Quando usciremo dal Medioevo ?
I
libri inducono quasi sempre a riflettere. A me è successo anche nei
giorni scorsi durante la lettura di "Donne in fuga" di Maria Serena
Mazzi.
L'opera
illustra la condizione delle donne nel Medioevo nel periodo compreso fra
il 12º e il XVI secolo in tempi molto lontani e apparentemente slegati
dai giorni nostri. Eppure ciò che mi ha colpito è stata proprio
l'uniformità di alcune condotte di vita, di alcune scelte, di alcune
decisioni che caratterizzano ieri come oggi la condizione femminile. Per
le donne è stato sempre tutto più difficile; difficile essere
accettate, difficile conformarsi a schemi comportamentali richiesti e
codificati, difficile condividere le realtà cui vengono indirizzate ed
in cui devono muoversi, uniformando la propria condotta a categorie
precostituite dal potere giudiziario, ecclesiastico, socio culturale in
genere, detenuto pressoché esclusivamente dall'autorità maschile.
I
padri della Chiesa, ritenendo la debolezza della donna causa del
peccato e della menzogna, nel Medioevo considerano inevitabile la
sottomissione femminile. E' l'uomo a governare, legittimato e sostenuto
dalla saggezza divina. La donna è sottomessa, privata della facoltà di
decidere autonomamente, indirizzata a manifestare ubbidienza e reverenza
nei confronti del "dominus" il suo incontestato signore. Alla donna è
negata la facoltà di scegliere il compagno della sua vita: il matrimonio
è combinato, concordato già in età infantile e la fanciulla vi giunge
giovanissima, spesso ancora pubere, affidata ad un uomo estraneo, quasi
sempre notevolmente più grande di lei.
Questa
prassi produce, a volte, atteggiamenti di ribellione che si traducono
in tentativi di fuga, severamente repressi e puniti. Cristina di
Markyate appartenente alla famiglia di un agiato mercante inglese del
XII secolo, maturata la decisione di sottrarsi a un matrimonio non
scelto, non voluto, imposto dei genitori, preferisce consacrarsi a Dio e
la contemporanea belga Juette matura la volontà di sottrarsi al vincolo
matrimoniale arrivando a farsi murare vita.
Ma cosa c'è di diverso in
queste storie ricostruiti sulla base di documenti dell'epoca, rispetto a
quello che ancora oggi accade in alcuni paesi africani o asiatici, in
cui il fenomeno delle spose bambine, delle giovanissime costrette ad
unioni concordate dalle famiglie di origine spesso per convenienza
economica è ancora una realtà piuttosto diffusa, realtà crudele che non
tiene in alcun conto il mondo dei sentimenti e degli affetti, ma riduce
la donna ad oggetto di proprietà prima del padre e poi del marito.
Ancora
oggi milioni di ragazze crescono affrontando continue sfide; viene loro
negata la possibilità di andare a scuola, non hanno diritto di scelta
sul proprio corpo, non possono decidere chi sposare e quando, vanno
incontro a gravidanze precoci, che mettono a rischio la loro stessa
sopravvivenza.
Il
dramma delle spose bambine è solo uno dei tanti aspetti dei diritti
negati associati a pratiche ancestrali ancora diffuse e di non facile
remissione. In Italia l'età minima per il matrimonio è fissata a 16
anni. Non si tratta certo di bambine ma, comunque di giovanissime,.
Inoltre connessa a fenomeni migratori o alla presenza di sottogruppi
etnici-religiosi con propri codici comportamentali anche in Occidente la
pratica dei matrimoni precoci stenta a scomparire.
E
che dire poi del fenomeno della prostituzione? Nel Medioevo,
inizialmente libera e non organizzata, la prostituzione fu
"legalizzata", racchiusa in postriboli pubblici, esercitati in zone
precise della città.
In
questi luoghi di reclusione, le meretrici perdevano la loro libertà,
non avevano alcuna tutela, erano a tutti gli effetti assoggettate alla
volontà degli uomini che le sfruttavano. Segregate, picchiate, costrette
a consegnare ai protettori parte o a volte tutto il loro guadagno, le
donne erano equiparabili a schiave, sottoposte all' arbitrio del
conduttore del bordello. A volte le prostitute venivano dall'estero,
ingaggiate con la prospettiva di una vita diversa, migliore di quella
sin li condotta, di un guadagno allettante, di una occupazione
proficua.
Quali
differenze tra allora ed oggi? Le donne che vendono i loro corpi sulle
nostre strade sono forse libere? Ed il loro adescamento, le costrizioni
che subiscono sono forse differenti da quelle delle povere schiave del
lontano Medioevo? Che cosa è cambiato? Povere donne.
Il
loro destino, dai lontani secoli del Medioevo sino ad oggi, permane
difficile. Povere donne. Ancora non affrancate dal potere maschile,
ancora oggetti, ancora corpi da vendere e sfruttare. La violenza che si
esercita su di loro ne é ulteriore conferma. Il crescente e preoccupante
numero di stupri, lo stalking e il femminicidio ci ricordano che le
donne sono ancora percepite come strumenti di possesso, prive di propria
volontà, indifese e facilmente violabili.
La
violenza è un problema culturale, legato a concezioni che-nonostante
tutto-ancora persistono. Il maschio stenta a liberarsi da alcuni
stereotipi, tra le pieghe del suo animo continua talvolta ad abitare
l'idea che deve mostrarsi forte, che tutto gli è dovuto e che spetta a
lui il compito di scegliere, di orientare.
Nonostante
tutti i progressi realizzati permane, anche solo a livello inconscio, i
la volontà di affermarsi come il "dominus" il signore cui è dovuto
obbedienza e sottomissione cui non è possibile ribellarsi.
Così,
se mi guardo intorno, vedo ragazze spensierate. Inseguono i loro sogni;
sono di solito forti e determinante ma il mondo che le circonda,
nonostante l'emancipazione e gli indubitabili progressi realizzati,
permane non costruito esattamente sulle loro misure.
La
parità di genere, al di là dei fenomeni estremi ricordati, è ancora in
fase di costruzione. Il gap gender permane ed è evidente, tanto per fare
un esempio, nel mondo del lavoro dove l'accesso femminile alle
condizioni apicali resta molto contenuto e dove esiste ancora un
evidente divario nelle retribuzioni che, per quanto riguarda le donne,
sono più basse a parità di mansioni svolte e di incarichi ricoperti.
Quanto
tempo dovrà ancora passare prima che si giunga ad una esatta
equiparazione? Nonostante tutto, le donne pagano ancora un prezzo troppo
alto per affermare se stesse, per esprimere totalmente le loro
potenzialità ed il servaggio a regole, strutture, disposizioni,
legislative concepite dall'autorità maschile costringe a ricordare che
il Medioevo non è ancora concluso ed è necessario ancora ribellarsi,
lottare, pretendere un pieno riconoscimento ed una interiorizzata
consapevolezza dell'indubitabile valore femminile.
Giuliana Rippo
Rocca 1 marzo 2020