domenica 5 aprile 2020

L'INTERPRETAZIONE APERTA E INFINITA


La discussione”

La Torah o la Scrittura vengono raccontate, interpretate, scandagliate, allegorizzate, manipolate, massaggiate, falsificate, psicanalizzate, invertite, tagliate a fette e a cubetti. Non esiste una sola interpretazione corretta. Il giudaismo incomincia sì con un libro ma finisce nelle nuvole. Non è una tradizione letterale o integralista. Il rispetto per i maestri e per il testo si manifesta discutendo con loro. I rabbini lo hanno capito molto tempo fa, quando dicevano che le storie che si trovano nella Torah non posso essere come sembrano, altrimenti ne avremmo scritte noi di migliori.
Questa è un’importante differenza tra l’interpretazione letterale e la metafora. La letterale è chiara, inequivocabile, completa; la metafora invece è suggestiva, ingannevole, insicura di sé, incompiuta e, per così dire, un po’ nebulosa. “E il Signore apparirà in una nuvola”. In una nuvola ogni cosa è pronta per essere afferrata. Dicono i rabbini che ogni parola del testo sacro ha settanta facce e seicentomila significati. La Scrittura, come ha insegnato Freud per i sogni, può essere analizzata all’infinito, e tutte le parti sono essenziali: ogni parola, ogni lettera. In linea di principio, non vi è distinzione fra i dieci comandamenti e il capitolo 36 della Genesi che elenca i discendenti di Esaù.
Gershom Scholem, il più grande storico del misticismo ebraico, osservò una volta che in una tradizione rivelata la creatività deve essere travestita da commento. E’ come dire che se Dio, sul Monte Sinai, ha detto al popolo tutte le cose che questi doveva sapere, allora non resta altro che spiegarle, esporle e interpretarle. Si potrebbe dire che il giudaismo inizia con Dio che dice al popolo ebraico: “Tieni, portati questo libro a casa e leggilo. Poi fammi sapere che cosa ne pensi”.
Lawrence Kushner, Con gli occhi della mente, ECIG, pag. 58.