sabato 21 marzo 2020

PENSARE CHE MOLTI COLORI FANNO LA BELLEZZA!!

La barriera del colore impedisce ovunque alle minoranze di emergereDurante la notte degli Oscar è avvenuta una piccola rivoluzione di cui pochi si sono accorti in Italia. Un corto animato, Hair Love, ha vinto l'ambita statuetta e il suo regista Matthew A. Cherry, dal palco delle stelle ha detto al mondo intero che l'animazione ha bisogno di più rappresentazione. Matthew A. Cherry è afroamericano e sa benissimo che in ogni ambito per i neri e in generale per le minoranze è difficile entrare. Per questo ha voluto per il suo corto una piccola protagonista afrodiscendente, Zuri, con una massa di capelli come aureola. Il corto è incentrato su un padre nero che impara a prendersi cura dei capelli afro della figlia. Viene fuori così un piccolo gioiello che colpisce per la sua dolcezza, per una paternità nera finalmente non stereotipata (i padri neri sono spesso descritti come mascalzoni, Papa Was a Rolling Stone cantavano non a caso The Temptations) e per quei capelli ricci che esplodono sullo schermo.
Matthew A. Cherry sa che la sua piccola Zuri è una rarità nel mondo dei cartoni animati e l'Oscar è una vittoria non solo sua, ma di un'intera generazione che in America e altrove combatte per avere visibilità e centralità. La barriera del colore impedisce alle minoranze di emergere. Recentemente un fatto si è acceso in Gran Bretagna quando Olivette Otele, docente di Storia della schiavitù, è diventata la prima storica di ruolo. Là, come ha segnalato Vogue UK, ci sono 12mila professori di ruolo, maschi e bianchi, per tutto il Regno Unito. Le docenti di ruolo bianche sono 4mila. Ma è quando contiamo il numero di professoresse di ruolo nere che il dramma risulta evidente: 25 persone, una percentuale irrisoria. Infatti dopo la nomina Olivette Otele ha auspicato un cambiamento: «Spero di non rimanere l'unica». Però almeno nei paesi anglofoni, con aggiunta di Francia e Germania, il dibattito è molto acceso. Sono spuntati come funghi hashtag come #decolonizeacademy o #Blackinacademy e oltre a discutere spesso si ottengono risultati concreti. Basti pensare a Sonia Boyce, che sarà la prima nera a rappresentare la Gran Bretagna alla Biennale di Venezia.
In Italia Invece manca ogni tipo di conoscenza sul tema della rappresentazione. Dall’accademia alla scuola, passando per le redazioni dei giornali fino alla guida di un autobus, le minoranze hanno davanti la barriera del colore. Nel mondo accademico professori, ma anche semplicemente ricercatori, sono assenti. E ai pochi che tentano questa strada la vita è resa impossibile. Idem a scuola, dove davanti a classi multietniche non abbiamo quel corpo docente plurale che ci serve per far fronte alle sfide del futuro. I giornali invece, se si avvalgono di collaboratori provenienti da minoranze, li inchiodano alle proprie origini, al tema ‟immigrazione” o al massimo ‟identità”.
Recentemente però si è aperto uno spiraglio. 
La ministra dell'istruzione, Lucia Azzolina, ha annunciato l'istituzione di una commissione di studiosi con il compito di fare ‟proposte per dare importanza al bene comune”. Tra tanti nomi illustri, come Andrea Giardina, Alberto Melloni, Silvia Calandrelli, è spuntato inaspettato anche quello di Leila el Houssi, docente di storia del Medio Oriente all'università di Firenze. Leila è sia italiana che tunisina, uno sguardo aperto al mondo, plurale fin dalla nascita. Leila, è questo il paradosso, non è ancora docente di ruolo come meriterebbe, ma la sua nomina fa ben sperare tutte le minoranze che in lei vedono una testa d’ariete per colorare l'Italia.

Igiaba Scego è una scrittrice e attivista culturale. È autrice di Oltre Babilonia (Donzelli), Adua (Giunti). Il suo ultimo romanzo La linea del colore (Bompiani) è in corso di traduzione negli Stati Uniti.

Da Repubblica 14 marzo