Dio seminando nel presente l'alba del futoro. Nello stesso tempo non subì la prigionia del presente e lo tenne costantemente aperto al futuro inedito, che si costruisce con la compagnia di Dio.
  7. Mi interessava molto dialogare con te sulle radici e sulla storia dell'antisemitismo cristiano che ha origini antiche e ha creato guai immensi sul piano storico, culturale e dogmatico. Nel blog di oggi trovi quella parte che avrei voluto inserire in questo nostro dialogo. Si tratta di una questione che viene ancora oggi sottovalutata.
  8. In ogni caso, il Dio della creazione e della liberazione non ha nulla di apocalittico. Ci spinge a vivere, ad amare la vita, a sentirlo compagno di viaggio di tutto il creato. Se anche Gesù avesse talvolta vissuto qualche stagione o momento apocalittico nel suo percorso alla ricerca della fede in Dio, la mia fede in Dio e la mia fiducia nel nazareno non subirebbero nessun tracollo e non farei fatica ad interpretare il suo grido sulla croce. La discussione continuerà: la cosa certa è che il Gesù storico ci dice che la scelta dell'Impero di Dio va fatta ora e va tenuta aperta al futuro. Mi preoccuopa molto che di questo Gesù storico si parli poco o nulla e che lo si sia trasformato in un gigantesco idolo dogmatico che spesso nasconde o oscura il mistero di quel Dio di cui la sua vita volle essere e fu una fedele testimonianza. Un caro saluto e continueremo a voce.... Franco Barbero