In questa Pasqua, la prima con la Comunità di base, mi domando cosa sento dentro e con quali parole mie posso condividere con voi.
Guardo il crocifisso con occhi diversi, nutrendo per la crocifissione, per ogni crocifissione degli ammalati terminali, la stessa sofferenza.
Gesù, con la sua determinazione degli ultimi anni di vita, suggerisce un senso diverso in questi giorni.
Gesù ha vissuto la sua vita nel movimento, nell’azione e nella parola. È stato un corpo che ha camminato, salendo e scendendo dai monti; è arrivato sulle rive del mare, del lago, sulla barca... Ha abbracciato, ha condiviso il cibo, è entrato e uscito dalle case, ha riso, si è commosso, ha consolato, ha toccato mani, corpi, ha accettato attenzioni dispendiose, insomma la sua è stata una logica di movimento del corpo che tocca con la parola nuova, ma che con quel continuo movimento, ha una portata ancora più nuova nuova, deve essere di nuovo trasmessa, pensata, compresa. È un po’ come scoprire una formula matematica che apre a una possibilità che prima non c’era.
Quel muovere, parlando, insegnando testimoniando che per tanti anni mi è sembrata un’abitudine della chiesa a Pasqua, quasi come le poesie imparate a memoria dove le parole scivolano con una trasmissione vuota. Invece, se le parole di Gesù sono sopravvissute con un senso comprensibile è perché sono in movimento, non al chiuso di un solo modo codificato e inamovibile. La parola va, è sulla strada, non sta al chiuso protetta dai suoi ministri anacronistici, la parola cerca l’altrove: l’altrove, nella vita. Dove la vita incontra le persone, con i loro carichi di gioia e di dolore e la cura, il prendersi cura, è la realizzazione, il riconoscersi uguali nella vicinanza.
Se c’è una consolazione è questa parola attiva e in movimento, che deve essere studiata e ripensata come tutte le altre scienze che conosciamo.
In questi giorni il nostro personale movimento è diverso, è più corto, non possiamo farci nulla.
In questi giorni il nostro personale movimento è diverso, è più corto, non possiamo farci nulla.
Quello che cerco di evitare è di mettermi in gabbia da sola. Ho tempo per pensare a molte cose sospese, a qualche nuovo progetto. Rileggo le pagine di Matteo, cercando nel silenzio di questi giorni, a volte interrotto da troppi messaggi, in questa solitudine privilegiata, cerco di non restare delusa dal vuoto e dagli incontri annullati.
Fiduciosa che le parole di stupore arriveranno dall’altrove delle mie abitudini. Penso alle parole del centurione romano che rimette in circolo, e di nuovo in movimento, la possibilità di più profondi pensieri.
Pinerolo 12 aprile 2020 ore 15,15