venerdì 27 marzo 2020

LE SOCIETA' SARANNO PER NECESSITA' INDOTTE A COOPERARE.



La fame di solidarietà
Proviamo a estrarre dall'esperienza di queste settimane di grandi sofferenze e sacrifici una traccia di lettura critica e prospettica sulle implicazioni di questa crisi sanitaria globale. 
È certo che siamo di fatto globalmente integrati. Eppure, soggiaciamo a regole che sono, non solo incapaci di gestire questa integrazione di fatto, ma la piegano a interessi che a tutti gli effetti la possono rendere un inferno. Alla globalità non c'è alternativa. Si tratta di governarla per le ragioni che la impongono: la vita della specie umana. Come scrive Mario Del Pero sul Giornale di Brescia, la crisi indotta dal coronavirus rivela ‟non l'eccesso di globalizzazione, ma il deficit di globalità”. Noi soffriamo non per troppa integrazione e collaborazione globale, ma per poca e miope globalizzazione. Soffriamo a causa di una parzialità delle sue regole e dell'assenza di un suo governo giuridico e politico.
Questa crisi ha messo in luce prima di tutto l'anacronismo della trasformazione delle frontiere in trincee. 
La boria nazionalista ha fatto capolino in Europa, dove alcuni leader hanno fatto credere che la loro nazione fosse capace di risolvere il problema a modo suo, come se il problema fosse la proverbiale inefficienza del sistema italiano: e hanno dovuto ricredersi e seguire il modello italiano. 
La soluzione non verrà dal nazionalismo, ma dall'accettazione ragionevole a integrare regole e scelte politiche, a considerare tutti i popoli compartecipi di uno stesso destino, come aveva capito il nostro visionario Mazzini.
Scrive Kant che le società saranno per necessità indotte a cooperare; a comprendere l'umanità al di là degli Stati, che pure resteranno necessari e dovranno essere governati con costituzioni e diritti di libertà. Si definiranno delle sfere di vita che dovranno essere soggette a un diritto condiviso, che risponderà all'interesse dell'umanità e perciò dei singoli stati. 
Sarà necessario, una volta che il sistema di comunicazione ci farà partecipi di quel che avviene all'altro capo del mondo. A quel punto, le resistenze a collaborare e a darsi norme comuni capitolerà. Non per umanitarismo, ma per necessità.
Questo nuovo millennio ci mostra la strada del nostro futuro: l'esigenza di solidarietà transnazionale, di cooperazione tra società e popoli, tra modelli economici e politici.
 È una comunità umana cosmopolita quella che si intravede in un nuce da queste settimane di indefinita paura e forzata reclusione.
Da qui in avanti, due sfere di vita richiedono di essere trattate come sfere di governo globale: il clima e la salute. Due sfere che rivelano la pochezza e, ora anche la pericolosità, di attitudini radicalmente strumentali, che rifiutano la responsabilità di fronte a un fatto che il virus ci fa vedere con chiarezza: o si opera per il rispetto delle condizioni di sopravvivenza che riguardino tutti, o per tutti ci saranno problemi insormontabili.
Il clima e la salute sono beni dell'umanità, dunque globali; di ciascuno di noi e quindi di tutti. Quel che succede nei mercati di una lontana provincia cinese impatta la vita di chi vive in una provincia dall'altra parte del mondo. Il clima e la salute sono le prime sfere di un governo globale. Il secondo dopoguerra ha reso globale la pratica dei trattati per il disarmo e per la cooperazione economica. Ha aperto la strada per una più profonda globalità, per una integrazione di regole affinché la vita ordinaria di ciascuno di noi via nel proprio Paese più sicura. 
Senza di ché, rinunciare alla nostra libertà non porterà a risultati, sarà solo inutile e più insopportabile.
Nadia Urbinati, la Repubblica 22 marzo