martedì 16 febbraio 2021

LA RESPONSABILITA' DEGLI ADULTI

 Il malessere dei nostri ragazzi

Ma è davvero colpa dei social se stanno aumentando i ragazzi e le ragazze che mettono a repentaglio la propria vita? 

Basta vietare ai più piccoli l'accesso a TikTok salvarli oppure le sfide, le minacce, i ricatti e tutto quello cui stiamo assistendo in queste ultime settimane o solo la punta dell'iceberg di un malessere ben più fondo? Sono perfettamente consapevole del rischio che corro commentando al plurale la tragedia sventata all’ultimo a Varese, dove un ragazzino di 15 anni è stato salvato da una tredicenne di Cuneo cui aveva parlato su WhatsApp di una sfida suicida. 

Spesso, le generalizzazioni sono fuorvianti E evitano il confronto con la durezza dei fatti, con la specificità individuale, con il vissuto drammatico di chi si trova impantanato in qualche cabro challenge online. Ma sono anche convinta che il malessere che stanno attraversando in questo periodo tanti ragazzini e tante ragazzine sia un po' come il nostro. Chi tra noi adulti, se è veramente sincero con se stesso e toglie per una volta la maschera del “va tutto bene”, non sente oggi, dopo mesi di pandemia, il peso di un presente senza fine, non soffre di fronte alla difficoltà di proiettarsi nel futuro, e non ha la sensazione che il terreno gli stia franando sotto piedi? 

Chi di noi sa come riempire quel vuoto che si è spalancato all'interno di noi stessi senza riempirsi di cibo, lavoro, psicofarmaci, alcol, tabacco e via dicendo, tanto ognuno sceglie a cosa attaccarsi, ma cerca comunque qualcosa per restare in piedi e andare avanti? 

Certo, nulla di comparabile rispetto al malessere dei più piccoli. 

Anche semplicemente perché loro non hanno ancora gli strumenti necessari per nominare quello che provano, per chiedere aiuto, per stringere i denti dicendosi che, pian piano, le cose si aggiusteranno. Per loro, quella maledetta distanza fisica necessaria a contenere la pandemia è insopportabile. Punto. E non basta nemmeno tornare a scuola e smetterla con la Dad affinché le cose migliorino. 

Perché è altro ciò che manca davvero ai nostri giovani: mancano gli abbracci e i baci, mancano il calcetto e la pallavolo, mancano le ricreazioni e lo scambio delle merende o delle bibite, persino le sigarette fumate di nascosto, una boccata io, una tu, dai! Veloce! Altrimenti ci beccano!!  

E poi, a loro, manchiamo pure noi. Che facendo fatica ad andare avanti forse li ascoltiamo ancora meno del solito; forse, non facciamo attenzione a quello sguardo che a un tratto precipita a terra o a quelle occhiaie con cui si presentano i nostri figli la mattina a colazione; forse, non siamo più nemmeno capaci di trasmettere loro quell'affetto che, per i più piccoli, calma il senso di vuoto, pur non colmandolo, e li incoraggia a costruire qualcosa di cui poter poi essere fieri. Chi, d'altronde, è davvero capace di dire ai propri figli che “domani” fa paura anche a noi, e che, però, questo “domani” ci sarà? Chi, tra noi, ha la forza di condividere le proprie fratture, che è poi l'unico modo per far capire ai ragazzini e alle ragazzine che non sono soli, che non sono sbagliati, e che quella disperazione che sentono non è la prova del fatto che la loro vita non valga nulla? Possiamo pure vietare loro l'accesso a TikTok, spiare i loro profili su Instagram o Facebook, togliere loro di mano smartphone e tablet, ma non è certo questo che potrà aiutarli a sentire meno male, come talvolta cercano di fare quando si auto-mutilano, accettano sfide online deliranti, oppure tentano il suicidio. 

Loro hanno bisogno della nostra presenza e della nostra intimità. Anche se pure noi facciamo fatica a non sentirci rotti. Ma è proprio condividendo queste nostre fratture che potremo aiutarli ad attraversare le tenebre.

Michela Marzano, La Repubblica 7 febbraio