Proposta delle Comunità Cristiane di Base
di Piossasco e Pinerolo–via Città di Gap
TRAMONTO O TEMPO DI RIGENERAZIONE?
- Crediamo con piena convinzione che questo tempo che stiamo vivendo rappresenti per noi cristiani e cristiane un Kairòs, un "momento", una stagione ricca di stimoli, di sollecitazioni, di inviti alla conversione e alla responsabilità che ci provengono dalla storia "complessa" in cui siamo immersi/e e di cui siamo parte.
- La nostra fede nel Dio di Gesù, in dialogo con le varie tradizioni religiose, non è destinata a dissolversi o a tramontare. Essa, nella valorizzazione delle molteplici espressioni della spiritualità, conserva una sua specifica originalità nel riferimento al mistero "indicibile" ed affascinante di Dio di cui troviamo signifcative tracce nelle Scritture.
- Pur consapevoli delle mille contraddizioni che attraversano il tessuto e il vissuto delle chiese cristiane, in esse compaiono qua e là, negli ambiti e negli spazi più diversi, voci ed esperienze di profonda convesione profetica che contribuiscono al rinnovamento ecclesiale e alla creazione di un mondo altro.
- Questa sorgività e fecondità evangelica possono diventare sempre più preziose per la "costruzione" di persone libere e liberanti e per favorire la crescita di un "umanesimo conviviale" con tutto il creato. Questa fede ci spinge ad abitare il presente con fatica, ma con altrettanta gioia e speranza. Si tratta della "mistica dagli occhi aperti", in cui adorare il mistero di Dio e lottare per la giustizia si richiamano, si abbracciano e si fecondano a vicenda. Ci sembra che la sostanza della nostra fede ci raggiunga nel nostro piccolo quotidiano con questo appello, con questa "chiamata" a tenere insieme le due dimensioni.
- Condividiamo questa espressione di José Maria Vigil: ".....Nutriamo la speranza che le religioni, presto o tardi, metteranno a frutto il loro potenziale di sintonia con la Vita e si riconvertiranno, piene di giovialità. Le crisi sono state nella storia come levatrici che hanno forzato e reso possibile l'apparizione del nuovo. La grande crisi attuale delle religioni le sta spingendo a ritrovare se stesse" (Oltre le religioni , pag.194).
- Pensiamo che il cristianesimo non sia al tramonto, così come non lo sono l'ebraismo o l'Islam o altre fedi, ma che i credenti sentano forte il bisogno di un rinnovamento radicale che senza rinnegare le proprie radici sia capace di dare nuova linfa alla fede vissuta e di ritrovare la presenza del Dio vivente nella propria vita.
- In un tempo di crisi come quello che stiamo attraversando e di cui forse siamo ancora poco consapevoli, cogliamo dei segnali che manifestano un grande bisogno di Dio, di trascendenza, di "senso", che non è fuga dalla realtà ma riscoperta di un tempo qualitativamente valido capace di offrire nuovi orizzonti di senso (…un Kairòs appunto, come lo definivano gli antichi greci, in alternativa a Chronos, il tempo cronologico considerato nella sua natura quantitativa e fine a se stessa).
- Certo è che se questo nostro tempo è un Kairòs, un momento opportuno (..che viene a proposito, adatto alle condizioni del momento, alle necessità o al desiderio…), è anche un tempo esigente perché è un tempo di responsabilità. La "crisi" è un invito alla conversione ed esige sempre una decisione esistenziale, dove siamo chiamati alla responsabilità, che riconosce e vive della presenza di Dio, ma che richiede azione e scelte concrete.
- Per questo pensiamo che possa essere utile riflettere con attenzione su tutto ciò e sul ruolo, i compiti, le responsabilità che abbiamo come singoli credenti e come comunità. Crediamo profondamente che il nostro sia un tempo opportuno per la ricerca di un dialogo costruttivo con ogni esperienza di fede, in ogni spazio possibile, nella piena fiducia che questo sia occasione di "rigenerazione" della fede e di "ecclesiogenesi" che, come scrisse Leonardo Boff (*), più di 30 anni fa, è cammino per reinventare la fede e la chiesa che la testimonia**.
- Testimoniare la nostra fede nel Dio di Gesù significa oggi cercare nuovi linguaggi capace di parlare al nostro tempo ed alle persone che lo abitano. Significa costruire opportunità, occasioni, spazi visibili, a partire dai momenti fondanti della nostra esperienza.
- Lo studio e la meditazione della Parola, la preghiera, la celebrazione eucaristica, sono infatti ancora i momenti centrali della nostra fede e crediamo che siano alimento vitale per la sua crescita, ma rappresentano anche momenti, occasioni che hanno una potenzialità enorme e racchiudono un'offerta di senso capace di generare uomini e donne nuovi.
- Non è tempo di grandi progetti, ma forse possiamo rivitalizzare le nostre comunità partendo dal nostro vissuto rispetto alle cose dette e dal far emergere i bisogni presenti.
- Questo lungo periodo di crisi può generare nuovi percorsi di liberazione, senza rinunciare al Dio di Abramo e di Sara, di Mosè e di Miriam; crediamo che le mille possibili sfaccettature che la Bibbia ci rivela e più passano gli anni e più le rivelazioni sono profonde, possano essere le fondamenta sicure per esplorare nuovi cammini, questo è un tempo opportuno per rigenerare le nostre esperienze religiose.
- "La religione è restituire una memoria, un passato è inserirsi in una prospettiva futura…è una narrazione parziale che ci dà un orizzonte di senso, in alternativa il rischio è quello dell'individualismo dove ognuno si racconta la propria storia, al contrario la religione svolge un ruolo educativo sulla necessità di trasmettere la relazione con Dio e con il creato non solo come individui ma come comunità." (L. Maggi)
Il nostro desiderio è solo quello di promuovere una riflessione nelle nostre comunità. Sollecitare un confronto con lo scopo di far emergere proposte, stimoli utili che possano andare nella direzione esposta.
