Siamo forti solo quando aspettiamo
Nulla
caratterizza così bene la nostra vita religiosa come queste immagini di
Dio di nostra propria fattura. Penso al teologo che non aspetta Dio,
perché lo possiede già, rinchiuso in una costruzione dottrinale. Penso
allo studente in teologia, che non aspetta Dio, perché già lo possiede,
rinchiuso in un libro. Penso all'uomo di chiesa che non aspetta Dio,
perché già lo possiede, serrato in una istituzione. Penso al credente
che non aspetta Dio perché ce lo ha già, chiuso nella sua esperienza
religiosa personale . Non è facile sopportare il non possesso di Dio,
l'attesa di Dio, non è facile predicare una domenica dopo l'altra senza
elevare la pretesa di possedere Dio e di poterne disporre. Non è facile
annunciare Dio ai bambini e ai pagani, agli scettici e agli atei,
spiegando in pari tempo che noi stessi non possediamo Dio ma che anche
noi lo aspettiamo.
Sono
persuaso che buona parte dell'ostilità contro il cristianesimo proviene
dal fatto che i cristiani elevano palesemente o in modo occulto la
pretesa di possedere Dio e hanno quindi perduto l'elemento della
aspettazione che era così importante per i profeti e gli apostoli (…)
Noi
siamo più forti quando aspettiamo che quando possediamo, quando
possediamo Dio lo riduciamo al piccolo frammento che di lui abbiamo
potuto sperimentare e comprendere e così ne facciamo un idolo. Soltanto
praticando l'idolatria si può credere di possedere Dio. Ma quando
sappiamo di non conoscerlo e siamo in attesa di lui per poterlo
conoscere allora sappiamo realmente qualche cosa di lui ed egli ci ha
afferrati e conosciuti e ci possiede: allora siamo credenti pur nella
nostra incredulità ed Egli ci accoglie nonostante la nostra separazione
da lui.
Paul Tillich, Dialogo su Dio a cura di Heinz Zahrnt, Queriniana,pag. 425