sabato 14 marzo 2020

ACCOGLIERE

PRENDERE CONTATTO CON L’ALTRO
È ACCOGLIERLO IN SÈ


Gli uomini d'oggi, isolatamente o in gruppo, desiderano i «contatti» con i loro simili. «Prendere contatto», «entrare in contatto», con quella data persona, con tale ambiente, tale paese, ecco la loro ambizione. Alcuni lo ritengono una necessità, altri un dovere. Noi crediamo che si tratti dell'una e dell'altro. Necessità, perché l'uomo non può più vivere isolato: altrimenti sarebbe banale dire che il mondo si «restringe» e che gli interessi degli uni e degli altri - anche se lontani nello spazio e nel tempo - sono intimamente legati. Dovere, perché l'uomo non può completare se stesso se non si unisce a tutti gli altri uomini. Dovere, soprattutto, perché costoro, tutti, senza eccezione, riscattati dal Cristo e divenuti in Lui figli dello stesso Padre, sono anche divenuti fratelli gli uni degli altri. A mano a mano che i mezzi moderni di locomozione e di informazione avvicinano gli esseri umani, questi debbono moltiplicare i loro contatti ed approfondirli. Tuttavia, è così semplice prendere contatto con l'altro?
Poiché stringono la mano a molti uomini, poiché danno loro un colpetto sulla spalla, poiché bevono bicchiere con loro, poiché abitano, parlano, discutono con loro, alcuni uomini pensano: «Ho molte relazioni, conosco molta gente». S’ingannano; l'uomo può essere solo in mezzo ad una moltitudine di cosiddette relazioni, se non ha gli occhi bene aperti e il cuore disposto per vedere e accogliere i suoi simili.
Se vuoi allenarti a stabilire dei contatti, devi esercitarti dapprima a guardare. Per guardare, cammina lentamente, datti la pena di fermarti e sii intelligentemente curioso di tutto ciò che può permetterti di conoscere meglio gli uomini: la loro vita professionale, familiare, i loro svaghi, il loro quartiere, i loro gusti, le loro aspirazioni, le loro difficoltà le loro lotte...
Bisogna avere sete di conoscere per comprendere ed amare.
Per stabilire il contatto non basta scorgere l'altro, bisogna accoglierlo. C'è una crisi di alloggi assai più grave che la carenza di abitazioni, è la penuria di uomini interiormente disponibili per i loro fratelli.
Sii una casa sempre aperta, con «ingresso libero».
Senz'alcun «attenti al cane!» che faccia star lontani: il tuo carattere, il tuo orgoglio, il tuo egoismo, la tua gelosia, la tua ironia, la tua garbatezza, la tua poca delicatezza . Affinché l'altro non si ritiri dicendo: «Non ho osato, avevo paura che mi mandasse al diavolo, che si facesse beffa di me, che non mi capisse…».
Senza nessuna attesa che faccia esitare: subito libero non fosse che per una stretta di mano.
‟Se accogli l'altro in te, è perché si riposi.
Sei contento di trovare il deposito alla stazione per non trascinarti i bagagli; sii dunque un buon deposito per gli altri. Che essi possano depositarvi i loro pacchi, troppo pesanti e ingombranti, e che ripartono leggeri per la loro strada.

Non sei in contatto con tutte le persone che ti passano accanto, perché il contatto si trova al di là dell'incontro dei corpi; è il misterioso accordo tra due persone, tra due anime.
Il valore profondo di un uomo si misura, tra l'altro, dalla sua potenza di contatto, ma la potenza di contatto non è essenzialmente un insieme di qualità esteriori: amabilità, giovialità, spigliatezza nella parola e nel gesto. La potenza del contatto è commisurata alla disponibilità interiore, al moto che uno sa fare in se stesso”.
‟Se parli di te, che ciò sia in funzione dell'altro, per illuminarlo, rassicurarlo, arricchirlo e mai per valorizzarti, per eclissare, scoraggiare, schiacciare.
Se l'altro tace in tua presenza, rispetta il suo silenzio, poi, con dolcezza, aiutalo a parlare. Interrogalo sulla sua vita, le sue preoccupazioni, i suoi desideri, le sue noie; perché parlare con l'altro spesso significa interrogarlo.
Fa’ attenzione a che l'altro non vada via senza aver detto tutto quello che voleva dire. Se gli mormora: «L'ho visto preoccupato», vuol dire che tu non eri disposto. Se sospira: «Non ho insistito, aveva l'aria assente», vuol dire che tu eri «altrove». Ritornerà?
Se sei inquieto, se sei molto preoccupato e qualcuno si presenta a te, desideroso di parlarti, prendi dolcemente le tue preoccupazioni, il tuo malumore, il tuo nervosismo, la tua ossessione ed offrili al Signore. Rincomincia quante volte sarà necessario, e ben presto sarai libero per ascoltare, ricevere, comunicare”.

VA INCONTRO ALL’ALTRO

Per entrare in casa tua, ci sono alcuni gradini da salire, tendi dunque la mano.
Per sollevare quel pacco, bisogna fare uno sforzo, tendi dunque la mano.
Per avere il coraggio di scoprire quella piaga, non si deve tremare, tendi dunque la mano.
Tendere la mano è sorridere: sostenere;
è dire: «È il vostro bimbo come sta?
E l’affare dell'altro giorno, com’è stato risolto? e allora… dopo, che cosa è accaduto, povero amico mio?»…e in ciascuna di queste brevi frasi, metti te stesso tutto intero, metti tutto l'amore del Signore che eternamente chiama.

Quando un ascesso è maturo, lo si svuota; soltanto dopo si applica un calmante. 
Se l'altro ha qualche difficoltà, non affrettarti a dargli una soluzione.
Aiutalo con delicatezza a «svuotare l'ascesso». Dopo, basta una semplice parola di amicizia, una stretta di mano… un calmante, perché il male se ne è andato.
Se tu sai ascoltare, molti verranno a parlare di sé.
Sii attento, silenzioso, raccolto; forse ancor prima che tu abbia pronunciato una parola efficace, l'altro prenderà commiato, felice, liberato, illuminato. Poiché inconsciamente ciò che si aspettava non era un consiglio, una ricetta di vita, ma qualcuno a cui potersi appoggiare.

PARLARE CON L’ALTRO È ANZITUTTO ASCOLTARE.
Gli uomini hanno bisogno di parlare. La loro anima piena di preoccupazioni, di affanni o di gioia, è ansiosa di esprimersi. Le parole sono veicoli dell'anima e permettono agli uomini di comunicare gli uni con gli altri. I taciturni spesso soffrono molto di non poter esprimersi. La timidezza, il timore di non essere compresi, l'assenza di persone disposte ad ascoltarli, li paralizzano. In realtà, pochi uomini sono dei compagni pronti ad accogliere e tranquillizzare i loro fratelli, perché pochi uomini si dimenticano totalmente per ascoltare l'altro!
L'uomo ha bisogno di esprimersi, di parlare di sé, di farsi compiangere, di farsi incoraggiare, di farsi portare. Ascolta l'altro, ascoltalo ancora, senza stancarti, con passione. Alcuni si struggono per non aver mai incontrato ti abbia fatto loro l'amoroso dono di raccogliersi completamente per ascoltarli.
Se vuoi essere gradito alle persone che incontri, parla loro di ciò che le interessa e non di ciò che interessa a te.
Parlare con un altro, è anzitutto, ascoltare, e pochi uomini sanno ascoltare, perché pochi uomini sono vuoti di se stessi e il loro «io» fa molto rumore. 
Michel Quoist, Riuscire, Ed. Paoline 1963