Vi salutiamo con grande affetto
Le sorelle e i fratelli delle comunità di Pinerolo-Via Città di Gap e Piossasco
* L. Boff - Ecclesiogenesi - Le comunità di base reinventano la chiesa - Borla 1978
** Una fede da reinventare - Claudiana 1975
Tramonto del Cristianesimo o tempo di rigenerazione?
POSSIBILE ARTICOLAZIONE DEI CONTENUTI DELL'INCONTRO NAZIONALE CDB CHE SI TERRÀ A TORINO NELL'AUTUNNO 2020
I) Quello che abbiamo lasciato e dobbiamo lasciare cadere
Si tratta di un capitolo importante e di un fardello ingombrante. Nel rispetto delle persone, delle loro espressioni e dei loro immaginari, in questi ultimi decenni abbiamo maturato nuove conoscenze bibliche e storiche che ci permettono, anzi ci sollecitano, a compiere la ablatio, cioè a prendere congedo con discernimento e con coraggio da tutto un immaginario, da tutto un rituale e da tutta una dogmatica che non reggono più né al confronto con i cardini strutturali della fede né con le nuove conoscenze psicologiche, antropologiche e scientifiche.
Tutto questo esige un cammino in cui accanto alla conoscenza ed alla competenza si metta in conto l'itinerario possibile per quelle persone per le quali una operazione non sufficientemente attenta potrebbe essere fraintesa come cancellazione della fede stessa.
Per molte persone si tratterà della difficile pratica del disimparare che può avvenire solo con un attento e rigoroso percorso di nuove ipotesi e di nuove conoscenze.
Non si tratta di fare il vuoto ma di documentare la storicità dei linguaggi, dei riti e delle dottrine per evidenziare che la fedeltà alla storia e la fedeltà alla tradizione esigono questo andare oltre.
Nel presupposto di ogni cammino storico esiste una ulteriorità che non è assolutamente disprezzo del passato.
In questo servizio reso alla comunità è importante anche l'approccio psicologico perché di fronte alle svolte dobbiamo fare i conti con le nostre paure. L'inoltro nell'inedito non è immediatamente un entusiastico abbraccio del nuovo, ma passa attraverso tappe molteplici, variegate a livello psicologico, culturale e dottrinale.
Il congedo dal catechismo ufficiale può avvenire soltanto attraverso l'esperienza rigorosamente documentata e spiritualmente ossigenata della lettura biblica.
Chi lavora evangelicamente in questa direzione dovrà particolarmente essere accogliente ed estremamente disponibile al dialogo con altre modalità di appartenenza alla comunione ecclesiale.
II) Quello che rimane come fondamento
In tutto questo percorso "lo studio e la meditazione della Parola, la preghiera, la celebrazione eucaristica, sono infatti ancora i momenti centrali della nostra fede e crediamo che siano alimento vitale per la sua crescita, ma rappresentano anche momenti, occasioni che hanno una potenzialità enorme e racchiudono un'offerta di senso capace di generare uomini e donne nuovi" (tratto dalla nostra proposta).
"Questo lungo periodo di crisi può generare nuovi percorsi di liberazione, senza rinunciare al Dio di Abramo e di Sara, di Mosè e di Miriam; crediamo che le mille possibili sfaccettature che la Bibbia ci rivela e più passano gli anni e più le rivelazioni sono profonde, possano essere le fondamenta sicure per esplorare nuovi cammini, è un tempo opportuno per rigenerare le nostre esperienze religiose.
'La religione è restituire una memoria, un passato e inserirsi in una prospettiva futura…è una narrazione parziale che ci dà un orizzonte di senso in alternativa il rischio è quello dell'individualismo dove ognuno si racconta la propria storia, al contrario la religione svolge un ruolo educativo sulla necessità di trasmettere la relazione con Dio e con il creato non solo come individui ma come comunità.' (L. Maggi)" (tratto dalla nostra proposta).
Il nostro riferirci al Gesù storico comporta necessariamente fare i conti con la sua prassi di vita e con la sua fede in Dio. Non è pensabile il Gesù storico senza la sua relazione con quel mistero di Dio che lui chiamava Padre.
La vita di Gesù è stata decentrata da se stesso e incentrata su Dio e sul regno di Dio. Gesù non ha fatto di se stesso il centro della sua predicazione e della sua missione. Il Gesù storico senza la relazione con Dio è una pura finzione. Tutta la vita di Gesù di Nazareth ha il suo fondamento nella relazione con Dio:
"Alla fede proprio in questo Dio Gesù invitò con la parola e l'azione nei suoi giorni terreni: è questo il senso di tutta la sua attività. Pertanto il tentativo di eliminare dalla vita di Gesù la particolare "relazione con Dio" è nel contempo la distruzione del suo messaggio e del senso della sua prassi, la negazione stessa della realtà storica di Gesù di Nazareth, ridotto in tal modo ad un essere 'astorico', mitico e simbolico, un non Gesù" (Edward Schillebeeckx, "Gesù", p. 276).
"Dall'analisi del messaggio di Gesù circa il regno di Dio e della prassi della sua vita si deduce che la "causa di Gesù" è indubbiamente la causa dell'uomo, ma in quanto causa di Dio. In altri termini, la particolarità di Gesù non si può conoscere passando sopra ciò che a lui stava maggiormente a cuore: Dio intento all'umanità. Il rapporto di Gesù con Dio va pertanto considerato parte essenziale…" (E. Schillebeeckx, "Gesù la storia di un vivente", Queriniana, p.645).
