Anche
questa sera voglio far giungere ai fratelli e alle sorelle della
comunità, agli amici e alle amiche, una breve considerazione.
Leggo dal
libro del profeta Geremia: “Una voce si ode da Rama, lamento e pianto
amaro, Rachele piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata perché
essi non sono più”.
Questo versetto del capitolo 31 del profeta
Geremia, ripreso dal Vangelo di Matteo al capitolo 2 versetto 18 nel
racconto, leggendario del massacro degli innocenti da parte di Erode, mi ha condotto al dolore inconsolabile di molte persone che vedono
scomparire dalla loro vita da un giorno all'altro parenti, genitori, figli, amici, e amiche, senza la possibilità di un affettuoso congedo
come prima elaborazione del lutto, come commiato.
Sono riandato come spesso alla
Bibbia ebraica al raccolto perturbante ed illuminante del ciclo di
Giacobbe, che si estende nel libro della Genesi dal capitolo 25 al
capitolo 36. Rachele, in questo testo così pieno di trame oscure, di
lampi di luce, di rivalità e di gelosie (che solo la Bibbia ebraica sa
metterci davanti con una crudezza impareggiabile), mi è sembrato il
ritratto vivente degli uomini e delle donne che in questi giorni
vivono sofferenze inconsolabili.
Rachele, una delle matriarche di
Israele, cioè una delle madri del popolo di Israele, viene ricordata
da Geremia e da Matteo in contesti così diversi per dirci che ci
sono dei dolori inconsolabili.
Rachele parla davvero al mio cuore. Che
vita si incontra leggendo la Bibbia ebraica in queste pagine tra Rachele tra Labano, Giacobbe, Lia, ,Neftali... E poi dopo tanto affanno, tante speranze, tanto
viaggio, finire come dice Genesi 35,19 "sepolta lungo la strada".
Quale storia
dolente; già la vita di Rachele è stata un'avventura, un romanzo
pieno di tribolazioni e poi il lamento doloroso e il pianto amaro: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata perché non
ci sono più.
La Bibbia ebraica ha delle vette e degli abissi di
umanità impareggiabili. Qui una delle matriarche piange desolatamente
e rifiuta di essere consolata. La fede di questa donna dalla vita
difficile è sorretta sempre da una relazione di fiducia e insieme di
conflitto con Dio. E' compagna potremmo dire di Giobbe, che non
accetta le facili consolazioni degli amici. Il dolore è lacerante e neppure la sua radicale fiducia in Dio guarisce la ferita: i figli
non ci sono più.
Che coraggio per questo redattore che sembra quasi
denunciare l'impossibilità di Dio a sanare qualunque ferita e la sua
incapacità di consolare Rachele. Notate: con grande fede mette
queste pagine nel cuore delle infinite storie di Israele, le grandi
narrazioni in cui stanno insieme fede e tragedia, fiducia disperazione.
I redattori successivi come nella conclusione del libro
di Giobbe, hanno messo una chiusa a lieto fine, ma Rachele è lì con il
suo dolore inconsolabile e lo mette davanti a Dio e davanti a noi.
Sì, nella vita ci sono anche i momenti di Rachele; ci sono tanti e tante
Rachele che piangono i figli, i mariti ,i nonni gli amici, che non ci
sono più.
Per questo occorre, nell’amore e nelle umili pratiche di
solidarietà, imparare imparare imparare ogni giorno a starci vicino
accettando spesso di non avere le parole per consolare. Meglio il
silenzio delle consolazioni facilone.
Ci tocca spesso vivere nella
nostra fede anche momenti abissali di tragedia. Ci tocca spesso
vivere una silenziosa partecipazione al pianto e agire ogni giorno
con coerenza perché ci siano sempre meno delle Rachele che piangono
inconsolabili.
Questa è la lotta di ogni giorno: la Rachele
inconsolabile diventi, o Dio della vita, uno stimolo, un impegno quotidiano a lottare
perché Rachele un giorno possa ritrovare il cammino della speranza.
Buonasera
buonanotte.
Franco Barbero
(Trasposizione del messaggio orale del 23 marzo a cura di Franca Gonella )