Se l'amore è politico
Enrico Peyretti
Rocca 15/01
"L'amore e la morte sono le uniche cose che ci riguardano veramente" (Franco Arminio).
L'emergenza
può condurci all'essenziale.
Due sono i poli: l'amore che fa vivere e
la morte che interrompe. L'amore è la forza che resiste alla morte. Quando
il problema è politico, di tutti, si può parlare di amore politico? Una
Polis giusta è una forma politica di amore? E l'amore è il cuore della
buona politica? La pandemia ci ha avvisato: occorre aver cura gli uni
degli altri, per amore di tutti, non solo per salvare se stessi.
Solidarietà, cura, fraternità, carità cristiana, socialismo umanitario,
compassione buddhista, zakad musulmana, amicizia sociale (Fratelli tutti numeri 94,99 106…) dedizione dei sanitari, non sono tutte forme reali di amore?
Possiamo dire che anche la politica deve essere amore, altrimenti è potere ingiusto che usa anche la morte per dominare?
No, dice Paul Ricoeur (Amore e giustizia, Morcelliana 2000) non si tratta di amore.
L'amore
è il movimento generoso verso l'altro che ci chiama, riconosciuto in
volto. E' relazione tra i volti, ognuno unico. Invece la relazione
politica è con l'altro sconosciuto, con il "terzo" che non incontro, ma
so che è degno come me nella società umana.
La legge è la tutela dello sconosciuto. Voglio il suo diritto non perché è mio amico, ma perché è un umano come me.
La
politica è la giustizia verso chiunque (dare a ciascuno il suo):
distribuisce diritti e doveri, beni e impegni, senza privilegi né
esclusioni. E' un'illusione, dice Ricoeur una società giusta soltanto
grazie a relazioni di amicizia. Noi sappiamo che è anche un pericolo: se
il criterio fosse l'amicizia diretta non ci sarebbe società politica, ma
rete di mafie, che infatti abusano del nome amico, nel senso di
affiliato, costretto, protetto in quanto servo. Nella società giusta
invece ognuno è prezioso, e protetto da tutti, non da un potente.
Per Ricoeur la politica è giustizia non si può dire che è amore.
Ma Roberto Mancini ha scritto L'amore politico (Cittadella
2005) riferendosi a pensatori e testimoni come Gandhi, Capitini,
Levinas. Fare società è una promessa reciproca, in cui l'amore più che un
sentimento privato, sia il dinamismo e la tensione creativa dei
processi di umanizzazione.
L'amore
politico sta nel volere che tutti realizzino la loro umanità. Si parlava
di amor di patria ma era piuttosto obbedire e sacrificarsi ai potenti.
Gandhi nel 1906 in Sudafrica scoprì la non violenza come forma
spirituale capace di realizzare l'amore politico nella storia. Questa
forza intima sta nella relazione con un Dio che è verità e amore. Ogni
essere umano è in questa relazione, anche inconsapevole ed è questo il
suo valore e bellezza, da amare. Questo fondamento sollecita non solo a
rispettare, ma ad amare ogni persona, come un mistero prezioso. La
persona umana, la cui libera promozione è il valore centrale delle
costituzioni migliori, indirizza la politica su questa via. Se, nella
politica reale, ci ripugnano la violenza e le rivalità ostili, diventa
necessaria e credibile la via dell'amore nella vita politica. L'altro il
terzo non è soltanto un socio che conviene non offendere, ma è un bene
vivente, mirabile e amabile. Amore, allora, non sarebbe solo un
sentimento privato ma ogni atteggiamento costruttivo per tutti. Anche lo
scienziato lavora bene se lavora per amore: prepara armi o vaccini?
La natura è da amare, non solo da rispettare per salvarla dalla devastazione.
La
disumana volontà di dominio, che è odio delle persone, dimostra il
bisogno di amore politico. In politica la vittoria con ogni mezzo nega la
convivenza. L'amore politico ci libera dal vedere gli altri come
rivali. Questa via è ancora anomala nelle culture politiche e in parte
anche nelle istituzioni religiose, ma è l'antidoto alla pandemia, ovvero
malattia politica, di tutti, virale e mentale.
L'amore ci riguarda quanto la morte. E' la sola forza che ci difende dalla soggezione alla morte.