La nostra tradizione cristiana non è tutta e sempre un fardello da deporre. Nei secoli, come la ricerca storica ci documenta ampiamente, sono nate, fiorite con grande fecondità esperienze in cui l'adorazione di Dio e l'impegno per la giustizia hanno camminato insieme. Una rilettura storica dei secoli evidenzia quanto sia necessario discernere tra il bambino e l'acqua sporca. Lo stesso tempo di crisi che viviamo ci permette di vedere in molti contesti la fecondità del vangelo di Gesù e del messaggio delle scritture. Le ombre, le fragilità e le contraddizioni non possono cancellare la fecondità del vangelo in tante esperienze quotidiane e diffuse.
Pensiamo alla fecondità di molte ricerche delle teologie della liberazione e femministe e ai tanti movimenti popolari di liberazione che si alimentano della fiducia in Dio e del messaggio del Vangelo.
Se pensiamo alla celebrazione della cena del Signore come simbolo e come invito a trasformare le relazioni, non potremo certo sottovalutare l'importanza di questa esperienza comunitaria come appello a fare nostra la pratica della condivisione.
Il messaggio cristiano ci rende consapevoli che Dio accompagna il responsabile e autonomo farsi della creazione come la vita di ciascuno/a di noi.
Questa compagnia di Dio genera in noi la speranza di un mondo altro che nasce dalla convergenza ecumenica di mille strade.
Il tesoro delle scritture ebraiche e cristiane si rivela sempre di più per noi un pozzo profondo di acqua viva e per questo motivo pensiamo che il riferimento alla Bibbia rimanga per noi essenziale nel nostro cammino quotidiano.
III) Quello che dobbiamo inventare
Una fede viva presuppone per se stessa la esclusione del destino della ripetizione, dei linguaggi, dei riti e delle strutture. Mummificare i linguaggi, i riti, le funzioni ministeriali significa sostanzialmente rendere inaccessibile agli uomini e alle donne di oggi l'esperienza cristiana. Più volte in questi anni abbiamo constatato che, se i vecchi linguaggi costituiscono un ostacolo alla fede, è possibile reinventare il modo di dire oggi Dio, la fede, la chiesa: dire e fare.
In questo tempo occorre ritrovare l'energia profetica per mettere in atto, come in un laboratorio, tante esperienze che qua e là sono fiorite, ma sono state congelate, emarginate o sconfessate dall'autorità gerarchica della chiesa.
Questo orizzonte esige il coraggio della disobbedienza e l'audacia di inoltrarci nell'inedito. E' urgente dissotterrare e far emergere quell'oceano vitale e molto mosso delle ricerche bibliche, teologiche, cristologiche, dogmatiche.
Esiste un patrimonio di studi e di esperienze che riguardano una nuova struttura comunitaria inclusiva degli uomini e delle donne, una nuova concezione dell'iniziazione cristiana che mette radicalmente in crisi l'impianto sacramentale tuttora prescritto dal catechismo ufficiale della chiesa cattolica.
Esistono ormai percorsi di donne, omosessuali, transessuali… che hanno superato l'ideologia del modello unico, basato su strutture patriarcali e sacrali.
Questi percorsi esigono una aperta trasgressione da chi ha maturato una fede adulta e sollecitano la libertà dei figli e delle figlie di Dio in comunità trasgressive e anticipatrici.
Non possiamo ignorare che sul terreno cristologico esiste, imposto dall'alto, un silenzio che non mette a disposizione del popolo di Dio le numerose ricerche degli ultimi secoli e in particolare degli ultimi 70-80 anni. Su questi terreni sono, a nostro avviso, insopportabili le censure e le operazioni cosmetiche e di puro restauro delle vecchie teologie.
Sul terreno biblico sono addirittura esplose ricerche ed esperienze tuttora in atto in cui leggere la Bibbia diventa il nutrimento del nostro cammino quotidiano.
Un lavoro immenso rimane da compiere, ma non siamo ai primi passi, per riscoprire la figura di Maria e il messaggio delle feste cristiane. Sarà impossibile che i luoghi delle decisioni comunitarie non vengano trasformati in spazi di reale decisione con la partecipazione di uomini e donne: non una funzione consultiva, ma una condivisa responsabilità decisionale.
Va da se che tutto questo va inserito in una chiesa che, congedandosi per sempre da concordati o simili, viva veramente ed esprima concretamente di stare dalla parte degli ultimi e delle ultime: questo è parte essenziale della conversione della religione, senza la quale non si arriva alla fede cristiana.
Franco Barbero, estate 2019
Contributi alla riflessione dalle nostre comunità
sui temi del prossimo incontro nazionale
Cosa abbiamo lasciato
1. Il fardello dei dogmi: una fede dettata dalla dottrina che non lascia spazio alla ricerca, alle domande, ai dubbi...
2. Una liturgia vissuta passivamente
3. Il devozionalismo
4. Il peso di una fede che esige la perfezione e non accetta l'umanità
5. Da ex-religiose abbiamo sperimentato la liberazione e nello stesso tempo lo "svantaggio" di non appartenere ad un'istituzione che offre sicurezze economiche, sociali e materiali.
E' vero che abbiamo lasciato diversi "fardelli", ma strada facendo ci siamo accorte che sentiamo la nostalgia anche di certi aspetti positivi:
1. Il senso di festa e il senso di appartenenza che per noi vanno di pari passo. Perché quando si creano dei legami nascono tanti motivi per rallegrarsi e far festa.
2. La capacità di stupirci che sta alla base della contemplazione, del silenzio, del ringraziamento. Spesso facciamo prevalere il razionalismo e lasciamo spegnere l'ardore della fede.
Esperanza e Stefania
Per parlare di quello che abbiamo lasciato o dobbiamo ancora lasciare, con queste poche righe vorrei raccontare la mia esperienza.
Il mio ingresso in Comunità risale agli anni settanta, avevo quasi vent'anni….
Da allora l'esperienza comunitaria ha accompagnato e accompagna tuttora la mia vita di fede e la trovo indispensabile.
