martedì 31 marzo 2020

"LAZZARO VIENI FUORI"


LAZZARO VIENI FUORI - GIOVANNI 11, EZECHIELE 37

Carissimi e carissime anche questa sera voglio, in questa giornata di intensa comunicazione verbale e telefonica con tanti amici e tante amiche, fare con voi una “passeggiata” nei due testi biblici che la liturgia cattolica propone per domenica prossima.
Si tratta di un brano che non posso leggere per intero, ma che tutti conoscete: è preso dal Vangelo di Giovanni, il risveglio di Lazzaro, al capitolo 11 e poi un testo del capitolo 37 del profeta Ezechiele.
Vorrei dire che non posso ripetervi tutto il capitolo perché sovente l'avete conosciuto come la risurrezione di Lazzaro. Dirò tra breve che, quando si titola questo racconto così, si prende un abbaglio formidabile. Partiamo appunto dal testo di Giovanni: che cosa sta alle radici di questo racconto simbolico? Gesù nei suoi viaggi aveva coinvolto la famiglia di Marta Maria e Lazzaro a Betania una famiglia che aderiva al movimento di Gesù che a quel tempo, vivente Gesù, era composto da itineranti e da residenti.
I residenti erano coloro che senza cambiare il luogo della loro vita, il loro lavoro, la loro famiglia tentavano di tradurre il messaggio di Gesù nel luogo della loro esistenza quotidiana. L'altro gruppo che noi conosciamo, era il gruppo degli itineranti.
Il movimento i di Gesù delle origini è composto da questi due ceppi: meno numeroso quello itinerante, più numeroso quello sedentario.
Ebbene, che cosa era successo? Marta e Maria e Lazzaro erano entrati sulla strada di Gesù, avevano aperto il cuore al messaggio di Gesù, erano diventati discepoli- discepole come tanti altri nel territorio. Lazzaro però aveva avuto un brusco ripensamento, progressivamente si era chiuso e Gesù era avvertito da lui come il sovvertitore della sua vita. Certamente nella famiglia nacquero discussioni. Le sorelle videro questo Lazzaro che si ritirava, che si rinchiudeva in se stesso. L’evangelista conosceva molte di queste storie di famiglie in cui si era creata una profonda divisione tra chi aveva aderito alla proposta di Gesù e chi aveva rifiutato.
Ecco, Lazzaro si era come chiuso nella prigione del proprio io, una sorta di tomba. Quando un uomo si chiudeva alla prospettiva della vita, nelle tradizioni religiose antiche (tanti sono questi racconti) si diceva che era morto, si era rinchiuso in una tomba. Che cosa fanno Marta e Maria che invece sono coinvolte dal messaggio di Gesù? Chiamano il maestro: “cerchiamo di proporre di nuovo a Lazzaro di uscire dal suo isolamento”. Gesù capisce che bisogna mettere in atto di nuovo una chiamata e probabilmente ecco l'esito di questo racconto simbolico. Lazzaro viene fuori dalla sua prigione e torna a fiorire nel suo cuore il messaggio di Gesù, sente che attraverso Gesù Dio lo chiama di nuovo a questo sovvertimento della sua vita. E' chiaro che questo racconto simbolico di cui troviamo esempi in tutte le religioni antiche significa che l'uomo e la donna che si chiudono a Dio si imprigionano.
Questo racconto simbolico è pervertito quando viene letto come la cronaca di un fatto, ma alla base di questo racconto, pieno di simboli e così espressivo, c'è un dato reale: quando noi ci chiudiamo alla proposta della vita nuova, è come se diventassimo persone che si imprigionano. Ma questo bel significato è tradito molte volte nelle Bibbie quando mettono come titolo di questo lungo capitolo la parola risurrezione.
Il termine è totalmente scorretto perché per la Bibbia la resurrezione è l'azione esclusiva di Dio che nel suo amore ci accoglierà oltre la nostra morte. Nel racconto di Lazzaro si tratta di tutt'altro. Non siamo di fronte alla cronaca di un fatto, ma di fronte ad una narrazione di fede: il linguaggio simbolico trasmette un messaggio efficacissimo, l'incontro con Gesù fa uscire dai nostri nascondigli, dai ceppi dell’egoismo, dai “sepolcri” in cui ci chiudiamo per non assumerci le nostre responsabilità.
Lazzaro, possiamo dirlo, siamo noi. Lazzaro vieni fuori è la chiamata che Dio fa giungere attraverso Gesù ad ognuno di noi: noi siamo fasciati e fasciate dalle bende della non vita e spesso schiavi di mille forze di morte, forse ci crediamo vivi mentre siamo morti.
Lazzaro è un nome promettente; il suo significato è “Dio aiuta”. Nella forte chiamata di Gesù, possiamo accogliere l'invito a risvegliarsi. Spesso senza questo invito, noi continueremmo a dormire come marmotte d'inverno.
Ma l’evangelo ci annuncia che Dio aiuta, Lazzaro significa Dio aiuta. Il messaggio di Gesù s esprime la forza di Dio che rompe gli indugi e ci rimette nel viaggio della vita e della fede, un viaggio veramente impegnativo.A volte corremmo trovare un luogo appartato in cui dimenticare il mondo, le relazioni, gli impegni...Nel brano ci sono altri particolari: Gesù cerca di coinvolgere tutti a diventare operatori del risveglio di Lazzaro: “togliete la pietra liberatelo lasciatelo andare”. Egli incalza la fede debole delle sorelle, invita a mettersi all'opera con toni persino imperativi, coinvolge anche gli spettatori perché tutti possono fare qualcosa per la rinascita di una persona spenta, depressa, schiavizzata. Allora il brano parla a noi:
siamo invitati ed invitate ad essere figli, operatori di vita nuova a partire dalle piccole concrete situazioni dell'esistenza quotidiana.
Non è un caso che davanti a questo Gesù che semina risveglio, rimessa in cammino, che apre gli occhi ai ciechi, che mette in piedi chi è rassegnato, che chiama a diventare soggetti coloro che si erano rassegnati a vivere da oggetti, scatti la decisione di uccidere. Il potere politico non potrà tollerare mai che i profeti chiamino alla libertà e seminino la voglia di libertà e costruiscano sentieri di libertà.
Vieni fuori”, questa frase così densa mi sembra in qualche misura capace di riassumere tutto il significato della sequela di Gesù. La vita del discepolo ieri come oggi è un continuo venire fuori, un camminare verso la terra della libertà e della responsabilità, a partire dal nostro cuore che è sempre nel rischio di essere imprigionato da una rete di idoli.
Laconversione di cui abbiamo bisogno tutti e tutte passa certamente anche da questa strada.
Sono proprio io il Lazzaro che deve venire fuori, che deve capire dove stanno i miei lacci e la mia pietra tombale.
Per questo noi leggiamo le Scritture, preghiamo, ci lasciamo correggere, cerchiamo di discernere i segni che Dio ci fa giungere dalla vita di ogni giorno.
Infatti non è mai finita la nostra liberazione dalle misere case di schiavitù, dai mille alibi che ci creiamo per non coinvolgerci. Il messaggio delle Scritture in qualche modo può diventare la mano calda, sorridente, forte di Dio che ci sospinge verso la libertà.
Oggi non potrei concludere questa conversazione affettuosa con voi dimenticando la lettura del brano del profeta Ezechiele che troviamo al capitolo 37. E'un brano bellissimo.
Il popolo è in esilio. Un tempo terribile dal 587A.C la deportazione a Babilonia fa cadere il Tempio e le speranze di un futuro.Il profeta Ezechiele lancia un messaggio, un invito a non disperdere le memorie, a non allontanare dal nostro cuore la speranza della libertà. Ezechiele partecipa al dolore di questo popolo oppresso depresso, avverte i sintomi della disperazione, ma invita a guardare a questo tempo come alla stagione della rigenerazione.
Non basterà limitarsi a qualche ritocco, ci vorrà un cuore nuovo, un cuore nuovo che possiamo accogliere come dono responsabilizzante di Dio. Ezechiele, che detesta i cambiamenti di facciata, fatti poi per non cambiare nulla nella sostanza, compone questo racconto simbolico che io vi riassumo: si tratta dei 12 versetti del capitolo 37 di Ezechiele.
Noi qualche volta siamo come un mucchio di ossa senza forze, senza futuro esattamente come il popolo d'Israele in esilio.
Dio non fa spettacoli come stasera farà il Papa, non fa i teatrini della misericordia..... Dio ci offre l'aiuto del suo soffio vitale che è il suo amore per cambiare il nostro cuore. Ezechiele nel capitolo precedente dice:” io vi darò un cuore nuovo, uno spirito nuovo”.
Il profeta è davvero consapevole che non bastano ritocchi ma per essere capace di diventare donne e uomini responsabili gli uni delle altre e del creato, ci vuole un cuore nuovo. Soffia tre volte lo spirito di Dio finché dalle ossa aride nascano degli uomini e delle donne in piedi.
Noi siamo in una situazione difficile e pandemica. Ezechiele ci invita a cercare il soffio della vita di Dio per rinascere, riprendere le nostre responsabilità e la nostra gioia di vivere.
Signore Dio della vita, insegnaci a partire sempre dal cuore nel senso biblico cioè del cambiamento profondo di noi, delle relazioni, delle priorità, a cercare le novità vere .
Tu con il Tuo soffio d'amore e il tuo abbraccio accogliente, ci spingi a cercare e sei il Dio fedele che non fa promesse illusorie.
Vi auguro una bella feconda conviviale serata e una notte con tanto tanto riposo Ciao Ciao Ciao
Franco Barbero
(Trasposizione scritta della conversazione di sabato 29 marzo a cura di Franca Gonella e Fiorentina Charrier)