mercoledì 8 aprile 2020

IL CAMMINO E' ANCORA LUNGO

Quando usciremo dal Medioevo ?

I libri inducono quasi sempre a riflettere. A me è successo anche nei giorni scorsi durante la lettura di "Donne in fuga" di Maria Serena Mazzi. 
L'opera illustra la condizione delle donne nel Medioevo nel periodo compreso fra il 12º e il XVI secolo in tempi molto lontani e apparentemente slegati dai giorni nostri. Eppure ciò che mi ha colpito è stata proprio l'uniformità di alcune condotte di vita, di alcune scelte, di alcune decisioni che caratterizzano ieri come oggi la condizione femminile. Per le donne è stato sempre tutto più difficile; difficile essere accettate,  difficile conformarsi a schemi comportamentali richiesti e codificati, difficile condividere le realtà cui vengono indirizzate ed  in cui devono muoversi, uniformando la propria condotta a categorie precostituite dal potere giudiziario, ecclesiastico, socio culturale in genere, detenuto pressoché esclusivamente dall'autorità maschile.
I padri della Chiesa, ritenendo la debolezza della donna causa del peccato e della menzogna, nel Medioevo considerano inevitabile la sottomissione femminile. E' l'uomo a governare, legittimato e sostenuto dalla saggezza divina. La donna è sottomessa, privata della facoltà di decidere autonomamente, indirizzata a manifestare ubbidienza e reverenza nei confronti del "dominus" il suo incontestato signore. Alla donna è negata la facoltà di scegliere il compagno della sua vita: il matrimonio è combinato, concordato già in età infantile e la fanciulla vi giunge giovanissima, spesso ancora pubere, affidata ad un uomo estraneo, quasi sempre notevolmente più grande di lei.
Questa prassi produce, a volte, atteggiamenti di ribellione che si traducono in tentativi di fuga, severamente repressi e puniti. Cristina di Markyate appartenente alla famiglia di un agiato mercante inglese del XII secolo, maturata la decisione di sottrarsi a un matrimonio non scelto, non voluto, imposto dei genitori, preferisce consacrarsi a Dio e la contemporanea belga Juette matura la volontà di sottrarsi al vincolo matrimoniale arrivando a farsi murare vita. 
Ma cosa c'è di diverso in queste storie ricostruiti sulla base di documenti dell'epoca, rispetto a quello che ancora oggi accade in alcuni paesi africani o asiatici, in cui il fenomeno delle spose bambine, delle giovanissime costrette ad unioni concordate dalle famiglie di origine spesso per convenienza economica è ancora una realtà piuttosto diffusa, realtà crudele che non tiene in alcun conto il mondo dei sentimenti e degli affetti, ma riduce la donna ad oggetto di proprietà prima del padre e poi del marito.
Ancora oggi milioni di ragazze crescono affrontando continue sfide; viene loro negata la possibilità di andare a scuola, non hanno diritto di scelta sul proprio corpo, non possono decidere chi sposare e quando, vanno incontro a gravidanze precoci, che mettono a rischio la loro stessa sopravvivenza.
Il dramma delle spose bambine è solo uno dei tanti aspetti dei diritti negati associati a pratiche ancestrali ancora diffuse e di non facile remissione. In Italia l'età minima per il matrimonio è fissata a 16 anni. Non si tratta certo di bambine ma, comunque di giovanissime,. Inoltre connessa a fenomeni migratori o alla presenza di sottogruppi etnici-religiosi con propri codici comportamentali anche in Occidente la pratica dei matrimoni precoci stenta a scomparire. 
E che dire poi del fenomeno della prostituzione? Nel Medioevo, inizialmente libera e non organizzata, la prostituzione fu "legalizzata", racchiusa in postriboli pubblici, esercitati in zone precise della città.
In questi luoghi di reclusione, le meretrici perdevano la loro libertà, non avevano alcuna tutela, erano a tutti gli effetti assoggettate alla volontà degli uomini che le sfruttavano. Segregate, picchiate, costrette a consegnare ai protettori parte o a volte tutto il loro guadagno, le donne erano equiparabili a schiave, sottoposte all' arbitrio del conduttore del bordello. A volte le prostitute venivano dall'estero, ingaggiate con la prospettiva di una vita diversa, migliore di quella sin li condotta, di un guadagno allettante, di una occupazione proficua. 
Quali differenze tra allora ed oggi? Le donne che vendono i loro corpi sulle nostre strade sono forse libere? Ed il loro adescamento, le  costrizioni che subiscono sono forse differenti da quelle delle povere schiave del lontano Medioevo? Che cosa è cambiato? Povere donne. 
Il loro destino, dai lontani secoli del Medioevo sino ad oggi, permane difficile. Povere donne. Ancora non affrancate dal potere maschile, ancora oggetti, ancora corpi da vendere e sfruttare. La violenza che si esercita su di loro ne é ulteriore conferma. Il crescente e preoccupante numero di stupri, lo stalking e il femminicidio ci ricordano che le donne sono ancora percepite come strumenti di possesso, prive di propria volontà, indifese e facilmente violabili.
La violenza è un problema culturale, legato a concezioni che-nonostante tutto-ancora persistono. Il maschio stenta a liberarsi da alcuni stereotipi, tra le pieghe del suo animo continua talvolta ad abitare l'idea che deve mostrarsi forte, che tutto gli è dovuto e che spetta a lui il compito di scegliere, di orientare.
Nonostante tutti i progressi realizzati permane, anche solo a livello inconscio, i la volontà di affermarsi come il "dominus" il signore cui è dovuto obbedienza e sottomissione cui non è possibile  ribellarsi.
Così, se mi guardo intorno, vedo ragazze spensierate. Inseguono i loro sogni; sono di solito forti e determinante ma il mondo che le circonda, nonostante l'emancipazione e gli indubitabili progressi realizzati, permane non costruito esattamente sulle loro misure.
La parità di genere, al di là dei fenomeni estremi ricordati, è ancora in fase di costruzione. Il gap gender permane ed è evidente, tanto per fare un esempio, nel mondo del lavoro dove l'accesso femminile alle condizioni apicali resta molto contenuto e dove esiste ancora un evidente divario nelle retribuzioni che, per quanto riguarda le donne, sono più basse a parità di mansioni svolte e di incarichi ricoperti. 
Quanto tempo dovrà ancora passare prima che si giunga ad una esatta equiparazione? Nonostante tutto, le donne pagano ancora un prezzo troppo alto per affermare se stesse, per esprimere totalmente le loro potenzialità ed il servaggio a regole, strutture, disposizioni, legislative concepite dall'autorità  maschile costringe a ricordare che il Medioevo non è ancora concluso ed è necessario ancora ribellarsi, lottare, pretendere un pieno riconoscimento ed una interiorizzata consapevolezza dell'indubitabile valore femminile. 

Giuliana Rippo 
Rocca 1 marzo 2020