È stata proprio la Comunità che mi ha permesso una riflessione seria sulla mia fede in Dio.
Ecco alcuni punti che mi sono venuti in mente, ce ne saranno ancora molti altri..
IMMAGINARIO DI DIO
Innanzitutto ho lasciato il mio immaginario catechistico del Dio punitore che sorvegliava la mia esistenza, pronto a colpirmi con qualche disgrazia e a farmi sentire eternamente in colpa per peccati commessi anche solo con il pensiero. Il mio cuore era sempre puntinato di nero, per i peccati veniali o aveva grosse macchie dello stesso colore per quelli mortali..
Il Dio punitore è diventato Dio AMORE che mi vuole felice, che accompagna i miei passi, che mi sorregge in qualsiasi momento della mia vita, che gioisce con me nei momenti di felicità.
Dio che conosce la mia essenza e sa di cosa ho bisogno e mi dona la forza per poterlo realizzare e per affrontare le situazioni dolorose, non mi abbandona mai. Accompagna i miei passi, è il mio pastore, è la roccia su cui aggrapparmi e anche se mi allontano da Lui, mi viene incontro come una madre affettuosa.
Ecco al Dio patriarcale barbuto, ho sostituito un immaginario di Dio Padre tenero, Madre amorosa, sorgente di Vita e di Amore.
Unico Dio per ogni persona anche di fede diversa, non importa se musulmano, ebreo, induista…tutti ci rivolgiamo a Lui/Lei desiderando nel Suo nome la fine delle guerre religiose o di supremazie di una fede su un'altra.
PREGHIERA - MADONNA - SANTI
Questo cambiamento di immaginario mi ha fatto abbandonare la pratica di una preghiera secondo l'insegnamento catechistico. Non recito le preghiere tradizionali come Ave Maria, Salve Regina, angelo di Dio.., ma solo il Padre Nostro, anche quando mi capita di andare in chiesa per qualche rosario, in occasione della morte di qualche persona amica.
Credo che debba ancora imparare a pregare, a parlare con Dio, a mettermi in ascolto.. Per aiutarmi, molto spesso, utilizzo il libro dei Salmi, dove ritrovo sempre qualche aspetto della mia vita e dove mi sento vicina a quei credenti che secoli fa come cercavano in qualche modo Dio
Ho abbandonato la preghiera alla Madonna e ai santi, prego solo Dio.
Credo che Maria di Nazareth sia stata una madre affettuosa e molto preoccupata per la sorte del figlio, così ribelle, ma che abbia capito il suo messaggio tanto da diventarne una discepola nella chiesa di Gerusalemme.
Di lei la Chiesa ne ha fatto un'icona, una statua di gesso, con tutte le caratteristiche femminili funzionali ad una mentalità maschilista, nascondendo la donna di Nazareth e rendendola addirittura Madre di Dio!!
I santi come li descrive la Chiesa non mi interessano, non mi piace questa corsa alla perfezione, alla purezza.. Non esistono i santi, Santo è solo Dio!
Ci sono delle persone che come tutti/e noi cercano a tentoni la volontà di Dio, sbagliando, provando, ma sentendosi sempre accompagnati da Lui.
INFERNO, PURGATORIO, SUFFRAGIO
Anche l'idea dell'inferno e del purgatorio come luoghi di pena dopo la morte, sono spariti dal mio immaginario. Dio che è Amore non può creare luoghi punitivi, ma solo accogliere le sue creature tra le sue braccia.
La nostra morte è nelle mani di Dio, di Lui dobbiamo fidarci. Questo ha comportato per me anche l'abbandono di tutte le pratiche legate al suffragio.
La Chiesa non può arrogarsi il diritto di decidere sul nostro destino anche dopo la nostra morte, sottomettendo la volontà di Dio.
GESÙ PROFETA, NON UN DIO!
Ho abbandonato anche l'idea di Gesù come essere divino, figlio di Dio, nato da Maria rimasta vergine prima, durante e dopo il parto.. , per fare posto al Gesù profeta di Nazareth , che avendo ricevuto da Dio una missione particolare, ha saputo compiere affidandosi e fidandosi di Lui. Per le sue scelte di vita e per i suoi insegnamenti è stato ucciso dai potenti di allora, ma Dio non lo ha abbandonato nella morte e i suoi messaggi sono sempre più vivi e attuali.
CONFESSIONE
Ho abbandonato l'idea della confessione dove il prete cancella i miei peccati, lasciando il posto ad una riflessione su cosa sia il peccato e sul perdono che solo Dio mi concede.
EUCARESTIA
Anche l'idea della transustanziazione mi ha completamente lasciato, per far posto al significato dell'Eucarestia come memoria dell'ultima cena che Gesù fece con i suoi discepoli /e. Essa rappresenta per ciascuno di noi l'impegno di condivisione e di solidarietà secondo i suoi insegnamenti. Pertanto il significato dell'Eucarestia passa da un significato passivo, mangio il corpo di Cristo e mi sento santificata, ad un significato attivo, se divido il pane con i fratelli e le sorelle, mi impegno a condividere nella mia vita, tempo, denaro, ideali, lotte con chi è meno fortunato di me, chiedendo a Dio di avere la forza per poterlo realizzare.
CHIESA MINISTERIALE E NON GERARCHICA
Ho abbandonato l'idea di una Chiesa gerarchica e maschilista, dove il ruolo delle donne è secondario e dove solo il prete, durante la messa, spiega il significato del brano di Vangelo, senza alcuno spazio di intervento per i presenti e dove la liturgia è sempre identica a se stessa da secoli, senza creatività o possibilità di cambiamento.
