sabato 28 marzo 2020

SOLITUDINE E COMUNIONE

Chi non sa restare solo tema la comunità
Venendo alla vita concreta delle nostre comunità, sarà bene che facciamo i conti con una pagina molto esplicita ed ammonitrice di Dietrick Bonhoeffer nel suo libro ‟La vita comune", Brescia 1969:
«A te, o Dio, nel raccoglimento sale la lode in Sion» (Sal. 65:2). Molti cercano la comunione per paura della solitudine. Siccome non sanno più rimanere soli, sono spinti in mezzo agli uomini. Anche cristiani che non riescono a risolvere i loro problemi, sperano di trovare aiuto dalla comunione con altri. Di solito, poi, sono delusi e rimproverano alla comunità ciò che è colpa loro. La comunità cristiana non è una casa di cura per lo spirito; chi, per sfuggire se stesso, entra nella comunità, ne abusa per chiacchiere e distrazione, per quanto spirituale possa sembrare il carattere di queste chiacchiere e di questa distrazione. In realtà egli non cerca affatto comunione, ma l'ebbrezza che possa fargli dimenticare per un momento la sua solitudine, e proprio così crea la solitudine mortale dell'uomo. Il risultato di simili tentativi di guarigione sono la disgregazione della Parola e di ogni reale esperienza e, infine, rassegnazione e morte spirituale.
«Chi non sa rimanere solo tema la comunità». Infatti egli arrecherà solo danno a sé e alla comunità. Se ti sei trovato di fronte a Dio quando ti ha chiamato, solo hai dovuto seguire la sua chiamata, solo hai dovuto prendere su di te la tua croce, lottare e pregare solo, e solo morrai e renderai conto a Dio. Non puoi sfuggire a te stesso; infatti è Dio che ti ha scelto. Se non vuoi restare solo, respingi la vocazione rivolta te da Cristo e non partecipare alla comunione degli eletti. «Siamo tutti destinati a morire e nessuno potrà morire per l'altro, ma ognuno dovrà lottare personalmente per sé con la morte… e io non sarò con te e né tu con me» ( Lutero).
Ma vale pure il contrario: «chi non sa vivere nella comunità si guardi dal restare solo». Tu sei stato chiamato alla comunità, la vocazione non è stata rivolta a te solo; nella comunità degli eletti porti la tua croce, lotti e preghi con loro. Non sei solo nemmeno nella morte, e al giudizio universale sarai solamente un membro della grande comunità di Gesù Cristo. Se sdegni la comunione con i fratelli, rifiuti la chiamata di Gesù Cristo e la tua solitudine non può che portarti male. «Se devo morire non sono solo nella morte, se soffro, essi [la comunità] soffrono con me» (Lutero). Riconosciamo che possiamo rimanere soli, soltanto se siamo inseriti nella comunità dei credenti, e solamente chi è solo può vivere nella comunità. Ambedue le cose vanno insieme. Solo nella comunità impariamo a vivere come si deve, e solo essendo soli impariamo a inserirci bene nella comunità. Una cosa non precede l'altra: ambedue incominciano insieme, cioè con la chiamata di Gesù Cristo. Ognuna delle due presa a sé ci mette di fronte a profondi abissi e gravi pericoli. Chi desidera comunione senza solitudine, precipita nella vanità delle parole e dei sentimenti; chi cerca la solitudine senza la comunità perisce nell'abisso della vanità, dell'infatuazione di se stesso, della disperazione.
Chi non sa restare solo tema la comunità. Chi non è inserito nella comunità tema la solitudine”.
Riporto questa lunga citazione dal mio libro giovanile: 
‟Solitudine: benedizione o condanna?”, Claudiana, seconda edizione 1980.
Franco Barbero