Che
delusione, così discriminiamo i nostri figli
E’ preoccupato e teso Francesco Wu, 38 anni, in Italia da quando ne aveva 8. Laurea in Ingegneria al Politecnico, imprenditore di successo, punto di riferimento nella folta comunità cinese meneghina, da due anni è consigliere della potente Confcommercio di Milano, Monza, Brianza e Lodi, con delega a l'imprenditoria straniera.
Di fronte ai proclami dei presidenti di Regione del Nord contro la presenza dei bambini cinesi a scuola, ora Wu dice: «Il mio paese d'adozione mi sta dando una grande delusione. Per chi come me ha lottato per la buona convivenza, questo clima è spaventoso: gli haters sui social e la gente che insulta per strada sono il frutto anche dell'irresponsabilità dei politici e della stampa che influenzano l'opinione pubblica. Da giorni i miei connazionali qui in Italia sono vittime di atti di razzismo. Siamo preoccupati. Tanti come me si sentono perfettamente integrati, m in questi giorni vedono che, alla prima difficoltà, l'Italia gira le spalle. Allora - continua Wu- ci facciamo delle domande. Perché dobbiamo restare qua a fare il nostro lavoro? Perché dobbiamo continuare ad investire qua, a dare la nostra capacità intellettuale?»
Chi conosce Wu, un uomo sempre pacato e sorridente, capisce il suo disagio in questi giorni in cui la Chinatown milanese è svuotata, col 50 per cento in meno di clienti nei negozi. Da un paio di giorni si sono mobilitati intellettuali e politici per portare solidarietà, ma questo non lo conforta. «Anche noi siamo preoccupati per quel che succede in Cina, credo comprensibile un certo timore, che non deve sfociare in un panico, generalizzato. Non sono un virologo, ma mi informo. E da quel che ho letto si tratta di un virus localizzato, e qui non ci sono problemi. Se invece valutiamo che gli esperti abbiano preso degli abbagli, allora facciamo controlli a tappeto, coordinati con altri Paesi europei. Altrimenti è solo una discriminazione mirata contro di noi. Passa un brutto messaggio da questa iniziativa dei governatori».
ZITA DAZZI, Repubblica 4 febbraio 2020