Ad una Chiesa gerarchica ho sostituito l'idea di una Chiesa ministeriale in cui alle persone della Comunità vengono riconosciuti dei ministeri che sono al servizio della costruzione e dell'organizzazione della Comunità. Essa è il luogo in cui si cresce insieme nella fede in Dio, secondo gli insegnamenti di Gesù, si prega, si celebra l'Eucarestia, si leggono le Scritture e ci si aiuta per riuscire a compiere piccoli passi di condivisione nella nostra vita quotidiana.
LETTURA DELLA BIBBIA
La lettura della Bibbia in modo fondamentalista l'ho abbandonata.
Ho capito, grazie all'aiuto di Franco Barbero e delle persone delle Comunità che non potevo leggere questo libro come una cronaca di fatti accaduti, ma che ogni parte va letta utilizzando vari metodi, quello storico-critico, quello psicanalitico, femminista…
Dopo anni di lettura continuativa della Bibbia ho sperimentato la gioia di leggerla con le altre persone, di confrontarmi con loro sui vari significati che il testo ci propone, ma specialmente sulle risonanze che esso ha nel mio quotidiano e nella mia fede in Dio.
Maria Grazia Bondesan
Una breve esperienza personale
A un certo punto della mia vita, pur rimanendo fondamentalmente credente, alcune espressioni letterali e le interpretazioni religiose tradizionali avevano perso , su di me, gran parte del loro antico potere. Le espressioni del credo, ad esempio, e quelle di molte preghiere non sembravano più rilevanti per me. Quelle parole erano fuori dalla mia visione del mondo, non facevano più vibrare le corde del mio cuore. La conseguenza fu un forte disinteresse alla pratica della fede nella quotidianità.
Ricordo che mia madre, spiegava tante cose con l'intervento di Dio.
I fenomeni naturali, gli incidenti, le malattie e tante altre crisi dell'esistenza umana, venivano ,spesso, messe in relazione alla punizione del peccato. Alcune volte utilizzava queste espressioni anche per contenere le nostre euforie adolescenziali considerato che restava sola ad occuparsi me e mia sorella quando mio padre emigrava in Svizzera per lavoro. Mia mamma coltivava la campagna, governava la casa e seguiva noi.
Così ci sentivamo spesso dire " Obbedite – studiate – comportatevi bene , altrimenti verrete punite anche da Dio" . A me sembrava che il Dio a cui faceva riferimento mia madre, si occupasse troppo e, dall'alto, delle nostre piccole cose. Comunque la confessione domenicale rimetteva tutto a posto.
Più tardi , in età matura, le preghiere tradizionali, certe letture, non erano più in sintonia con il mio sentire: non riuscivo, per esempio, a vedere la malattia come una punizione del peccato, oppure ad invocare la guarigione affidandomi all'intervento di Dio; gran parte di ciò che una volta era attribuito alla potenza divina, oggi noi lo spieghiamo senza alcun riferimento a Dio. Oggi ci affidiamo alla medicina, ai progressi della scienza, ai farmaci, alle terapie.
Chiedo, questo sì, al Dio che è dentro di me, di prendermi nelle sue braccia ed accompagnarmi ad attraversare il dolore.
Sicuramente, nel corso dell'esperienza umana, si fanno degli errori, scelte che sembrano giuste in quel momento, in quella determinata fase storica, poi si possono rivelare sbagliate, ma non posso pensare che il Dio del BENE, il Dio dell'AMORE, il Dio della SPERANZA sia pronto a punire dall'alto.
Eppure ancora oggi faccio fatica a liberarmi da queste false verità interiorizzate per troppi anni. Una fatica alleviata da una ricerca di comunità su nuovi contenuti e cercando, il più possibile, di vivere nel Bene e nell'Amore.
Maria Vassalotti
Sono Walter primo, componente della "Comunità nascente" torinese …
Io non capisco davvero perché il tema portato avanti dalle comunità di base è così patrimonio riservato a pochi.
Lo stile e il metodo delle Cdb è tale per cui, a mio parere ,dovrebbe essere ricercato da molti: o, perlomeno ,da tutti coloro che hanno a cuore la ricerca del Dio vivo. E non invece soltanto la ripetizione di formule apprese nell'infanzia.
Detto questo, è come non aver detto nulla, poiché l'esperienza delle cdb va progressivamente chiudendosi.
Occorre, allora, riuscire a valorizzare e dar seguito a quelle esperienze che pur non connotandosi come cdb, ne colgono, ne conservano, ne rinnovano i germi più autentici.
Sto pensando alla sensibilità che si va diffondendo, pur imprecisa, nel mondo giovanile verso i temi dell'ecologia e della difesa verso le mutazioni climatiche. Penso che una teologia ambientale, oggi potrebbe avere maggior spazio rispetto a quella che fu la teologia della liberazione.
Credo che sarebbe necessario recuperare le istanze oppositive per canalizzarle verso una maggiore sensibilità nei confronti della difesa
La tutela dell'ecosistema ha una portata tale da raggruppare in sé un gran numero di valori.
Se la ricerca di un'altra possibilità di espressione per la fede nel dio di Gesù Cristo riuscisse a partire da un elemento molto attuale e forse sarebbe maggiormente facile trovare attenzione per la ricerca religiosa innovatrice.
Credo che il vecchio cristianesimo, cattolicesimo si sia condannato da solo all'irrilevanza mondiale quanto maggiormente si è arroccato nei suoi dogmi e nelle sue cattedrali, che continuano a stare in piedi esclusivamente per il desiderio di trascendenza esistenziale che continua a serpeggiare in talune fasi della vita.
Se le cdb, o quello che stanno diventando sapranno cogliere l'urgenza di rinnovamento che la dittatura economicista richiede ,potranno trovare spazio di espressione e ricerca comune.
Un vecchio prete operaio, don Carlo Carlevaris amava dire che le comunità cristiane per essere veramente evangeliche devono sapersi muovere con la tecnica dell'elastico.
Ovvero: avendo il radicamento nell'insegnamento del nazareno ,devono saper raggiungere tutti coloro che sono ai margini della società. Mi piacque questa similitudine: far memoria della vita di Gesù di Nazareth, ha senso solo se la si intende come memoria viva.
