Reagire al ricatto sui profughi
la
motovedetta greca che spero un gommone carico di persone al largo di
Kos, i lacrimogeni e i proiettili di gomma usati per disperdere i
profughi alla frontiera con la Turchia sono l'immagine della violenza
che l'Europa è disposta ad accettare pur di rassicurare un'opinione
pubblica sempre più vulnerabile allo spauracchio dell'invasione agitato
dai partiti nazionalisti. La minaccia del presidente turco Erdogan di
aprire le trattative ha avuto come conseguenza la militarizzazione
ulteriore delle zone di confine e l'accettazione da parte dei governi
europei di pesanti violazioni dei diritti umani. Invece avrebbe dovuto
portare a una riflessione profonda sulla efficacia delle politiche di
esternalizzazione delle frontiere, che prevedono di finanziare i governi
extra europei perché fermino le migrazioni. La presidente della
commissione europea Ursula Von der Leyen ha ringraziato la Grecia per
aver fatto da scudo, ha parlato della necessità di tenere la posizione,
ha assicurato che l'agenzia europea per il controllo delle frontiere
(Frontex) manderà altri uomini e mezzi e ha promesso alla Grecia altri
700 milioni di euro di aiuti. Ma non si è pronunciata sulla violenza
della polizia greca al confine o sulla decisione del Primo Ministro di
sospendere il diritto d'asilo. Nè ha chiarito se e come saranno
ricollocati 44.000 profughi che si trovano sulle isole greche in
condizioni disumane. Quando l'Unione Europea ha costruito gli hotspot in
Grecia e in Italia nel 2015 si era impegnata a ricollocare 160.000
persone secondo un sistema di quote. Ma due anni dopo ha rinunciato a
qualsiasi tentativo di adottare politiche a lungo termine per
condividere l'accoglienza tra gli Stati. In base all'articolo 17 del
regolamento di Dublino sarebbe già possibile trasferire richiedenti
asilo che sono in Grecia e in Italia negli altri paesi europei se ci
fosse la volontà. Sarebbe un modo di dimostrare la forza delle
istituzioni europee di fronte ai ricatti di Erdogan. Ma Bruxelles sembra
ostaggio della propaganda dei partiti nazionalisti, delle divisioni tra
i governi degli Stati extra europei a cui era affidato il controllo
delle sue frontiere.
Annalisa Camilli
Internazionale 6/3