“La
discussione”
La
Torah o la Scrittura vengono raccontate, interpretate, scandagliate,
allegorizzate, manipolate, massaggiate, falsificate, psicanalizzate,
invertite, tagliate a fette e a cubetti. Non esiste una sola
interpretazione corretta. Il giudaismo incomincia sì con un libro ma
finisce nelle nuvole. Non è una tradizione letterale o integralista.
Il rispetto per i maestri e per il testo si manifesta discutendo con
loro. I rabbini lo hanno capito molto tempo fa, quando dicevano che
le storie che si trovano nella Torah non posso essere come sembrano,
altrimenti ne avremmo scritte noi di migliori.
Questa
è un’importante differenza tra l’interpretazione letterale e la
metafora. La letterale è chiara, inequivocabile, completa; la
metafora invece è suggestiva, ingannevole, insicura di sé,
incompiuta e, per così dire, un po’ nebulosa. “E il Signore
apparirà in una nuvola”. In una nuvola ogni cosa è pronta per
essere afferrata. Dicono i rabbini che ogni parola del testo sacro ha
settanta facce e seicentomila significati. La Scrittura, come ha
insegnato Freud per i sogni, può essere analizzata all’infinito, e
tutte le parti sono essenziali: ogni parola, ogni lettera. In linea
di principio, non vi è distinzione fra i dieci comandamenti e il
capitolo 36 della Genesi che elenca i discendenti di Esaù.
Gershom
Scholem, il più grande storico del misticismo ebraico, osservò una
volta che in una tradizione rivelata la creatività deve essere
travestita da commento. E’ come dire che se Dio, sul Monte Sinai,
ha detto al popolo tutte le cose che questi doveva sapere, allora non
resta altro che spiegarle, esporle e interpretarle. Si potrebbe dire
che il giudaismo inizia con Dio che dice al popolo ebraico: “Tieni,
portati questo libro a casa e leggilo. Poi fammi sapere che cosa ne
pensi”.
Lawrence
Kushner, Con
gli occhi della mente,
ECIG, pag. 58.