Come 40 anni fa ,don Carlo viveva a fianco degli operai torinesi, oggi noi dovremmo saper portare la testimonianza cristiana dove si svolgono le lotte di liberazione e di resistenza. Quindi, permettetemi di pensare al territorio del mondo giovanile che sembra accorgersi prima di altri dell'urgenza imposta dai cambiamenti climatici.
Non so se questo mio ragionamento sia frutto di una contaminazione intellettuale, ma credo che potrebbe essere un valido elemento per dar concretezza ad un istanza di rinnovamento inderogabile, che però è ancora troppo sottotraccia. Molti altri punti qualificanti di una ricerca di un nuovo modo di professare il cristianesimo potrebbero concordare verso questa attenzione per così dire climatica"
invece, temo,che questa si riduca o possa ridursi ad un aumento di intenzioni per le preghiere dei fedeli.... Davvero non basta delegare a IO LA SOLUZIONE DEI PROBLEMI CHE HA CREATO L'UOMO E QUESTA NON È DAVVERO SOLO UN'OPINIONE…
Walter Primo
Cosa ho lasciato
Qualche tempo fa avrei detto che personalmente ho dovuto lasciato ben poco.
Sono cresciuto in una famiglia che ancora prima del 1968, anno della mia nascita, faceva parte di un movimento conciliare di Sarzana, "Azione comunitaria" (che si oppose tra l'altro alla costruzione della megacattedrale di La Spezia), e fin dalle prime esperienze della messa in piazza dell'Isolotto a Firenze ha partecipato attivamente al movimento delle comunità cristiane di base.
In particolare mio padre è sempre stato l'animatore dei gruppi locali e mi ritrovavo a muovermi a quattro zampe nella sala della nostra casa in mezzo a riunioni per il rinnovamento ecclesiale (alternate a quelle dei vari partiti della sinistra) o in braccio a mia mamma ad incontri pubblici organizzati a Sarzana o La Spezia da mio babbo con Franzoni, Mazzi, ecc.. che poi si fermavano a cenare o dormire a casa nostra.
Dunque niente formazione cattolica tradizionale, niente dogmi o immaginari a cui rinunciare, niente inutili fardelli?
Tutto vero ma ricordo che proprio quando iniziai a frequentare assiduamente la comunità di Pinerolo, verso la fine del 1991, Franco Barbero presentò un libro appena edito di Paul Knitter "Nessun altro nome" e questo libro mi turbò.
Facevo fatica a relativizzare la mia appartenenza religiosa cristiana che, anche se libera dai dogmi e dagli immaginari negativi, rimaneva evidentemente per me in qualche modo superiore alle altre.
Mi ricordo che pensavo: ma se Gesù è un profeta come tanti altri, perché devo dedicarmi così tanto a leggere in modo prevalente vangeli e la Bibbia? Perché dire di essere cristiano? Non sarebbe stato meglio definirsi come "interessato a questioni spirituali in generale".
Piano piano mi sono liberato dall'idea che relativizzare la propria esperienza voglia dire rinunciare ad un'identità. Mi ricordo che quando in quel periodo dicevo ai collegamenti delle cdb che era importante mantenere una riferimento, pur se sempre indagabile, modificabile e approfondibile, mi veniva da usare la parola identità. Non ho ancora capito bene perché questa parola, "identità" appena pronunciata generava un vespaio, anche se credo che questa idiosincrasia derivasse dalla storia iniziale delle cdb che io avevo vissuto solo come poppante, bambino e adolescente.
Avere un'identità per potersi relazionare, essere un io per potersi rapportare con un tu… tutte cose sentite e approfondite in anni di comunità.
Cosa dobbiamo lasciare
Credo che la chiave sia distinguere tra identità "mobile", cioè in continua conversione, e identità "rigida", cioè dogmatica. Credo che questo cammino di relativizzazione del proprio cammino senza rinunciare alla propria identità cristiana sia un percorso infinito… approdare vorrebbe dire ricadere in una nuova identità rigida o ad una dispersione in mille rivoli, forse due facce della stessa medaglia. Entrambi questi approdi rendono difficile la relazione con altri percorsi, elemento chiave per preservare la vitalità di qualsiasi esperienza.
Credo che proprio nel contesto di questo cammino di continua conversione nell'alveo della propria identità cristiana, proprio nel continuare a confrontarsi veramente, senza i complessi di superiorità che potrebbero derivare proprio dall'avere eliminato i nostri inutili fardelli, sia da ricercare quello che devo e dobbiamo ancora lasciare.
All'eucarestia di domenica 22 abbiamo commentato il cap.3 dell'Esodo. Mi ha incuriosito il versetto 3,14… "Io sono colui che sono!", come traduce la Bibbia di Gerusalemme. Che vuol dire mi sono chiesto? Quale potrebbe essere una traduzione più comprensibile di questa un po' troppo criptica? Franco ci ha detto che una delle due interpretazioni possibili, quella più diffusa nella tradizione talmudica, è racchiusa nella traduzione libera "io sono colui che conoscerai e comprenderai nel tuo percorso di vita"… come dire Dio non è definibile o conoscibile, si scopre e si continua a scoprire cammin facendo… e nel cammino bisogna lasciare delle cose e acquistarne altre.
Francesco Giusti
Quello che abbiamo lasciato o dobbiamo lasciar cadere
Nel percorso iniziato ormai più di 40 anni fa, tra i fardelli opprimenti della fede da me vissuta, quello di cui mi sono liberata con immensa felicità è stato il senso di colpa.
Scoprire che non vi era un "peccato originale", che non venivamo puniti da un Dio padre/padrone e che non dovevo rendere conto delle mie piccole o grandi mancanze ad un sacerdote, è stato liberante al massimo.
