LAZZARO
VIENI FUORI - GIOVANNI 11, EZECHIELE 37
Carissimi
e carissime anche questa sera voglio, in questa giornata di intensa
comunicazione verbale e telefonica con tanti amici e tante amiche,
fare con voi una “passeggiata” nei due testi biblici che la
liturgia cattolica propone per domenica prossima.
Si
tratta di un brano che non posso leggere per intero, ma che tutti
conoscete: è preso dal Vangelo di Giovanni, il risveglio di
Lazzaro, al capitolo 11 e poi un testo del capitolo 37 del profeta
Ezechiele.
Vorrei
dire che non posso ripetervi tutto il capitolo perché sovente
l'avete conosciuto come la risurrezione di Lazzaro. Dirò tra breve
che, quando si titola questo racconto così, si prende un abbaglio
formidabile. Partiamo appunto dal testo di Giovanni: che cosa sta
alle radici di questo racconto simbolico? Gesù nei suoi viaggi
aveva coinvolto la famiglia di Marta Maria e Lazzaro a Betania una
famiglia che aderiva al movimento di Gesù che a quel tempo, vivente
Gesù, era composto da itineranti e da residenti.
I
residenti erano coloro che senza cambiare il luogo della loro vita,
il loro lavoro, la loro famiglia tentavano di tradurre il messaggio
di Gesù nel luogo della loro esistenza quotidiana. L'altro gruppo
che noi conosciamo, era il gruppo degli itineranti.
Il
movimento i di Gesù delle origini è composto da questi due ceppi:
meno numeroso quello itinerante, più numeroso quello sedentario.
Ebbene,
che cosa era successo? Marta e Maria e Lazzaro erano entrati sulla
strada di Gesù, avevano aperto il cuore al messaggio di Gesù, erano
diventati discepoli- discepole come tanti altri nel territorio.
Lazzaro però aveva avuto un brusco ripensamento, progressivamente
si era chiuso e Gesù era avvertito da lui come il sovvertitore della
sua vita. Certamente nella famiglia nacquero discussioni. Le
sorelle videro questo Lazzaro che si ritirava, che si rinchiudeva
in se stesso. L’evangelista conosceva molte di queste storie di
famiglie in cui si era creata una profonda divisione tra chi aveva
aderito alla proposta di Gesù e chi aveva rifiutato.
Ecco,
Lazzaro si era come chiuso nella prigione del proprio io, una sorta
di tomba. Quando un uomo si chiudeva alla prospettiva della vita,
nelle tradizioni religiose antiche (tanti sono questi racconti) si
diceva che era morto, si era rinchiuso in una tomba. Che cosa fanno
Marta e Maria che invece sono coinvolte dal messaggio di Gesù?
Chiamano il maestro: “cerchiamo di proporre di nuovo a Lazzaro di
uscire dal suo isolamento”. Gesù capisce che bisogna mettere in
atto di nuovo una chiamata e probabilmente ecco l'esito di questo
racconto simbolico. Lazzaro viene fuori dalla sua prigione e torna a
fiorire nel suo cuore il messaggio di Gesù, sente che attraverso
Gesù Dio lo chiama di nuovo a questo sovvertimento della sua vita.
E' chiaro che questo racconto simbolico di cui troviamo esempi in
tutte le religioni antiche significa che l'uomo e la donna che si
chiudono a Dio si imprigionano.
Questo
racconto simbolico è pervertito quando viene letto come la cronaca
di un fatto, ma alla base di questo racconto, pieno di simboli e così
espressivo, c'è un dato reale: quando noi ci chiudiamo alla
proposta della vita nuova, è come se diventassimo persone che si
imprigionano. Ma questo bel significato è tradito molte volte nelle
Bibbie quando mettono come titolo di questo lungo capitolo la parola
risurrezione.
Il
termine è totalmente scorretto perché per la Bibbia la resurrezione
è l'azione esclusiva di Dio che nel suo amore ci accoglierà oltre
la nostra morte. Nel racconto di Lazzaro si tratta di tutt'altro. Non
siamo di fronte alla cronaca di un fatto, ma di fronte ad una
narrazione di fede: il linguaggio simbolico trasmette un messaggio
efficacissimo, l'incontro con Gesù fa uscire dai nostri nascondigli,
dai ceppi dell’egoismo, dai “sepolcri” in cui ci chiudiamo per
non assumerci le nostre responsabilità.
Lazzaro,
possiamo dirlo, siamo noi. Lazzaro vieni fuori è la chiamata che Dio
fa giungere attraverso Gesù ad ognuno di noi: noi siamo fasciati e
fasciate dalle bende della non vita e spesso schiavi di mille forze
di morte, forse ci crediamo vivi mentre siamo morti.
Lazzaro
è un nome promettente; il suo significato è “Dio aiuta”. Nella
forte chiamata di Gesù, possiamo accogliere l'invito a risvegliarsi.
Spesso senza questo invito, noi continueremmo a dormire come marmotte
d'inverno.
Ma
l’evangelo ci annuncia che Dio aiuta, Lazzaro significa Dio aiuta.
