martedì 10 marzo 2020

UN RICATTO

Reagire al ricatto sui profughi 

la motovedetta greca che spero un gommone carico di persone al largo di Kos, i lacrimogeni e i proiettili di gomma usati per disperdere i profughi alla frontiera con la Turchia sono l'immagine della violenza che l'Europa è disposta ad accettare pur di rassicurare un'opinione pubblica sempre più vulnerabile allo spauracchio dell'invasione agitato dai partiti nazionalisti. La minaccia del presidente turco Erdogan di aprire le trattative ha avuto come conseguenza la militarizzazione ulteriore delle zone di confine e l'accettazione da parte dei governi europei di pesanti violazioni dei diritti umani. Invece avrebbe dovuto portare a una riflessione profonda sulla efficacia delle politiche di esternalizzazione delle frontiere, che prevedono di finanziare i governi extra europei perché fermino le migrazioni. La presidente della commissione europea Ursula Von der Leyen  ha ringraziato la Grecia per aver fatto da scudo, ha parlato della necessità di tenere la posizione, ha assicurato che l'agenzia europea per il controllo delle frontiere (Frontex)  manderà altri uomini e mezzi e ha promesso alla Grecia altri 700 milioni di euro di aiuti. Ma non si è pronunciata sulla violenza della polizia greca al confine o sulla decisione del Primo Ministro di sospendere il diritto d'asilo. Nè ha chiarito se e come saranno ricollocati 44.000 profughi che si trovano sulle isole greche in condizioni disumane. Quando l'Unione Europea ha costruito gli hotspot in Grecia e in Italia nel 2015 si era impegnata a ricollocare 160.000 persone secondo un sistema di quote. Ma due anni dopo ha rinunciato a qualsiasi tentativo di adottare politiche a lungo termine per condividere l'accoglienza tra gli Stati. In base all'articolo 17 del regolamento di Dublino sarebbe già possibile trasferire richiedenti asilo che sono in Grecia e in Italia negli altri paesi europei se ci fosse la volontà. Sarebbe un modo di dimostrare la forza delle istituzioni europee di fronte ai ricatti di Erdogan. Ma Bruxelles sembra ostaggio della propaganda dei partiti nazionalisti, delle divisioni tra i governi degli Stati extra europei a cui era affidato il controllo delle sue frontiere.

Annalisa Camilli 
Internazionale 6/3