CHI FINANZIA L'EMERGENZA CLIMATICA?
Luca Iacoboni
Il Manifesto
07.05.2020
Un
nuovo studio, realizzato da Greenpeace Italia e Re:Common rivela gli
impatti negativi sul clima del settore della finanza italiana.
Nel
lavoro, chiamato Finanza fossile, viene infatti mostrato nel dettaglio
il ruolo che le più grandi banche, le compagnie assicurative e i fondi
di investimento italiani hanno nel peggioramento dell’emergenza
climatica.
Nel
2019, la finanza italiana ha causato 90 milioni di tonnellate di CO2,
più delle emissioni dell’intera Austria in un anno. Le due maggiori
banche italiane, Intesa Sanpaolo e UniCredit, sono responsabili di oltre
75 milioni di tonnellate di CO2, e si pongono al vertice di questa non
invidiabile classifica.
La
crisi sanitaria che stiamo vivendo ci insegna a dare ascolto alla
scienza, un concetto che si deve estendere al contrasto alla crisi
climatica in corso.
Proprio
la comunità scientifica dice chiaramente da tempo che dobbiamo smettere
di bruciare gas, petrolio e carbone per limitare le peggiori
conseguenze dei cambiamenti climatici. Anche banche e assicurazioni
dovrebbero dare il proprio necessario apporto alla lotta all’emergenza
climatica, eppure fino a oggi hanno solo contribuito ad aggravare la
situazione, nascondendosi dietro operazioni di puro greenwashing.
Come
emerge dai dati dello studio, Intesa Sanpaolo e UniCredit sono insieme
responsabili dell’equivalente di quattro volte il volume di emissioni di
tutte le centrali a carbone d’Italia. UniCredit è oggi la banca
italiana con il più alto livello di emissioni (37 milioni di tonnellate
di CO2), mentre Intesa è al secondo posto con 35 milioni di tonnellate.
Se la scalata del gruppo torinese ad Ubi Banca dovesse andare a buon
fine, Intesa balzerebbe in testa alla graduatoria.
«Mentre
si nascondono dietro a operazioni di facciata, istituti come Intesa
Sanpaolo e UniCredit continuano a finanziare i più grandi inquinatori
del Pianeta, come Eni, Shell e Gazprom», ha commentato Alessandro Runci,
di Re:Common. «Intesa Sanpaolo è inoltre una delle pochissime banche in
Europa a non avere ancora adottato alcuna policy sui combustibili
fossili».
In
questo momento di crisi economica è fondamentale che gli aiuti pubblici
alle imprese inquinanti siano condizionati a dei piani di
decarbonizzazione in linea con gli accordi di Parigi. Un criterio che
dovrebbe essere adottato da tutto il settore finanziario, banche
incluse. Per questa ragione Greenpeace e Re:Common chiedono a istituti
bancari, compagnie assicurative e fondi di investimento di smettere
immediatamente di finanziare il comparto del carbone e l’espansione di
tutti i combustibili fossili.
*Responsabile campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia