mercoledì 14 aprile 2021

TROPPO TRASCURATI

 Malati come gli altri

Samuele Revel 

Nel 1969, i più scatenati andavano a Woodstock, i più sfortunati andavano in Vietnam ma quelli che 
sapevano che strada scegliere, li mandavano a Claymoore», dove per Claymoore si intende un famoso manicomio degli Stati Uniti, e le prime righe sono le prime battute del film Ragazze interrotte. 
La stessa situazione si viveva in Italia. Era facile entrare nei manicomi, difficile uscirne, difficilissimo uscirne stando meglio di quando si era entrati. 
Fino all’arrivo di Basaglia (e di altri come lui).
A Franco Basaglia, psichiatra, si deve una delle più importanti rivoluzioni in ambito medico del secolo scorso.
La storia è più o meno nota a tutti e si sviluppa principalmente negli anni ’70: grazie alle idee innovative di Basaglia e a una coscienza civile più attenta, in Italia vengono chiusi i manicomi. E  poco dopo il maggio 1978 con la legge 180 arriva legge 833 (alla fine di quell’anno) che istituisce il  Sistema sanitario nazionale e che recepisce la 180. Il nostro racconto parte da qui, per raccontare  quello che c’è oggi. 
Lo facciamo insieme a Paolo Lombardini, direttore del Servizio psichiatrico di Diagnosi e Cura dell’ospedale Agnelli di Pinerolo, al momento anche responsabile per i servizi territoriali di salute mentale di Pinerolo, Torre Pellice, Villar Perosa e Orbassano (quest’ultimo però orbita sull’ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano). «Il nostro reparto è una sorta di biglietto da visita per le persone che hanno bisogno di questo tipo di cure – dice –. Noi interveniamo nella fase più acuta, spesso gli utenti transitano dal Pronto Soccorso e arrivano da noi; dopo la fase più difficile inizia un percorso assieme agli ambulatori sul territorio per la cura del problema. Perché è importante capire che i nostri pazienti sono assimilabili agli altri di altri reparti e possono tranquillamente condurre una vita “normale”, nelle proprie abitazioni; in più ci sono anche altre strutture come le case protette o i gruppi appartamento».
Questo processo parte da lontano, anche dall’inserimento, con i lavori di ristrutturazione terminati nell’agosto del 2017, del reparto di Psichiatria nella struttura principale dell’Agnelli. «Prima dei lavori il reparto era un corpo a sé stante, in una palazzina staccata dall’ospedale, ed era sentito con un qualcosa di diverso rispetto agli altri reparti presenti nel corpo centrale dell'ospedale Civile. 
Anche gli interni non erano confortevoli con camere a tre letti e soltanto due bagni in comune. Oggi abbiamo solo stanze doppie e alcune singole, tutte con bagno e due grandi spazi comuni"
Ma il reparto rimane ancora chiuso mentre in altri ospedali ci sono esperienze di “reparti aperti”. «Sì, è vero, da noi le porte sono chiuse a chiave per la sicurezza degli utenti. Questo non vuol dire che non si possa entrare e uscire. Anzi. In tempo non-Covid il rapporto con le persone esterne, famigliari, è molto importante, così come le uscite dal reparto, naturalmente valutate di caso in caso con l’équipe sanitaria».Nel corso degli anni i numeri dei ricoverati sono cresciuti anche perché è aumentata la capienza del reparto. «Nel 2016 abbiamo avuto 286 accessi, nel 2019 345, a cui vanno aggiunti altri 200/300 che seguiamo in collaborazione con il Pronto Soccorso per brevi periodi di osservazione e poi affidiamo alle cure del territorio. Nel 2020 invece abbiamo avuto una flessione: 271. Questo perché i nostri pazienti si sono comportati come gli altri, utilizzando il meno possibile il Pronto Soccorso e i servizi sanitari in genere. Con questo però non vo- glio dire che siano diminuiti i problemi. Anzi. Abbiamo notato che negli ultimi anni si sono ridotte le patologie psicotiche croniche e sono aumentati i disturbi della personalità, soprattutto fra i giovani: c’è una grave difficoltà a relazionarsi con il mondo e con gli altri». Chiediamo infine a Lombardini se abbia o meno un sogno nel cassetto. «Non uno ma tre! Dopo circa trent’anni di questo lavoro posso dire che vorrei vedere ulteriormente potenziato il rapporto fra reparto e territorio; in secondo luogo ritengo fondamentale una relazione più stretta con gli altri reparti dell’ospedale Agnelli e infine penso e vorrei incentivare l’apertura verso l’esterno della Psichiatria, verso, a esempio, le attività di volontariato con cui in passato abbiamo avuto delle esperienze positive».

L'Eco delle Valli Valdesi 4/2021