Il messaggio di Gesù s esprime la forza di Dio che rompe gli indugi
e ci rimette nel viaggio della vita e della fede, un viaggio
veramente impegnativo.A volte corremmo trovare un luogo appartato in
cui dimenticare il mondo, le relazioni, gli impegni...Nel brano ci
sono altri particolari: Gesù cerca di coinvolgere tutti a diventare
operatori del risveglio di Lazzaro: “togliete la pietra liberatelo
lasciatelo andare”. Egli incalza la fede debole delle sorelle,
invita a mettersi all'opera con toni persino imperativi, coinvolge
anche gli spettatori perché tutti possono fare qualcosa per la
rinascita di una persona spenta, depressa, schiavizzata. Allora il
brano parla a noi:
siamo
invitati ed invitate ad essere figli, operatori di vita nuova a
partire dalle piccole concrete situazioni dell'esistenza quotidiana.
Non
è un caso che davanti a questo Gesù che semina risveglio, rimessa
in cammino, che apre gli occhi ai ciechi, che mette in piedi chi è
rassegnato, che chiama a diventare soggetti coloro che si erano
rassegnati a vivere da oggetti, scatti la decisione di uccidere. Il
potere politico non potrà tollerare mai che i profeti chiamino alla
libertà e seminino la voglia di libertà e costruiscano sentieri di
libertà.
“Vieni
fuori”, questa frase così densa mi sembra in qualche misura
capace di riassumere tutto il significato della sequela di Gesù. La
vita del discepolo ieri come oggi è un continuo venire fuori, un
camminare verso la terra della libertà e della responsabilità, a
partire dal nostro cuore che è sempre nel rischio di essere
imprigionato da una rete di idoli.
Laconversione
di cui abbiamo bisogno tutti e tutte passa certamente anche da questa
strada.
Sono
proprio io il Lazzaro che deve venire fuori, che deve capire dove
stanno i miei lacci e la mia pietra tombale.
Per
questo noi leggiamo le Scritture, preghiamo, ci lasciamo correggere,
cerchiamo di discernere i segni che Dio ci fa giungere dalla vita di
ogni giorno.
Infatti
non è mai finita la nostra liberazione dalle misere case di
schiavitù, dai mille alibi che ci creiamo per non coinvolgerci. Il
messaggio delle Scritture in qualche modo può diventare la mano
calda, sorridente, forte di Dio che ci sospinge verso la libertà.
Oggi
non potrei concludere questa conversazione affettuosa con voi
dimenticando la lettura del brano del profeta Ezechiele che troviamo
al capitolo 37. E'un brano bellissimo.
Il
popolo è in esilio. Un tempo terribile dal 587A.C la deportazione a
Babilonia fa cadere il Tempio e le speranze di un futuro.Il profeta
Ezechiele lancia un messaggio, un invito a non disperdere le memorie,
a non allontanare dal nostro cuore la speranza della libertà.
Ezechiele partecipa al dolore di questo popolo oppresso depresso,
avverte i sintomi della disperazione, ma invita a guardare a questo
tempo come alla stagione della rigenerazione.
Non
basterà limitarsi a qualche ritocco, ci vorrà un cuore nuovo, un
cuore nuovo che possiamo accogliere come dono responsabilizzante di
Dio. Ezechiele, che detesta i cambiamenti di facciata, fatti poi per
non cambiare nulla nella sostanza, compone questo racconto simbolico
che io vi riassumo: si tratta dei 12 versetti del capitolo 37 di
Ezechiele.
Noi
qualche volta siamo come un mucchio di ossa senza forze, senza futuro
esattamente come il popolo d'Israele in esilio.
Dio
non fa spettacoli come stasera farà il Papa, non fa i teatrini
della misericordia..... Dio ci offre l'aiuto del suo soffio vitale
che è il suo amore per cambiare il nostro cuore. Ezechiele nel
capitolo precedente dice:” io vi darò un cuore nuovo, uno spirito
nuovo”.
Il
profeta è davvero consapevole che non bastano ritocchi ma per essere
capace di diventare donne e uomini responsabili gli uni delle altre e
del creato, ci vuole un cuore nuovo. Soffia tre volte lo spirito di
Dio finché dalle ossa aride nascano degli uomini e delle donne in
piedi.
Noi
siamo in una situazione difficile e pandemica. Ezechiele ci invita a
cercare il soffio della vita di Dio per rinascere, riprendere le
nostre responsabilità e la nostra gioia di vivere.
Signore
Dio della vita, insegnaci a partire sempre dal cuore nel senso
biblico cioè del cambiamento profondo di noi, delle relazioni, delle
priorità, a cercare le novità vere .
Tu
con il Tuo soffio d'amore e il tuo abbraccio accogliente, ci spingi a
cercare e sei il Dio fedele che non fa promesse illusorie.
Vi
auguro una bella feconda conviviale serata e una notte con tanto
tanto riposo Ciao Ciao Ciao
Franco
Barbero
(Trasposizione
scritta della conversazione di sabato 29 marzo a cura di Franca
Gonella e Fiorentina Charrier)