Nessuna intermediazione tra me e Dio.
Penso però che ancora oggi vi siano piccoli strascichi che dobbiamo lasciar cadere, rispetto ai sensi "di colpa"
Importantissima anche la liberazione dai dogmi: che bello aver compreso che vi erano delle costruzioni storiche false appositamente studiate per mantenere i fedeli sottomessi!
E soprattutto liberante era sapere che non esisteva l'immacolata concezione!!!
Abbiamo anche cambiato il linguaggio, nel nuovo rapporto con Dio padre e madre, un linguaggio non più di "sottomissione", ma di creatura che cerca un rapporto con un essere "creatore".
Questo è stato molto importante: uscire dallo stato di sottomissione, prendere consapevolezza che il mio pensiero, le mie idee, il mio sentire il sacro non doveva più corrispondere a canoni rigidi, ad imposizioni patriarcali, a leggi morali immutabili che non avevano senso di esistere.
Tiziana
E' cambiato completamente il "dire Dio" non più un Dio che incute timore e manda all'inferno, ma un Dio che sta accanto, che non è onnipotente, che capisce la debolezza delle sue creature. E' stata fondamentale la lettura della Bibbia ebraica per avvicinarmi a questa idea di Dio, in una scoperta che continua ancora oggi.
E' cambiato l'approccio ai sacramenti, non più momenti magici ma segni che accompagnano il cammino della vita.
E' stata riconosciuta la mia dignità di donna di fede, che può spezzare il pane (ricordo bene l'emozione profonda a Mirafiori, quando io e Marisa, un'altra donna della comunità, abbiamo presieduto per la prima volta un'Eucarestia), che può prendere la parole e predicare in comunità.
Ho lasciato le credenze nella Madonna, nei Santi, ma anche nel Dio che giudica severamente.
Ho abbandonato l'idea che si nasce nel peccato che porta con sé l'immaginario colpevole di Eva con tutte le conseguenze che conosciamo, per pensare la creazione come un atto di gioia.
Ho lasciato l'immaginario di un aldilà dantesco, l'ho sostituito prima con un aldilà in cui tutti saranno accolti, oggi però metto seriamente in discussione la possibilità stessa che esista un aldilà, confesso con un certo rimpianto, perché mi piacerebbe tanto trovare finalmente il Regno di Dio fato di amore e giustizia.
Ho la consapevolezza che il Regno spetta a noi, siamo noi a doverlo costruire nell'aldiqua.
Ho rifiutato in blocco la chiesa gerarchica, con le sue dottrine e i suoi dogmi, la sottomissione a un potere patriarcale tutto maschile.
Ho abbandonato l'idea che la Fede comporti sacrificio, dolore, rinuncia, sottomissione e che preveda la mediazione di un sacerdote tra la comune umanità e Dio.
Carla
Alcuni ricordi di un percorso
Credo che mi sia più congeniale tentare di ricordare e narrare il mio "ciò che ho lasciato" attraverso un breve elenco di tappe.
- Nel 1963-1965 le prime esperienze di ascolto (omosessuali, donne e aborto...) e i miei viaggi in Olanda nel breve spazio delle vacanze natalizie per contattare i gruppi informali che discutevano di un nuovo catechismo per adulti, mi lasciarono sconvolto, ma curioso. Ero diviso tra la paura di intaccare il tesoro della mia fede che vivevo appassionatamente e la "curiosità" di conoscere altri percorsi.
- Fu una stagione difficile, sia pure con il vento conciliare che soffiava forte. Con chi parlare di questi miei interrogativi? Mi sentivo in estrema difficoltà e talvolta in desolante solitudine. Nel 1966 rifiutai, con dolore ed esitazione, la celebrazione quotidiana della messa e ne parlai cautamente al gruppo di lettura biblica del movimento studenti. In quell'anno fui privato della messa domenicale in cattedrale dopo alcuni interventi sul Vietanm, sui cappellani militari, laicità...
- Quando scrissi nel 1967-68 un libro di preghiere (Osiamo dire) e un libro di impegno politico (La collera dei poveri), fui espulso dall'insegnamento in seminario e inviato in parrocchia.
- MI accorgevo, sull'onda di tante esperienze comunitarie di cui venivo a conoscenza, di un fiorire di studi, di riviste e di maestri che intanto venivo a conoscenza, che tra Vangelo e prassi ecclesiale esisteva un divario, spesso una contraddizione. Mi sembrava di percepire nella istituzione ecclesiale cattolica una profonda distanza ed altrettanta diffidenza verso i percorsi di rinnovamento. Furono per me anni di un profondo intreccio tra lotte politiche, studi biblici, preghiera assidua.
- Fu esattamente nell'agosto del 1971 che mi ritirai in totale silenzio dal mio impegno parrocchiale chiedendo di poter scegliere un altro cammino. L'affetto per i miei preziosi confratelli mi trattenne, ma in quel periodo scrissi le prime pagine di "Una fede da reinventare" che, quasi 2 anni dopo, confrontai e lessi con alcuni giovanissimi di Torino.
- Gli anni 70 del secolo scorso, con l'incontro approfondito con i grandi maestri dell'ebraismo, degli studi cristologici, con la storia dei dogmi, con le teologie della liberazione, con le teologie femministe, con il pluralismo religioso, caddero per me molte statue del palazzo ecclesiastico e mi si imponeva di esplicitare con chiarezza il mio congedo da una larga parte della dogmatica cristologica, mariologica e sacramentale. Le paure accompagnarono parecchi dei miei giorni e solo l'assiduità alla preghiera e l'avvio di alcuni cammini comunitari mi permisero di continuare nei sentieri, affascinanti ma impervi, delle nuove ricerche. L'esperienza delle comunità cristiane di base fu poi il terreno in cui camminammo insieme (e continuiamo a camminare insieme) per sostenerci in questo sentiero verso una fede adulta e liberatrice.
