martedì 24 marzo 2020

LE LACRIME DI RACHELE

Anche questa sera voglio far giungere ai fratelli e alle sorelle della comunità, agli amici e alle amiche, una breve considerazione.
 Leggo dal libro del profeta Geremia: “Una voce si ode da Rama, lamento e pianto amaro, Rachele piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata perché essi non sono più”. 
Questo versetto del capitolo 31 del profeta Geremia, ripreso dal Vangelo di Matteo al capitolo 2 versetto 18 nel racconto, leggendario del massacro degli innocenti da parte di Erode, mi ha condotto al dolore inconsolabile di molte persone che vedono scomparire dalla loro vita da un giorno all'altro parenti, genitori, figli, amici, e amiche, senza la possibilità di un affettuoso congedo come prima elaborazione del lutto, come commiato.
 Sono riandato come spesso alla Bibbia ebraica al raccolto perturbante ed illuminante del ciclo di Giacobbe, che si estende nel libro della Genesi dal capitolo 25 al capitolo 36. Rachele, in questo testo così pieno di trame oscure, di lampi di luce, di rivalità e di gelosie (che solo la Bibbia ebraica sa metterci davanti con una crudezza impareggiabile),  mi è sembrato il ritratto vivente degli uomini e delle donne che in questi giorni vivono sofferenze inconsolabili.
 Rachele, una delle matriarche di Israele, cioè una delle madri del popolo di Israele, viene ricordata da Geremia e da Matteo in contesti così diversi per dirci che ci sono dei dolori inconsolabili.
 Rachele parla davvero al mio cuore. Che vita si incontra leggendo la Bibbia ebraica in queste pagine tra Rachele tra Labano, Giacobbe, Lia, ,Neftali... E poi dopo tanto affanno, tante speranze, tanto viaggio, finire come dice Genesi 35,19 "sepolta lungo la strada".
Quale storia dolente; già la vita di Rachele è stata un'avventura, un romanzo pieno di tribolazioni e poi il lamento doloroso e il pianto amaro:  Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata perché non ci sono più. 
La Bibbia ebraica ha delle vette e degli abissi di umanità impareggiabili. Qui una delle matriarche piange desolatamente e rifiuta di essere consolata.  La fede di questa donna dalla vita difficile è sorretta sempre da una relazione di fiducia e insieme di conflitto con Dio.  E' compagna potremmo dire di Giobbe,  che non accetta le facili consolazioni degli amici. Il dolore è lacerante e neppure la sua radicale fiducia in Dio guarisce la ferita: i figli non ci sono più.
 Che coraggio per questo redattore che sembra quasi denunciare l'impossibilità di Dio a sanare qualunque ferita e la sua incapacità di consolare Rachele. Notate: con grande fede mette queste pagine nel cuore delle infinite  storie di Israele, le grandi narrazioni in cui stanno insieme fede e tragedia, fiducia  disperazione. 
I redattori successivi come nella conclusione del libro di Giobbe, hanno messo una chiusa a lieto fine, ma Rachele è lì con il suo dolore inconsolabile e lo mette davanti a Dio e davanti a noi.
 Sì, nella vita ci sono anche i momenti di Rachele; ci sono tanti e tante Rachele che piangono i figli, i mariti ,i nonni gli amici, che non ci sono più.
 Per questo occorre, nell’amore e nelle umili pratiche di solidarietà, imparare imparare imparare ogni giorno a starci vicino accettando spesso di non avere le parole per consolare. Meglio il silenzio delle consolazioni facilone.
 Ci tocca spesso vivere nella nostra fede anche momenti abissali di tragedia. Ci tocca spesso vivere una silenziosa partecipazione al pianto e agire ogni giorno con coerenza perché ci siano sempre meno delle Rachele che piangono inconsolabili. 
Questa è la lotta di ogni giorno: la Rachele inconsolabile diventi, o Dio della vita, uno stimolo, un impegno quotidiano a lottare perché Rachele un giorno possa ritrovare il cammino della speranza.
Buonasera buonanotte.
Franco Barbero
(Trasposizione del messaggio orale del 23 marzo a cura di Franca Gonella )