- Se ho lasciato la teologia della transustanziazione, è perché ho scoperto la bellezza della celebrazione comunitaria a più voci. Se ho lasciato i dogmi cristologici, è perché ho scoperto il Gesù storico. Se ho lasciato il Dio giustiziere, è perché ho scoperto la presenza del mistero amoroso di Dio che anima ed abita l'universo. Se ho lasciato la teologia sacrale del sacerdozio, è perché ho scoperto la fecondità del sacerdozio del popolo di Dio, la preziosità dei ministeri, compreso quello pastorale di uomini e donne.
- Se ho lasciato cadere tutti i dogmi mariani, è perché ho scoperto, anche ascoltando le voci delle donne, che Maria di Nazareth è una testimone di fede totalmente estranea al madonnismo. Se ho lasciato un arsenale immenso di devozioni, l'ho fatto con molte altre donne e molti altri uomini alla ricerca di una fede rigorosamente attenta al messaggio centrale delle Scritture: viverci come creature avvolte nell'abbraccio amoroso di Dio senza la mediazione di mille suppellettili religiose.
- Se ho lasciato tutta la teologia e la prassi delle indulgenze, della confessione e della espiazione, è perché la lettura biblica, la preghiera personale e comunitaria e il rigore degli studi mi hanno fatto gustare una relazione con Dio che non ha nulla di contrattuale. Davanti a questo Dio, gratuito nel Suo amore, adoro la sorgente della vita e il compagno di viaggio: un Dio "bello, liberante, che mi chiama a vivere la mia creaturalità in modo comunitario, cioè felice e responsabile.
- Se ho lasciato tutti i riti del suffragio gestito dall'ordine gerarchico, è perché, sulla strada di Gesù, credo con fiducia vivissima che il Dio fedele è il "porto" accogliente che mi accoglierà nella Sua amorosa e misteriosa realtà.
- Se ho lasciato la struttura ecclesiastica nella sua deviazione patriarcale, non per questo ho lasciato la chiesa come popolo di Dio; anzi ho scoperto l'enorme accrescimento della vita comunitaria nella uguale valorizzazione delle donne e degli uomini.
Alcune note per me importanti
Forse potrei continuare l'elenco e probabilmente qualche fardello inutile me lo porto ancora dietro e dentro.
1. Mi preme però ricordare che, quando ho lasciato qualcosa, quando ho deposto un fardello, non ci ho sputato sopra. Per un tratto della mia vita anche quella pratica e /o quella credenza avevano in qualche modo fatto parte della mia fede. Arrivato il momento di andare oltre, mi sono rallegrato del dono, del passo, della liberazione, ma non ho né deriso né disprezzato quel tempo e quel cammino. Questo atteggiamento alimenta in me un doveroso senso di rispetto della fede che vivono tanti fratelli e tante sorelle tutt'ora in questa tappa che appartiene al mio passato.
2. Guardando la mia piccola storia di fede ho sempre cercato di praticare la sapienza antica: "stai attento a non buttare via il bambino con l'acqua sporca". Ho sempre cercato, con l'aiuto comunitario, di esercitare il necessario discernimento per non fare di ogni erba un fascio, per non confondere la potatura di un albero con la sua eradicazione o il suo rinsecchimento. Purtroppo su questo punto non sono riuscito a farmi capire, nemmeno nella comunità di cui faccio parte. Sono stato incapace di esprimere pienamente, per fare un esempio, che "cancellare il precetto festivo senza attivare e celebrare la memoria della festa cristiana" è in realtà un'operazione suicida della fede .
3. Non ci si libera dai fardelli inutili solo per porre termine ad un peso, ma per camminare con maggiore e felice responsabilità e creatività. Deposti i fardelli inutili, si intravvedono orizzonti e percorsi nuovi. Eliminata la foresta del devozionalismo, il mistero di Dio diventa più affascinante. Ci si sente invasi dalla gioia di comunicare ad altri ed altre la "scoperta", la bellezza feconda di questo cammino. Come la samaritana, ci prende la voglia di correre, di annunciare, di invitare.. Come la donna che ritrova la moneta perduta e chiama le amiche e le vicine per condividere la gioia.. Esiste un modo di ridurre talmente la fede all'essenziale da farne una esperienza senza riti, senza identificazione, senza partecipazione comunitaria...Si tratta, a mio avviso, di un totale travisamento che concepisce la fede come un insieme di idee, senza coinvolgimento personale e senza momenti costruttivi della relazione con Dio e con la comunità.
4. Certo, alcune scelte ci mettono ai margini delle chiese: passiamo da una maggioranza ad una minoranza quasi invisibile. Vivere in esilio, vivere in permanente minoranza esige una maturazione psicologica e spirituale. Non si tratta affatto in questo contesto, di vivere la fede contro l'istituzione, di porre al centro un agire polemico. Si tratta invece di conservare una presenza libera e propositiva e di crescere nella capacità di accoglierci nelle differenti modalità del nostro credere in Dio e di operare con coerenza.
Franco Barbero
Sulla domanda "su ciò che lasciato cadere nel mio cammino di fede" devo fare una premessa. Per molti anni la mia esperienza di fede era ridotta ad un cammino solitario con alcune pratiche religiose tradizionali e saltuarie che non hanno inciso molto nella mia vita.
Quando conobbi l'esperienza della comunità cristiana di base e Franco Barbero fu per me come una ventata di aria nuova, un capitolo della vita tutto da scrivere, da scoprire.
Non avendo vissuto come fardello imposto alcune pratiche dottrinarie, mi sono trovata ad accogliere e anche a scoprire un modo nuovo di vivere la fede e la vita.
Per me è stato fondamentale la lettura della Bibbia con l'esperienza di una fede vissuta con gioia, della festa, della preghiera creativa e della solidarietà.
Fiorentina Charrier